ROMA, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Quando la scienza non viene guidata da un'etica fondata sulla legge naturale, inscritta nell’uomo da Dio, la vita umana e la dignità della persona rischiano di essere oggetto di manipolazioni o arbitrii.

E' quanto ha detto questo sabato Benedetto XVI parlando ai partecipanti alla XVI plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, svoltasi dall'11 al 13 febbraio in Vaticano sul tema “Bioetica e legge naturale”.

Nel suo discorso il Papa ha messo in guardia da una parte sull'uso strumentale della scienza, mossa talvolta dalla convinzione “di avere tra le mani solo della materia inanimata e manipolabile” con laconseguenza di “cadere facilmente nell’arbitrio, nella discriminazione e nell’interesse economico del più forte”; e dall'altra sulla pretesa dello Stato di “essere esso stesso fonte e principio dell'etica” e giungere così a “una deriva relativistica a livello legislativo”.

Oggi, ha sottolineato il Pontefice, la partita dello “sviluppo umano integrale” si gioca proprio nel campo della bioetica, in cui “emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio”.

“Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico – ha continuato – sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza”.

Per questo la bioetica necessita di un solido “richiamo normativo”, che deve rifarsi alla legge morale naturale, la quale “forte del proprio carattere universale - ha assicurato il Pontefice - permette di scongiurare tale pericolo e soprattutto offre al legislatore la garanzia per un autentico rispetto sia della persona, sia dell'intero ordine creaturale”.

Essa, inoltre, “si pone come fonte catalizzatrice di consenso tra persone di culture e religioni diverse e permette di andare oltre le differenze”.

Questo perché – ha spiegato il Papa – la legge naturale “afferma l'esistenza di un ordine impresso nella natura dal Creatore e riconosciuto come istanza di vero giudizio etico razionale per perseguire il bene ed evitare il male”.

Di qui deriva il riconoscimento della dignità umana, senza il quale “sarebbe arduo trovare una fonte per i diritti della persona e impossibile giungere a un giudizio etico nei confronti delle conquiste della scienza che intervengono direttamente nella vita umana”.

Nel suo indirizzo di saluto l'Arcivescovo Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha sottolineato la necessità di sensibilizzare la gente comune sulle problematiche bioetiche e contribuire così “con un'azione adeguata al rispetto della vita personale in tutte le sue manifestazioni, dal suo concepimento fino alla sua conclusione naturale”.

In occasione invece dell’apertura dell’assemblea plenaria del Dicastero pontificio, il presule aveva osservato che al giorno d'oggi si è giunti a “una situazione realmente paradossale: più aumenta la capacità di conquista scientifica e maggiormente si accresce il divario con la questione fondamentale della vita che ruota intorno al bene e al male come premessa indispensabile per dare senso all'esistenza personale”.

“Il confine tra la vita umana e la natura – aveva osservato – si è progressivamente ma inarrestabilmente allargato, così che perso il contatto con la natura anche la vita personale sembra acquisire i tratti di piena autonomia dalla natura e in modo quasi sprezzante si rivendica per sé una libertà che faticosamente ha acquistato con il predominio sulla natura stessa”.

A questo proposito, l'Arcivescovo Fisichella aveva ribadito tuttavia che “la vita personale non può essere ridotta a pura materia né relegata in un limbo, priva di passione per la verità; essa dovrà sempre essere capace di approdare alla risposta definitiva che ruota intorno alla domanda di senso per la propria esistenza”.