di Benedetta Foà*
ROMA, domenica, 10 maggio 2009 (ZENIT.org).- Elaborare il lutto per un figlio perso in gravidanza non è facile. E’ difficile perchè il figlio non lo si è visto e di conseguenza non c’è un immagine precisa di lui nella mente. Quando perdiamo una persona cara, un parente, un amico, viene spontaneo ricordare le cose belle vissute insieme, e nel ricordo e dal ricordo traiamo consolazione.
Freud in “Lutto e melancolia” definisce il lutto come una reazione alla perdita di una persona amata. Il lutto profondo comporta un doloroso stato mentale, una perdita di interesse per il mondo esterno,in quanto non può rifar vivere quella persona. L’incapacità di trovare un nuovo oggetto d’amore, e il disinteresse per ogni attività non collegata ai pensieri della persona amata. Questa inibizione e circoscrizione dell’io è l’espressione di una devozione esclusiva del lutto che non lascia spazio ad altri scopi ed interessi.
Le emozioni del dolore e della sofferenza per la mancanza della persona amata con il tempo si placano, da dolore totalmente coinvolgente diventa dolore focalizzato, che può concentrarsi in un luogo che per molti è il cimitero. Come ha scritto il Petrarca il cimitero è un luogo che serve più ai vivi che non ai morti, dato che l’uomo ha bisogno di un posto preciso e definito dove andare a piangere i propri cari; psicologicamente ha bisogno di sapere che lì è sepolta quella persona e lì risiede nel suo riposo eterno.Per un bambino, concepito ma morto a pochi mesi di gestazione, vale tutto questo? I genitori del bambino sono in grado di fare un passaggio dal “non conosciuto” che è il loro figlio ma che non hanno mai visto, toccato, accarezzato al “conosciuto” che corrisponde ad un figlio che ha un suo nome, un volto, una propria identità?
Nella mia esperienza clinica come consulente familiare ho constatato che questo passaggio non avviene sempre, a volte mai. Quando il lutto viene vissuto in un modo particolarmente profondo dalla madre, questo dolore può facilmente bloccare le energie psichiche e focalizzarle su quel punto, la perdita del figlio, senza riuscire ad andare oltre. Per aiutare la madre a fare un passo avanti rispetto a questa posizione di immobilità ho elaborato un metodo che ho definito: “centrato sul bambino”.
Questo metodo è utilizzato sia per la perdita spontanea di un figlio che per ivg. Quando l’aborto è procurato per la donna è ancora più difficili parlarne. Avere qualcuno con cui parlare del proprio aborto nella verità sentendosi accolto, è essenziale e non così scontato. Eliminare l’omertà è un punto importante del metodo. Esprimere i sentimenti fino a quel momento negati; altro punto importante. Tutti sappiamo quanto soffra una madre che vede suo figlio soffrire. Questa è un’equazione incontestabile e i consulenti lo sanno bene. Tanto è importante per una madre prendersi cura del figlio, quanto parlare di lui…
Ma a queste madri che hanno abortito chi ha mai chiesto qualche cosa del bambino? Tutte domande negate già da sé stesse perché è necessario disumanizzare il feto per poterlo eliminare. La disumanizzazione comporta la censura di qualunque altro tipo di domanda, infatti perché chiedersi se è maschio o femmina se non lo si saprà mai?
Con questa domanda fondamentale (m/f) anche tutte le altre sono negate perché tutto parte da lì, se non so il sesso del bambino non posso neanche sapere, immaginare, sognare il resto. Così si smette di sognare, tutto diventa piatto eppure quanto desiderio di parlare di lui e con lui ci sarebbe sepolto nell’intimo. Bisogna aiutare a esprimere i sentimenti rimossi e sepolti nel profondo del cuore.
Dare un volto ad un bambino che non è mai nato. La maggior parte delle utenti non hanno mai visto il feto, o perchè era troppo piccolo o perchè era troppo doloroso per loro vederlo, e così non hanno nessuna immagine reale, nessun ricordo oggettivo.Questo è il punto che differenzia il loro lutto dagli altri lutti. Infatti di un padre, madre, figli nati si hanno immagini e ricordi, oggetti, fotografie ; insomma qualche cosa a cui aggrapparsi nel momento della perdita.
