L’obiezione di coscienza: fondamenti e giustificazioni

di Lucio Romano*

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ROMA, domenica, 26 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Per obiezione di coscienza[1] si intende il rifiuto da parte dell’individuo di compiere atti, prescritti espressamente dall’ordinamento (legge positiva), ma contrari alle proprie convinzioni ovvero per motivi interiori.[2]

Dettagliamo la definizione. “L’obiezione di coscienza consiste nel rifiuto dell’individuo, per motivi di coscienza, di assoggettarsi a una condotta che in principio sarebbe giuridicamente esigibile (sia che l’obbligo provenga direttamente dalla norma sia che provenga da un contratto). E ancora più ampiamente, si potrebbe affermare che il concetto di obiezione di coscienza include ogni pretesa contraria alla norma (oppure ad un contratto da essa tutelato), motivata da ragioni assiologiche – non meramente psicologiche – di contenuto primariamente religioso o ideologico, che abbia per oggetto ora la scelta meno lesiva per la propria coscienza tra le alternative previste dalla norma, ora di eludere il comportamento contemplato nell’imperativo legale o la sanzione prevista in caso di sua mancata attuazione, ora – nel caso in cui si accetti il meccanismo repressivo – di provocare una modificazione della legge contraria alla propria coscienza morale”.[3]

Ulteriore riflessione, semantica e concettuale, viene offerta da L. Melina in merito alla differenza tra “obiezione di coscienza” e “opzione di coscienza”: “[…] quando il legislatore prevede e permette comportamenti diversi a motivo di coscienza, più che di obiezione di coscienza, si dovrebbe parlare di opzione di coscienza”.[4]

L’ordinamento italiano prevede in alcuni casi il diritto di «obiettare», ovvero di concretizzare una “opzione di coscienza”: a) Legge 12 dicembre 1972, n.772 (sull’obiezione di coscienza militare), disciplina recentemente riformata;[5] b) Legge 22 maggio 1978, n.194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”;[6] c) Legge 12 ottobre 1993, n.413 “Norme sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale”;[7] d) Legge 19 febbraio 2004, n.40 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”.[8]

Tuttavia l’obiezione di coscienza non può riduttivamente limitarsi ed esaurirsi nella semplice negazione di ossequio ad una legge. Esprime un consenso profondo ad una legge più alta e non eludibile: la legge del foro interiore.[9] L’obiezione di coscienza consiste nell’affermare il primato della coscienza nei confronti dell’autorità e della legge, il diritto del singolo di valutare se quanto gli viene richiesto è compatibile con i principi morali ai quali sente di dover ispirare la propria condotta.[10]

Il cittadino non è obbligato in coscienza a seguire le prescrizioni delle autorità civili se sono contrarie alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Le leggi ingiuste pongono gli uomini moralmente retti di fronte a drammatici problemi di coscienza: quando sono chiamati a collaborare ad azioni moralmente cattive, hanno l’obbligo di rifiutarsi. Oltre ad essere un dovere morale, questo rifiuto è anche un diritto umano basilare che, proprio perché tale, la stessa legge civile deve riconoscere e proteggere: «Chi ricorre all’obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale».[11]E’ un grave dovere di coscienza non prestare collaborazione, neppure formale, a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio.

Tale collaborazione, infatti, non può mai essere giustificata, né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede. Alla responsabilità morale degli atti compiuti nessuno può mai sottrarsi e su tale responsabilità ciascuno sarà giudicato da Dio stesso (cfr. Rm 2,6; 14,12)”.[12]

Sotto il profilo storico l’obiezione di coscienza origina da motivazioni religiose: Antigone si rifiuta di obbedire al tiranno Creonte, che proibiva la sepoltura del fratello, in nome delle leggi non scritte (agrapha dogmata) della pietà e della giustizia.

Le motivazioni indotte per sollevare obiezione di coscienza possono essere di natura morale e politica. L’obiezione di coscienza non può essere considerata come un atto negativo, un rifiuto bensì rappresenta una testimonianza (pro-testa) a favore di una verità più grande e maggiormente vincolante rispetto a quanto una legge positiva possa definire, ovvero il riconoscimento di valori non riducibili.

A fondamento del riconoscimento di valori, che possiamo anche definire diffusi, l’art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Ed è bene sottolineare il ricorso al termine «riconosce» e non al termine «concede»: riconosce, quindi, valori previ da cui deriva non necessariamente la coincidenza tra diritto e legge. Il principio di uguaglianza, di libertà religiosa e di coscienza, di libertà politica, civile ed economica ed i connessi doveri di solidarietà sociale sostanziano di valore civile e giustificano il ricorso alla libertà di obiezione di coscienza.

Il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto in importanti documenti. Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo[13], all’art. 18 si riconosce che “ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione” così ugualmente nel Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.[14]

Nella Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e le Libertà Fondamentali[15] all’art. 9 si ribadisce il diritto di ogni persona alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 19 gennaio 1994[16] l’obiezione di coscienza è “un vero e proprio diritto soggettivo che deriva dai diritti dell’uomo e dalle libertà fondamentali.”[17]

Nel Codice di Deontologia Medica, art. 43 – Interruzione volontaria di gravidanza, si richiama poi non solo la grave illiceità dell’aborto c.d. volontario eseguito al di fuori di quanto previsto dalla Legge n.194/78 ma anche la possibilità di sollevare obiezione di coscienza, sempre come da Legge n.194/78 art. 9, con il dovere da parte del medico obiettore di non abbandonare la relazione di cura nei confronti della donna.[18]


* Il prof. Lucio Romano è dirigente ginecologo del Dipartimento di Scienze Ostetrico-Ginecologiche, Urologiche e Medicina della Riproduzione all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Vicepresidente del Movimento per la Vita (MpV). E’ autore, insieme a Maria Luisa Di Pietro, Maurizio P. Faggioni e Marina Casini, del libro “RU – 486. Dall’aborto chimico alla contraccezione d’emergenza” (Edizioni ART, Roma).

