Il segreto del professor Ratzinger


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di padre Piero Gheddo*

ROMA, lunedì, 19 luglio 2010 (ZENIT.org).- Come libro per l’estate ho scelto “Ratzinger professore” di Gianni Valente (San Paolo 2008, pagg. 208). Un testo veramente interessante per conoscere Joseph Ratzinger nei suoi anni giovanili e quindi per comprenderlo meglio oggi come Papa Benedetto XVI. Il sottotitolo dice: “Gli anni dello studio e dell’insegnamento nel ricordo degli allievi e dei colleghi (1946-1977)”.

In una paginetta di Blog è impossibile sintetizzare la ricchezza di questa ricostruzione della giovinezza e maturità dell’uomo che il Signore Gesù ha scelto come suo Vicario in terra per il nostro tempo. Noto solo due punti dai quali risulta la continuità di Joseph Ratzinger, da giovane studente e sacerdote a Pontefice della Chiesa universale.

Primo. La “lectio magistralis” tenuta il 24 giugno 1959 all’inizio della sua carriera di docente all’Università di Bonn porta il titolo:  “Il Dio della fede e il Dio dei filosofi”[1]. La “questione urgente” con la quale il giovane professore (32 anni) si misura è il divorzio moderno tra fede e ragione, tra una religione confinata al campo personale e privato, intimistico e sentimentale, e una ricerca razionale che da Kant in poi si nega ogni possibilità di conoscere e di accedere a Dio.

Citando San Tommaso, Ratzinger afferma che è possibile superare ogni deleteria contrapposizione tra linguaggio della fede e linguaggio della ragione. Il Dio che si manifesta gradualmente nell’Antico e nel Nuovo Testamento coincide almeno in parte col “Dio dei filosofi”, cioè con la ricerca che gli uomini fanno di Dio. Il problema è di linguaggio. I Padri della Chiesa hanno operato una mirabile sintesi tra la fede biblica e lo spirito ellenico. Allo stesso modo, scrive il giovane Ratzinger, “se (oggi) è essenziale, per il messaggio cristiano, essere non una dottrina segreta esoterica per una limitata cerchia di iniziati, ma il messaggio di Dio rivolto a tutti, allora è essenziale, per esso, anche il tradurlo verso l’esterno nel linguaggio comune della ragione umana”.

Il giovane sacerdote (dal 1951) e professore tedesco non si faceva però illusioni. In un articolo pubblicato nel 1958, il trentunenne Ratzinger scrive che considerare l’Europa un continente “quasi del tutto cristiano” è un “inganno statistico”[2]: “Questa Europa – continua –  cristiana di nome, è ormai da quattrocento anni culla di un nuovo paganesimo, che cresce senza sosta nel cuore stesso della Chiesa e minaccia di demolirla dall’interno”. La Chiesa cattolica del dopoguerra gli appare diventata “sempre più, in un modo del tutto nuovo, Chiesa dei pagani. Non più, come un tempo, Chiesa di pagani divenuti cristiani, ma Chiesa di pagani che si chiamano ancora cristiani e in verità sono diventati pagani”.

Il secondo punto è la profondità di pensiero unita alla chiarezza del professor Ratzinger nell’insegnare teologia, che gli attira molto seguito fra gli studenti. Tante e concordi le testimonianze di contemporanei. In tempi nei quali i “baroni delle cattedre” parlavano spesso difficile e non si preoccupavano di essere compresi dagli studenti, Ratzinger introduce un modo nuovo di fare lezione: “Leggeva le lezioni in cucina a sua sorella Maria, persona intelligente ma che non aveva mai studiato teologia. Se la sorella manifestava il suo gradimento, questo era per lui il segno che la lezione andava bene”. Così il biografo (pagg. 64-65).

E uno studente di quei tempi aggiunge: “La sala era sempre stracolma, gli studenti lo adoravano. Aveva un linguaggio bello e semplice. Il linguaggio di un credente”. Il professor Ratzinger non faceva sfoggio di erudizione accademica né usava un tono oratorio abituale a quei tempi. Esponeva le lezioni in modo piano, con un linguaggio di limpida semplicità anche nelle questioni più complesse.

Molti anni dopo, lo stesso Ratzinger spiega il segreto del successo delle sue lezioni[3]: “Non ho mai cercato di creare un mio sistema, una mia particolare teologia. Se proprio si vuol parlare di specificità, si tratta semplicemente del fatto che mi propongo di pensare insieme con la Chiesa e ciò significa soprattutto con i grandi pensatori della fede”. Gli studenti percepivano, attraverso le sue lezioni, non solo di ricevere nozioni di scienza accademica, ma di entrare in contatto con qualcosa di grande, con il cuore della fede cristiana. Questo il segreto del giovane professore di teologia, che attirava gli studenti.

[1] J. Ratzinger, “Der Gott des Glaubens und der Gott der Philosophen”, “Il Dio della fede e il Dio dei filosofi”, Marcianum Press, Venezia 2007.

[2] J. Ratzinger, “Die neuen Heiden und die Kirche” (I nuovi pagani e la Chiesa) sulla rivista “Hochland”.

[3] J. Ratzinger, “Il sale della terra – Cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del millennio – Un colloquio con Peter Seewald”, San Paolo 1997, pag. 74.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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