Riscoprire la Bibbia

Intervista alla teologa Mary Healy

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di Irene Lagan

DETROIT, Michigan (USA), venerdì, 22 maggio 2009 (ZENIT.org).- Dopo il Concilio Vaticano Secondo l’interesse verso la Bibbia è aumentato, ma, secondo la teologa Mary Healy, gran parte dei cattolici ancora non si “abbevera profondamente” alla Parola di Dio.

Healy è uno dei due editori di Catholic Commentary on Sacred Scripture (CCSS), una serie di 17 volumi di commento al Nuovo Testamento.

Healy è anche professoressa di Sacra Scrittura presso il Seminario maggiore del Sacro Cuore di Detroit, nonché senior fellow del St. Paul Center for Biblical Theology e autrice del primo volume della serie relativa al Vangelo di Marco.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, Healy spiega la genesi e lo sviluppo di questa collana e l’obiettivo di mettere a disposizione di tutti i cristiani un approfondimento delle Sacre Scritture, sulla base della migliore dottrina contemporanea.

Cosa l’ha indotta a scrivere questa serie? Quali sono i suoi auspici al riguardo?

Healy: Sono convinta che ci troviamo all’inizio di un rinnovamento biblico nella Chiesa cattolica, e che ciò sarà parte di quella “nuova primavera” profetizzata dal Papa Giovanni Paolo II. Vi è un crescente riconoscimento del fatto che i cattolici debbano radicarsi molto più profondamente nella Parola di Dio e che anche la predicazione e la teologia debbano fondarsi maggiormente sulla Bibbia. Il Sinodo mondiale dei Vescovi sulla Parola di Dio, che si è svolto nell’ottobre del 2008, ha evidenziato questo tema come una grande priorità per la Chiesa.

Ciò che ci ha ispirato a creare questa serie è il fatto che negli ultimi cinquant’anni sono stati compiuti grandi passi in avanti nella dottrina biblica e nella nostra conoscenza dei testi sacri: il linguaggio, gli usi, la cultura e il contesto storico. D’altra parte, allo stesso tempo sono state percorse delle vie che si sono rivelate sbagliate o senza sbocco. Una di queste è quella che ha portato ad accrescere lo scollamento fra l’esegesi e la fede, a causa di un’idea profondamente erronea secondo cui se vogliamo interpretare la Bibbia in modo oggettivo dobbiamo lasciare fuori la nostra fede e leggerla come qualsiasi altro documento antico.

Vi è stata anche una tendenza a trascurare la tradizione: quel grande patrimonio di interpretazione biblica ad opera dei padri della Chiesa, dei santi, e degli studiosi che hanno pregato e studiato la Bibbia e che ne hanno vissuto la storia degli ultimi due millenni. Abbiamo dimenticato come loro leggevano le Scritture: come una Parola vivente che viene dal cuore di Dio.

Insieme al mio co-editore, Peter Williamson, abbiamo voluto creare uno strumento capace di integrare il meglio delle due dimensioni: una sana dottrina contemporanea, insieme alla fede e alla viva tradizione della Chiesa. Abbiamo anche cercato di evidenziare le connessioni fra le Scritture e la dottrina cattolica, la liturgia e la vita quotidiana, cosicché questi commenti potessero essere una utile fonte per la predicazione e la catechesi. Abbiamo quindi introdotto numerosi riferimenti al Catechismo, ai padri della Chiesa, ai santi e al lezionario.

Il nostro auspicio è che il CCSS possa rappresentare un aiuto sia per i preti, sia per i laici, a riscoprire la bellezza dello studio delle Scritture e a fare l’esperienza di sentirsi “ardere il cuore nel petto”, come i discepoli che camminavano con Gesù per la via di Emmaus.

Tra gli obiettivi di questo programma vi è anche quello di promuovere una “alfabetizzazione biblica” dei cattolici, spesso considerati “analfabeti” in relazione alle Scritture?

Healy: Assolutamente! Purtroppo questa descrizione non è lontana dalla realtà. Sebbene vi sia stato un rinnovato interesse verso la Bibbia dopo il Vaticano II, sono pochi i cattolici che effettivamente la leggono regolarmente, e ancora meno sono quelli che ne conoscono bene i contenuti. Questo significa che vi è una fame spirituale che non viene soddisfatta, “non fame di pane, né sete di acqua, ma d’ascoltare la parola del Signore” (Amos 8,11). E questa situazione produce conseguenze drammatiche sulla catechesi, la teologia, l’evangelizzazione, la spiritualità e su ogni aspetto della vita della Chiesa.

“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”, come diceva San Girolamo. La stanchezza e la noia che caratterizzano la fede cattolica di oggi si deve al fatto che non si attinge più alla Parola in modo regolare. Lo scopo della nostra serie è di fornire uno strumento “user-friendly” attraverso il quale poter accedere a tutta la profondità delle Scritture.

Alcuni moderni studiosi delle Scritture, come ad esempio N.T. Wright, hanno proposto di ricorrere al concetto di narrativa come criterio interpretativo per comprendere il messaggio del Vangelo. Come si inserisce la sua serie in questo approccio? La considera un’impostazione che la Chiesa dovrebbe recuperare?

Healy: La crisi dei nostri tempi è dovuta in parte anche al fatto che la gente ha perso la prospettiva della “grande storia”, dalla creazione alla fine dei tempi, nella quale sono intessute le nostre storie personali.

