Mons. Crociata: “Educare significa abilitare alla capacità di giudicare”

Intervenendo al Convegno della CEI su “La pastorale della scuola e l’istanza educativa”

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ROMA, venerdì, 19 febbraio 2010 (ZENIT.org).- “Educare significa abilitare alla capacità di giudicare e di scegliere”. E’ quanto ha detto giovedì in occasione della messa di apertura del Convegno nazionale di pastorale della scuola, tuttora in corso di svolgimento a Roma, il Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Vescovo Mariano Crociata.

L’incontro promosso dall’Ufficio nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università della CEI ha per tema “La pastorale della scuola di fronte all’istanza educativa” e si concluderà il 20 febbraio.

“Educare – ha continuato mons. Crociata nella sua omelia, secondo quanto riferito dall’agenzia Sir – significa, o comunque comporta, accompagnare e condurre a elaborare la capacità di distinguere, e quindi di giudicare e di scegliere”.

“In questo – ha sottolineato ancora – sta una grande lezione, purtroppo spesso drammaticamente dimenticata, se non rimossa o respinta, poiché non raramente si ritiene che la persona si forma seguendo un moto di autonoma e incontrollata spontaneità priva di giudizi e di punti di riferimento”.

Tuttavia, ha precisato, “non c’è crescita e maturazione umana, e neanche realizzazione sociale e professionale, senza il prezzo della fedeltà, della fatica e del lavoro assiduo e oneroso, senza la capacità di sacrificarsi e di rinunciare a qualcosa di sé o, semplicemente, a se stessi”.

Nell’aprire i lavori nella mattinata di giovedì il Segretario della Commissione episcopale per l’Educazione cattolica, la Scuola e l’Università, mons. Michele Pennisi, aveva detto invece che “bisogna rivendicare la libertà di educazione non come una battaglia per difendere privilegi confessionali, ma come una battaglia civile che garantisca un vero pluralismo e un’autentica laicità, valorizzando le scuole paritarie cattoliche o di ispirazione cristiana come luogo educativo per la società civile, essenziale per il bene comune”.

Il Vescovo di Piazza Armerina aveva poi osservato “che non è accettabile la tesi che considera come un mondo separato ed estraneo alla missione propria della comunità cristiana la scuola pubblica, sia essa paritaria che statale, fondata sull’autonomia e quindi aperta al territorio”.

Il presule aveva quindi sollecitato un maggior sostegno da parte delle autorità statali e degli enti locali, perché “l’apporto degli insegnanti di religione, il servizio delle scuole paritarie e dei centri di formazione professionale d’ispirazione cristiana rappresentano punti di forza del sistema educativo integrato d’istruzione e di formazione”.

Dal canto suo don Cesare Bissoli, docente emerito di Catechesi biblica presso la Pontificia Università Salesiana, intervenendo questo venerdì ha ricordato che “Gesù non ha mai fatto il guru solitario, ma è stato veramente uomo della gente, anzi delle singole figure, e sovente povere, marginali ed emarginate” e che “ha sempre curato il singolo, pur incontrando la massa”.

Il biblista, intervenuto sulla figura dell’educatore nei Vangeli, ha poi fatto notare che quello di Gesù era uno “stile” educativo “certamente suggestivo e attraente, fatto di dedizione amorosa, totale e fedele, oggi qualificato con la categoria dell’ospitalità, di una santità ospitale”.

Secondo don Cesare Bissoli, “nell’arte educativa di Gesù lo scopo è il fattore decisivo, è la sua eredità maggiore, perché il fine per lui non era una teoria del bene, alla maniera kantiana, ma il volto del Padre da svelare agli uomini”.

Successivamente è intervenuto anche don Riccardo Tonelli, docente emerito di Pastorale giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana, il quale ha sottolineato che “la pastorale, orientata verso l’integrazione tra la fede e la vita, ha bisogno del supporto culturale di una educazione, orientata a far maturare in umanità”.

“Nello stesso tempo – ha detto –, la pastorale dialoga con l’educativo, offrendo quella ispirazione radicale che sostiene, incoraggia e valuta la ricerca autonoma e competente”.

“Noi accogliamo abitualmente le ragioni di senso e di speranza, le prospettive di futuro e gli inviti alla responsabilità nel presente – ha spiegato don Tonelli – attraverso quella relazione che assicura un dialogo tra i giovani con le generazioni che li hanno preceduti”.

Siamo “in emergenza”, invece, “quando si rompe questa relazione e non sappiamo più dove andare a ritrovare le ragioni per vivere e per sperare”.

“Per vivere abbiamo però bisogno almeno di sopravvivere”, ha poi fatto notare il sacerdote: “E così spesso queste ragioni le accogliamo dal primo venuto, da colui che grida più forte o che possiede attributi speciali per sedurre e incantare. L’esito è quello che vediamo e che tanto preoccupa”.

Di qui, ha concluso, la necessità di “ricostruire una figura di educazione, che sappia immaginare contenuti al servizio della vita e della speranza, all’interno di una rinnovata e ricostruita relazione intergenerazionale”.

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ZENIT Staff

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