I cristiani dell’Iraq: il futuro desiderato e il ruolo auspicato

di Habeeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr*

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ROMA, venerdì, 4 febbraio 2011 (ZENIT.org).- I cristiani d’Iraq sono testimoni di un’epoca amara, quella saddamista le cui conseguenze sono state guerre, embarghi e catastrofi. In tutto questo periodo i cristiani non avevano voce, la loro volontà è stata paralizzata per anni, avendo il regime proibito loro di avere opinioni, di formare partiti come dare vita a organizzazioni non governative, che avrebbero potuto occuparsi dei loro problemi e assicurare loro la dovuta continuità con i relativi capi religiosi residenti all’estero. E di conseguenza negli anni ’90 del secolo scorso si sono riversate fuori dal paese continue ondate di emigranti in fuga dall’inferno del regime iracheno. Una volta giunti nell’aprile 2003 i cristiani, alla caduta di quell’odiosa “statua”, si aspettavano di poter far ingresso nel giardino fiorito dell’Iraq libero. Un vero paradiso in cui far sbocciare tutte le speranze fino a quel momento soffocate, e dove piantare il loro vero amore per quel paese che tutt’ora è colmo dei sentimenti iracheni più belli.

–  Ma i nemici dell’attuale Iraq sono delle federazioni di infedeli saddamisti che, all’indomani della capitolazione del regime, hanno subito approfittato del vuoto venutosi a creare a causa della decisione americana di sciogliere tutte le strutture dei servizi di sicurezza. È in questo modo che hanno potuto cominciare a distribuire la morte e diffondere la rovina in tutto il Paese. Il tutto per distruggere sin dagli albori il progetto del nuovo Iraq democratico. In tutto ciò è chiaro come i cristiani, insieme ai fratelli musulmani, ingoglino l’amaro di questa nuova guerra, perché il Paese è impegnato in una nuova guerra: quella contro i fondamentalisti e i terroristi. Si tratta forse della guerra più feroce di tutte quelle sostenute dal vecchio regime. Si tratta infatti di una guerra contro fantasmi, ombre, che si aggirano tra il popolo prendendo diverse sembianze che permettono loro di farsi presenti nei tempi e luoghi prestabiliti e indisturbati commettere i loro odiati crimini. 

–  Senza dubbio ciò che è accaduto all’Iraq è già accaduto in diversi Paesi del mondo: embarghi, guerre, paralisi economica, spargimenti di sangue, crollo delle infrastrutture. Questa è la dolorosa conseguenza del processo di democratizzazione, comprese le sfide che comporta il dover affrontare il terrorismo. Sarà la situazione generale, certamente particolare nel vero senso della parola, che di conseguenza influisce negativamente sul popolo coinvolgendone tutte le componenti.

Per questo non è giusto tanto meno equo studiare la situazione dei cristiani iracheni astraendoli dalla situazione globale e senza tener conto dei dati oggettivi. Come non è giusto neanche chiedere al Governo di creare un clima esemplare teso a soddisfare una sola componente a scapito delle altre, come se queste vivessero in un altro pianeta.

– Ci aspettiamo dunque, dai nostri amici della Comunità Internazionale, che siano capaci di comprendere la verità e quindi di capire che oggi l’Iraq si trova in una fase della sua storia che lo vede impegnato nella fase più critica della sua esistenza. Vive infatti un clima di guerra violenta ingaggiata contro le forze di fondamentalisti e terroristi atti ad impiegare tutto quello che è in loro potere dalle risorse umane a quelle economiche, pur di riuscire nei loro intenti omicidi. Ma se questa “diga irachena” dovesse cedere – Dio non voglia – l’esondazione di terrorismo che ne risulterebbe, farebbe affogare l’intero mondo. Se accadesse ciò, ogni singolo e gli europei tutti, potranno dire addio alla tranquillità e stabilità goduta. Gli ultimi attentati a Mosca sono prova di quello che dico. Questa situazione invita tutti a sostenere con forza il Governo iracheno affinché meglio possa affrontare questo pericolo e contenere tale epidemia di terrore per proteggere questa “diga” e anzi, farne una fortezza inespugnabile. Da questo si arguisce che la nostra attuale guerra contro i terroristi non è tesa solo a difendere la sicurezza del popolo iracheno, bensì a salvaguardare la sicurezza e il futuro dell’umanità intera, per questo si trova a combattere al posto della famiglia internazionale.