Per i cristiani, certamente, il centro della storia è Gesù Cristo. Ogni cosa del passato e del futuro, trova senso in lui, nell’amore di Dio che lui ha rivelato nella sua carne. Questa visione del mondo fondata sulla Bibbia è ciò che ha plasmato la cultura cristiana per due millenni. Quando le persone hanno perso questa visione, sono diventate più vulnerabili alla visione secolare che le circondava, secondo la quale la vita non ha senso e la cosa più importante è accumulare ricchezze ed evitare le sofferenze.

Questo approccio narrativo riesce quindi a dare una visione profonda della Bibbia e soprattutto dei Vangeli, con tutti gli elementi di una buona narrativa: trama, personaggi, ambientazione, punto di vista, e così via. Molti frutti sono stati tratti da questi approcci.

Tuttavia, esiste un rischio che è quello di incentrarsi sull’impostazione narrativa a tal punto da trascurare il fatto che le Scritture, in gran parte, hanno lo scopo di riferire eventi storici. Il Cristianesimo si fonda su un fatto – Dio che entra nel tempo e nello spazio – e non su un “mondo narrativo”.

Un altro rischio è che l’interprete può talvolta sostituire la propria versione della storia a quella che ci presenta la Bibbia. Nel CCSS noi cerchiamo di evitare queste trappole, pur sfruttando al meglio le luci che ci fornisce l’approccio narrativo.

Sull’altro piatto della bilancia c’è “l’alfabetismo biblico”. Come si deve considerare il rapporto fra l’analisi razionalistica delle Scritture e l’impostazione fondamentalista. La sua serie tocca anche questo rapporto di equilibrio?

Healy: Pù che un equilibrio fra queste alternative estreme, io direi che ciò di cui si ha bisogno è un approccio che le trascenda entrambe. L’errore di molti dei metodi critici è stato quello di frammentare la Bibbia in piccoli pezzi e di analizzarne ciascuno separatamente in termini di fonti e contesto storico. Ma sappiamo bene che ciò su cui si fa la vivisezione non è più vivo.

Non sorprende quindi che la gente consideri spesso questi metodi spiritualmente sterili e talvolta persino dannosi per la fede. L’errore opposto – spesso come reazione al primo – è di trattare la Bibbia come se non avesse nulla di umano e come se la si potesse comprendere senza dover fare riferimento agli autori umani e al loro contesto. Come disse una volta Papa Giovanni Paolo II, fare questo significa non aver preso sul serio la realtà dell’incarnazione.

Ciò che noi cerchiamo di fare nella nostra serie è di prendere pienamente atto della duplice natura delle Scritture: divina e umana, la Parola di Dio in parole umane. Questo è il principio di base che la Chiesa ci dà nella Dei Verbum
(n. 12) e nel Catechismo (nn. 109-114).

La dottrina biblica cattolica, nel corso degli ultimi cinquant’anni, si è mossa talvolta in direzioni discutibili. In che modo i principi delineati nella Dei Verbum aiutano chi deve insegnare le Scritture a mantenere la fedeltà alla “tradizione vivente della Chiesa” e al contempo a progredire nella comprensione dei contenuti rivelandone l’attinenza per i cristiani di oggi?

Healy: La Dei Verbum presenta un meraviglioso equilibrio: dice chiaramente che dobbiamo tenere in considerazione tutti gli aspetti umani e storici del testo biblico. “È necessario dunque che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso” (Dei Verbum, n. 12).

Alcuni cattolici vorrebbero semplicisticamente fare a meno di questi metodi. Ma secondo i padri conciliari, farne a meno significherebbe tradire la Scrittura stessa. La Bibbia è stata ispirata e non dettata. E nella sua sapienza, Dio ha voluto servirsi di autori umani – ebrei di un dato periodo storico – con tutti i loro processi mentali, le loro espressioni linguistiche e limitazioni culturali. È questo che rende l’interpretazione della Bibbia così ardua, ma al contempo così avvincente!

Per poter comprendere adeguatamente la sacra Scrittura, questa deve essere “letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta”. E in questo processo sono indispensabili la fede e la preghiera, e la fedeltà alla comunità di fede in cui le Scritture si sono formate, ovvero alla Chiesa.

Ci può dare qualche esempio di problematiche pastorali e teologiche delle Scritture che possono essere rilevanti per la vita dei cristiani di oggi?

Healy: Una questione teologica potrebbe essere, per esempio, ciò che la narrativa evangelica dell’agonia nell’orto degli ulivi rivela sull’unione di Gesù con il Padre, sia riguardo alla sua eterna divina figliolanza, sia riguardo alla sua natura umana.

Poi vi sono questioni pastorali come per esempio ciò che il Nuovo Testamento insegna sul matrimonio e sull’essere genitori, e come noi possiamo applicare questi principi per un rinnovamento della famiglia cattolica di oggi.

Vi sono anche questioni apologetiche come per esempio quelle relative alle radici bibliche dell’insegnamento cattolico sulla Vergine Maria, sui sacramenti o sul sacerdozio.

Vi sono questioni che toccano la vita spirituale. Per esempio, cosa ci insegna l’episodio della donna siro-fenicia sull’approccio di fede che dobbiamo avere verso Gesù?

Ma soprattutto, cosa ci rivelano le Scritture su Gesù Cristo, su chi egli sia, cosa ha detto e fatto, cosa era a lui gradito e su come possiamo conoscerlo?

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ZENIT Staff

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