Queste mamme che ricordi hanno oltre ai sentimenti ambivalenti che stavano appena nascendo? Quando pensano a lui/ lei cosa vedono? Questo è un punto importantissimo, passare da una situazione di “oscurità” ad una situazione di “chiarezza”.E’ tramite l’immaginario che aiuto le mamme a “vedere” il loro figlio abortito”.
Con una procedura standard le porto in questo viaggio nell’immaginario che le fa incontrare con il figlio. Lasciare andare il bambino, dirgli addio. Questo è il punto più delicato, perché una volta che finalmente si è riusciti a rendere il figlio abortito un essere umano con un nome e un volto, ad esprimergli un sentimento di amore, dobbiamo lasciarlo andare… Tagliare il cordone ombelicale, o meglio lasciare andare in pace questi bambini è un passo importante sia per la madre che per il bambino.
Quando le mamme avranno un luogo preciso dove poter pianger il loro figlio perduto e finalmente ritrovato, allora riposeranno. Riposeranno nel vero senso della parola, perché lo stato d’ansia attivato dall’attesa di sapere chi è e dove è il figlio perduto, svanisce… Il metodo ha lo scopo di far raggiungere questa pace, anche se attraverso un percorso doloroso, avvicina ad un bambino concepito ma mai nato e mai visto, aiuta a concretizzarlo con oggetti, lettere, immaginario per poi, finalmente lasciarlo andare.
Il metodo centrato sul bambino è costituito da otto incontri, che pur non essendo molti possono bastare come inizio per un movimento verso la guarigione. Non sono incontri facili per me consulente, ma per le mamme sono due mesi veramente difficili. Otto incontri in cui abbiamo l’ambizione di riuscire a dare un volto al bambino, permette alla madre di occuparsi solo del suo bambino, almeno per due mesi…Concludo con la visualizzazione guidata di una mamma che ha subito l’aborto, obbligata dal partner e dalla famiglia di lui. Questa mamma ha terminato la terapia due anni fa e adesso sta molto meglio.
Grazie all’elaborazione del lutto dell’ aborto subito è stata in grado di andare avanti con la propria vita e di mettere al mondo un’ altra bellissima bimba. Al termine del percorso terapeutico ha avuto un incontro nell’immaginario con la figlia abortita, ecco come ha descritto quest’incontro.
…Ci sono tante luci,
Adelina è arrivata in casa da noi.
Entra, saluta me, sua mamma,
il fratello, suo padre per ultimo,
poi va a vedere tutta la casa.
Si ferma a giocare con suo fratello.
Sembra una ballerina, è molto graziosa porta un vestito viola,
il suo colore.
E’ grandicella, sembra sui 4 anni.
La fermo, voglio che stia con me, prendo le sue mani per giocare
e non mi guarda negli occhi.
Scappa, guarda suo padre,
lui vuole che lei parli, ma lei non risponde.
Poi succede un incidente,
un ferro da stiro che…
la guardo negli occhi…
ma lei è morta.
Sono al cimitero, sulla tomba, la piango…
non voglio lasciarla andare, voglio che stia con me,
sarà il mio dolore tutta la vita, la mia croce.
Sono lì ai piedi della sua tomba e arriva un messaggio:
“mamma ti amo, doveva andare così”
Sono felice lei ora è mia, solo mia, è mia figlia.
[Per saperne di più: corso di aggiornamento “Donna e libertà. Le conseguenze psichiche dell’aborto”, http://movitmilano.blogspot.com, www.mpv.org. Per informazioni rivolgersi a: donnaeliberta@libero.it, 3771367356, 3337903171, 3208862148]
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*Benedetta Foà, psicologa junior/consulente familiare per il sostegno e l’“Elaborazione del Lutto” per donne che hanno perso un figlio in gravidanza – Mangiagalli Milano