I cristiani, che formano una piccola minoranza nella provincia di Aceh, vivono liberamente e in pace.
“La Chiesa cattolica ha instaurato un ottimo rapporto con il governo e le autorità civili, in un clima di dialogo e di sereno confronto. Anche le relazioni con i leader musulmani locali sono più che buone”.
L’Arcivescovo vuole tranquillizzare anche sul tema della sharia: “la legge islamica, in vigore nella provincia, non rappresenta un problema: le autorità, i mass-media, i tribunali ripetono che essa è valida per i cittadini musulmani e che i credenti di altre religioni possono vivere liberamente”.
Ad ogni modo, ha ricordato che “questo è molto chiaro a livello ufficiale, mentre a livello popolare – soprattutto nei villaggi remoti e culturalmente tradizionalisti, che non sono venuti a contatto con la modernità – la situazione è più difficile e vi sono restrizioni che a volte causano problemi alla popolazione”.
Per questo motivo, alcuni gruppi per la difesa dei diritti umani denunciano “la violazione dei diritti umani e della stessa legislazione statale indonesiana, nell’applicazione delle punizioni previste dalla sharia”.
“Nonostante tutto, nel complesso le condizioni sociali della popolazione e dei cristiani (4.000 fedeli su 3,5 milioni di abitanti di Aceh) sono notevolmente migliorate”, ha sottolineato il presule, osservando che le prospettive sono buone.
Alla Chiesa cattolica non è ancora permesso di creare nuove opere sociali, come scuole o ospedali, ma la speranza aumenta.
Quanto al progetto di aprire una clinica ad Aceh, il Governo ha dichiarato che sostiene l’iniziativa ma pensa di rinviarla a un momento in cui il clima culturale e sociale di Aceh sia più favorevole.
“Credo che quel momento si stia avvicinando”, ha concluso.