di José Antonio Varela Vidal
ROMA, mercoledì, 23 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Oggi l’incontro tra le culture e tra Vangelo e culture domina sempre più il mondo dei media, per questo i missionari sono chiamati ad “abitare” la rete digitale.
E' quanto ha detto in questa intervista a ZENIT, Luca Pandolfi, prete romano sociologo e antropologo, professore e direttore del Master in Comunicazione Sociale nel contesto Interculturale e Missionario, Pontificia Università Urbaniana di Roma.
Come nasce l’idea di realizzare un Master in Comunicazione Interculturale nell’Università Urbaniana?
L’Università Urbaniana, sin dalla sua fondazione nel 1627, nasce con una vocazione a formare persone e ministri della Chiesa provenienti o inviati come missionari in realtà di frontiera, in luoghi attraversati da molte tradizioni culture e religioni. Oggi l’incontro tra le culture e tra Vangelo e culture non è più solo l’esperienza vissuta da alcuni missionari o missionarie ma si gioca, sempre di più, nel mondo della comunicazione e grazie ai mezzi di comunicazione sociale.
Quale profilo di comunicatore si intende formare?
Il progetto prevede la formazione teorica e l’abilitazione pratica di animatori e gestori di piccoli e medi network comunicativi locali, del mondo della stampa, della radio e della televisione, capaci di far interagire le loro competenze con il mondo della web communication, che attraversa oggi tutti i media. In più cerchiamo di connettere questa competenza con una sensibilità e una capacità di lettura e produzione di materiali interculturali, forse la vera sfida dell’Era contemporanea.
Perché oggi si parla più di interculturalità che di multiculturalità?
Perché, a mio avviso, sono falliti in molti paesi i vari modelli di “multiculturalismo” che mettevano le varie culture una accanto all’altra cercando forme più o meno probabili di tolleranza e riconoscimento reciproco. In realtà le culture, cioè le persone, comunicano, si intrecciano, si contaminano o lottano tra loro soprattutto quando c’è disuguaglianza e ingiustizia. L’interculturalità è un cammino che cerca forme, anche difficili, di incontro, dialogo, reciproco arricchimento, soluzioni condivise a problemi diversi e/o comuni.
L’interculturalità può essere una soluzione per i paesi dove ci sono conflitti o dove c’è intolleranza religiosa?
Più che una soluzione è appunto un cammino, una strada dove, passo dopo passo, con grande competenza e saggezza, dobiamo passare dal semplice riconoscimento dell’altro alla scoperta della ricchezza presente nella sua cultura e nella sua religione. Cultura e religione molte volte coincidono, altre volte si intrecciano profondamente. Tuttavia nella maggior parte delle situazioni il problema non è la religione né la differenza religiosa. I conflitti sono lotte di potere che nascono dalla disuguaglianza e dall’ingiustizia, o vogliono mantenerla.
Il Papa nel suo recente Messaggio per la 45ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ha fatto riferimento alle reti sociali che si sviluppano in Internet. Come è possibile presentare in questo contesto un messaggio inculturato?
Prima di tutto credo che sia necessario pensare la rete digitale non solo come uno strumento o un mezzo di comunicazione da “utilizzare” per i nostri obiettivi. In realtà è uno spazio culturale e sociale che possiede una sua cultura e una sua forma di socializzazione che allo stesso tempo si modifica con il passare del tempo. È uno spazio dove si intrecciano immagini, simboli, forme di scrittura differenti e dove interagiscono persone di diverse età, classe sociale, tradizione culturale e nazionalità. Questa interculturalità strutturale della rete si fonde ad una sua apparente omogeneità tecnologica e a volte linguistica (l’Inglese basico). Ora, come ogni missionario che voglia portare il Vangelo in una lingua e in una cultura differente dalla sua deve vivere e sperimentarsi in questa cultura e in questa lingua, così credo che dobbiamo “abitare” questo spazio digitale e queste reti sociali. Senza tuttavia abbandonare tante altre forme di comunicazione che nelle stesse reti digitali trovano anche diffusione e valorizzazione.
Come valuta le prime due edizioni del Master?
La prima è stata per noi - parlo di un corpo docente multiculturale e con diverse competenze - una sfida e un rodaggio delle intuizioni che hanno generato il Master. La seconda ha visto il Master dotarsi di una nuova aula multimediale e si sono aperte nuove strade nell’esperienza didattica e negli stage. Direi che questo Master si rinnova passo dopo passo, provocato dalle sfide delle novità tecnologiche e socio-comunicative e anche dalle necessità e dalle richieste degli studenti. Le due edizioni del Master sono state infatti, una grande esperienza di comunicazione e di intercultura. In entrambi i casi abbiamo avuto studenti provenienti da almeno quattro Continenti che, con le loro culture e sensibilità differenti, hanno ampliato e arricchito i nostri orizzonti.
Quali sono i requisiti per partecipare? È possibile avere qualche sostegno economico per lo studio? Di che forma?
Occorre essere in possesso di un titolo universitario di Primo Livello (Laurea Breve o Triennale, Baccellierato), avere un’alfabetizzazione informatica di base e conoscere la lingua italiana. Le lezioni sono in Italiano pertanto è molto importante comprendere ed esprimersi in questa lingua, almeno ad un livello iniziale. Il Master dura due semestri, da Settembre a Giugno, è residenziale con la presenza di laboratori pratici e stage: è necessario così avere la disponibilità di un intero anno scolastico. È possibile chiedere Borse di Studio però ce ne sono poche ed è difficile sostenere la presenza a Roma di uno studente per un anno. Più facile è ottenere un aiuto economico per i costi di immatricolazione e iscrizione. Ogni informazione, tuttavia, può essere chiesta scrivendo a communication@urbaniana.edu.