– I terroristi, dal canto loro, hanno capito che il sangue dei musulmani iracheni che hanno lasciato scorrere come fiumi, non è poi così interessante agli occhi dei mass media occidentali. E, dal momento che intendono imporre un’idea distorta e del tutto errata della diversità entro la società irachena, oscurando conseguentemente l’esperienza democratica, colpendo i cristiani, sono giunti al loro traguardo malizioso. Senza volerlo, i mass media e le organizzazioni occidentali sono cadute in questo meccanismo reggendo il gioco ai terroristi, interessandosi ai cristiani, al loro futuro e al mancato sviluppo della società. La conseguenza è stata l’abbandono delle loro case da parte dei cristiani e la loro emigrazione.

– L’operato dei singoli non dice necessariamente che esista un complotto iracheno ordinato alla persecuzione dei cristiani e alla cancellazione della loro esistenza operata infangando il loro patrimonio culturale come qualcuno pensa. L’operato di costoro infatti non riflette la secolare intima convivenza tra cristiani e musulmani, come non esprime neanche l’essenza tollerante della fede islamica che chiama al dialogo, al rispetto del pluralismo e rifiuta la violenza, bensì lo considera fuori dalla strada dell’Islam come è scritto: «Chi uccide un’anima senza motivo è come se uccidesse l’umanità intera». E poi: «Ha creduto il profeta in ciò che è sceso su di lui dal Signore e i credenti hanno creduto in Dio, nei suoi angeli, libri e profeti senza distinzione tra uno dei suoi inviati». In riferimento a ciò è chiaro come l’islam di un musulmano venga a mancare se non crede nei fondamenti della sua fede e nel messaggio di Cristo (su di lui la pace) e quindi nella Bibbia. D’altra parte il Governo, nel suo interesse per la preservazione dell’eredità cristiana irachena, a livello ministeriale ha dato vita ad una sovraintendenza cristiana. Essa è finanziata dal bilancio dello Stato con circa 15 milioni di dollari annui. Inoltre lo stesso Governo ha esentato le chiese e i monasteri dalle tasse per quanto riguarda l’acqua e l’elettricità, non mancando di restituire alle chiese tutte le istituzioni che il passato Governo aveva espropriato come scuole e università.

– In verità la componente cristiana è oggetto di rispetto e stima da parte di tutti i capi politici e religiosi iracheni. Sono tutti consapevoli del fatto che si tratta di una componente fondamentale e membro attivo nel processo di democratizzazione del Paese. La posizione ufficiale e popolare dell’intero Paese è del tutto e ancor più solidale con i fratelli cristiani in special modo dopo il recente e tremendo attentato che ha colpito la chiesa di Nostra Signora della Salvezza. Tale evento, con le manifestazioni di solidarietà che ha scatenato, è testimone della vera essenza dei forti legami che caratterizzano il tessuto sociale nazionale che non ha mai perso l’equilibro di fronte a siffatti crimini anzi, al contrario l’ha rafforzato.

–  La legge elettorale ha avvantaggiato i cristiani riservando loro 5 seggi parlamentari oltre a quelli che possono essere vinti con le elezioni. I cristiani dell’Iraq oggi hanno partiti, circoli, organizzazioni non governative dedite alla presenza dei cristiani, godono inoltre della piena libertà di culto che gli viene assicurata anche da una protezione rigorosa di cui invece non godono tante moschee. Hanno televisioni, radio e giornali, sia in lingua siriaca che aramaica. A livello politico i cristiani hanno ministri nel nuovo Governo, decine di vice-ministro, diversi ambasciatori e direttori generali.

– Per porre fine alla migrazione il Governo ha disposto diverse facilitazioni per l’acquisto di terreni, per l’accensione di mutui, per il dissequestro delle ca
se occupate e per il reinserimento degli impiegati nei rispettivi posti di lavoro precedentemente persi nella fuga dalle città o dal Paese stesso. Si è inoltre impegnato a risarcire tutti i danni subiti e ad esentare i cristiani dalle tasse doganali.

