di Roberta Sciamplicotti
GLASGOW, lunedì, 27 ottobre 2008 (ZENIT.org).- In vista del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il prossimo 10 dicembre, il Cardinale Keith Patrick O’Brien ha denunciato l'”indifferenza barbarica” nei confronti dei diritti dei bambini non nati.
Intervenendo questo sabato alla Conferenza annuale della Society for the Protection of Unborn Children (SPUC) a Glasgow (Scozia), il porporato ha affermato che, malgrado dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sia stata stabilita a livello mondiale una cornice di diritti umani, “la dura realtà è che le nobili parole di tante dichiarazioni sono state affiancate da un’indifferenza barbarica nei confronti dei diritti dei concepiti”.
Il sistema dei diritti umani, ha osservato, “ha fallito miseramente soprattutto nel difendere il più basilare di questi diritti: il diritto alla vita”.
“Le forze oscure hanno distorto le leggi e le coscienze nella nostra Nazione e la nostra situazione è ora peggiore che mai”, ha lamentato, ricordando che secondo dati diffusi dai media in Scozia si effettuano 38 aborti ogni giorno. Lo scorso anno sono stati 13.703, contro i 13.163 dei dodici mesi precedenti.
A questo proposito, ha ricordato la questione dello Human Fertilisation and Embryology Bill (cfr. ZENIT, 2 marzo 2008), votato il 22 ottobre scorso e definito dal porporato “un mostruoso attacco ai diritti umani, alla dignità e alla vita umana”.
“Non possiamo basarci sulla legge per salvarci dai nostri problemi”, ha confessato il Cardinale O’Brien. “Il fatto che la nostra società sia precipitata in una cultura della morte deriva dall’aver sempre più relegato Dio ai margini della nostra vita e della coscienza collettiva delle nostre Nazioni”.
Se i provvedimenti approvati dai parlamentari si possono biasimare e criticare, constata, “dobbiamo anche riconoscere che quanti sono stati eletti da noi, a nostro nome, per la maggior parte riflettono la società dalla quale provengono: sostengono l’aborto perché la società lo sostiene, sostengono la sperimentazione sugli embrioni perché la società la sostiene e sostengono i test genetici e la potenziale eliminazione dei concepiti perché lo fa la società”.
“La nostra lotta, la nostra battaglia – la vostra – dovrebbe quindi riferirsi non solo agli eletti, ma anche all’elettorato!”, ha esclamato. “Le buone leggi derivano dalle buone società”.
Per questo motivo, ha esortato a una vera e propria “conversione della società”, ammettendo che non è possibile “instillare i valori morali attraverso la legislazione solo inculcando, impiantando un senso di ciò che giusto e ciò che è sbagliato in tutti coloro che incontriamo nella speranza che facciano lo stesso”.
Appellandosi a “tutte le persone di buona volontà”, il Cardinale ha esortato a “considerare sempre più il ruolo della coscienza e il suo legame intrinseco con la verità”.
La Chiesa, ha sottolineato, “è un’indicazione per la coscienza, e non solo per quanti aderiscono alla fede cattolica, ma per tutti i popoli”.
“Attraverso le nostre elaborate strutture politiche e legali e le nostre nobili dichiarazioni, abbiamo creduto di poter costruire una società senza Dio”, ha ammesso, rilevando che “questo progetto è fallito”.
“Incoraggio i miei parrocchiani e ognuno di voi a continuare a esaminare la vostra coscienza e a cercare di ricostruire la nostra cultura e di risvegliare la coscienza di tutti”.
Benedetto XVI, ricorda, “ha scritto molto sull’importanza della coscienza, sulla necessità di sostenerla con gli insegnamenti della Chiesa ma anche sul bisogno di riflettere su di essa”.
“Dobbiamo promuovere ancora una volta la necessità del raccoglimento, della meditazione e dell’intima preghiera. Ciò rappresenterà la fonte di forza per ogni individuo, e insieme potremo trasformare la nostra cultura”.
“Dopo 60 anni, vi esorto a continuare a lavorare per stabilire la lotta contro l’aborto come vera questione di diritti umani – ha concluso rivolgendosi ai membri dello SPUC -. Prometto di lavorare con voi a questo scopo in ogni modo possibile. Insieme e con l’aiuto di Dio credo che sia una battaglia che possiamo vincere”.