– Di recente la Presidenza della Repubblica ha emanato un decreto riguardante la fondazione di un ufficio che si interessi alla questione dei cristiani iracheni e ne coordini le misure di sicurezza, come pure le attività economiche e sociali loro affidate. Lo stesso Primo Ministro Al Maliki ha prontamente formato un Consiglio di sicurezza supremo per sviluppare le dovute misure di sicurezza atte a prevenire nuovi attentati. Ha inoltre intimato la pronta ricostruzione della chiesa di Nostra Signora della salvezza a spese dello Stato, dopo aver lui stesso reso visita alle sue macerie e incontrato i Vescovi. Ha preso parte alla preghiera per l’amore e la pace fatta a seguito dell’attentato visitandone i feriti negli ospedali e distribuendo loro dei regali da parte dello Stato, mostrandogli così la sua vicinanza. Non solo questo, il Governo Al Maliki, riserva altri vantaggi per i cristiani, aspettano solo di essere decretati legge dal Parlamento. Questo ci fa essere tranquilli quanto al futuro dei cristiani in Iraq che sarà promettente e prosperoso alla luce dei notevoli miglioramenti che si avranno nel Paese a livello di sicurezza ed economia che sin da ora va sempre migliorando. Il nuovo presidente della camera Al Nujaifi ha organizzato delle sedute speciali per studiare la ‘questione cristiana’, ha pure visitato Sua Beatitudine Eminentissima il Cardinal Delly annunciandogli il suo appoggio ai fratelli cristiani e quello dell’intero Parlamento, essendo tutti nella medesima ‘trincea’. E non posiamo dimenticare neanche le posizioni del Presidente della Regione del Kurdistan Masud Barzani che ha fatto dell’intera regione un rifugio sicuro per tutti i cristiani in Iraq che si sentono minacciati assicurando loro tutti i servizi: dagli alloggi all’insegnamento alla sanità. Il Nunzio Apostolico in Baghdad, Sua Eccellenza Monsignor Giorgio Lingua, ha portato i saluti del Santo Padre al Presidente Masud Barzani per i lodevoli sforzi compiuti in questo ambito e discutendo con lui la possibilità di richiedere un appoggio internazionale, in concomitanza con il Governo iracheno, per aiutare la Regione del Kurdistan a sopportare il peso della situazione corrente. Dal canto suo Talabani ha proposto di formare delle brigate di protezione speciale, alle quali i giovani cristiani potranno iscriversi per collaborare alla protezione dei luoghi di culto e dei quartieri abitati dai cristiani. L’idea ha raccolto il consenso dei Vescovi iracheni.

– La nuova Costituzione irachena ha garantito ai cristiani iracheni la piena eguaglianza nei diritti e nei doveri, anzi, ha concesso loro di fondare una regione particolare a loro preposta, qualora lo volessero. Il nostro Governo, per il bene del Paese è anche interessato alla riattivazione del turismo religioso cristiano e sarà ben lieto di aprire le braccia ai pellegrinaggi cristiani che verranno dall’estero per visitare Ur, nel sud Iraq, dove nasceva il padre dei profeti (Abramo) su di lui la pace. È inoltre bramoso di sviluppare rapporti d’amorevole collaborazione e d’intesa con la Santa Sede in tutti i settori

–  Per mandare avanti la generale rinascita della realtà cristiana irachena, ci si aspetta che i cristiani iracheni facciano passi avanti nell’abbandono delle loro paure e della loro attuale chiusura. Si auspica anche che perseverando con pazienza nella condivisione dei sacrifici con i concittadini, rifiutino anche l’emigrazione, facendo così fallire il piano nemico teso a svuotare il Paese dai cristiani. Hanno inoltre il compito di custodire lo zelo apostolico e far fronte comune per superare le discordie interne e salvaguardare l’unità nazionale, rifiutando ogni protezione esterna. Contribuendo a rafforzare le attività caritative, soprattutto nel settore sanitario e dell’istruzione, affinché ogni cristiano iracheno sia testimone della resurrezione di Cristo, su di lui la pace, in questa terra buona e fertile. Bisogna attivare anche ogni forma di dialogo islamo-cristiano, diffondere la cultura del rispetto dell’altro per arrivare all’unità necessaria per affrontare le sfide del globalizzazione

– E infine, credetemi amici, il mio popolo non può respirare la sua irachenità se non che con due polmoni, quello islamico e quello cristiano. Un Iraq senza cristiani è un Iraq privo di identità e simboli. Sì … i cristiani iracheni rimarranno, saranno per l’eternità fontane fertili, progetti di salvezza, fiamme di idee, vie per il rinascimento e mani che piantano il bene e distribuiscono l’amore creando la speranza. Avremo così stagioni intere in cui innalzare inni pieni di suppliche per l’Iraq affinché l’Iraq torni ad essere una tenda grande che accoglie tutti.

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*Habeeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr è ambasciatore dell’Iraq presso la Santa Sede.

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ZENIT Staff

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