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[1] “Se il riferimento dell’obiezione di coscienza alle professioni sanitarie è per sé piuttosto recente, il suo contenuto di realtà etica è antico quanto la tirannia e il totalitarismo. Il termine specifico nasce in contesto propriamente cristiano e deriva dal latino ob-jactare, con cui gli scrittori cristiani nel IV secolo
indicavano il rifiuto dei credenti di venerare l’imperatore romano come una divinità, soprattutto in riferimento al servizio militare. Ed è proprio come opposizione al servizio di leva, che esso riappare in epoca contemporanea, nel Regno Unito ancora una volta per influsso dell’esperienza delle chiese cristiane. Il cristianesimo, distinguendo ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cf. Mt 22, 15-21), rivendica fin dall’inizio, non solo a parole, ma mediante la testimonianza dei suoi martiri, nello stesso tempo due principi fondamentali: il primato della legge divina su quella civile degli uomini e la trascendenza della persona rispetto a qualsiasi autorità statale: infatti, come affermano gli apostoli davanti al Sinedrio «si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5, 19)”, in Melina L, Al servizio della persona: l’obiezione di coscienza come profezia, Seminario di aggiornamento su difesa della vita e obiezione di coscienza sanitaria, Roma, 2003 (in press).

[2] Cfr.: Melina L, Morale: tra crisi e rinnovamento, Gli assoluti morali, l’opzione fondamentale, la formazione della coscienza, Ares, Milano, 1993; Rhonheimer M, La prospettiva della morale. Fondamenti dell’etica filosofica. Armando Editore, Roma, 1994; Melina L, La cooperazione con azioni cattive contro la vita umana, in Lucas R, Sgreccia E, (a cura di) Commento interdisciplinare alla “Evangelium Vitae”, Libreria Editrice Vaticana: Città del Vaticano, 1997.

Carrasco de Paula I., Bioetica. Morale della vita umana e dell’integrità della persona, in Melina L. (a cura di), L’agire morale del cristiano, Jaca BooK, 2002, p. 121-178.

[3] Cfr.: Navarro Valls R, Torròn JM, Le obiezioni di coscienza: profili di diritto comparato, Giappichelli: Torino, 1995, p.21

[4] Melina L, Al servizio della persona: l’obiezione di coscienza come profezia, in Seminario di aggiornamento su difesa della vita e obiezione di coscienza sanitaria, Roma, 2003 (in press).

[5] Articolo 1 “Gli obbligati alla leva che dichiarano di essere contrari in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza possono essere ammessi a soddisfare l’obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge. I motivi di coscienza addotti debbono essere attinenti ad una concezione generale basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto. […]”.

[6] Art 9 ”Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.

[7] Art 1 – Diritto all’obiezione di coscienza: “I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell’esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, si oppongono alla violenza su tutti gli esseri viventi, possono dichiarare la propria obiezione di coscienza ad ogni atto connesso con la sperimentazione animale.”

[8] ART. 16 (Obiezione di coscienza). 1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate. 2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1. 3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento.

[9] Spesso si usano indistintamente i termini di dissenso ed obiezione di coscienza. Il dissenso può essere privato o pubblico: il primo è costituito dalla negazione di consenso (parziale o in toto) a una teoria o giudizio che qualcuno esprime. Il dissenso pubblico, generalizzato o collettivo, può avere come oggetto una o più leggi cui si rifiuta obbedienza (disobbedienza civile), oppure scelte economiche, politiche e religiose, una o più istituzioni (dissenso sociale, politico, religioso). […] L’obiezione di coscienza rappresenta una forma di dissenso a carattere non violento che si esprime nel rifiuto individuale, variamente motivato, di prestare ossequio esterno ad un disposto legislativo […]. La moralità della persona […] viene determinata in ultima analisi dalla sua capacità di agire seguendo fedelmente le indicazioni espresse dalla coscienza etica, sottraendosi alle suggestioni eteronome e alle spinte istintive e spontaneistiche non filtrate dalla ragione”, cfr. Mattai G., Obiezione e dissenso, in Compagnoni F., Piana G., Privitera S. (a cura di), Nuovo dizionario di Teologia Morale, San Paolo, Torino, 1990, p.815-816.

[10] Piana G., Obiezione di coscienza, in Cristianesimo, De Agostini, Novara, 2004, p.505

[11] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium Vitae, n.74

[12] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2004, p. 218, n.399

[13] Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, New York, 10 dicembre 1948

[14] Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Patto Internazionale sui diritti civili e politici, New York, 16 dicembre 1966

[15] Consiglio d’Europa, Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, 4 novembre 1950

[16] Parlamento Europeo, Risoluzione n. A3-09411/93 sull’obiezione di coscienza negli Stati membri della Comunità, Strasburgo, 19 gennaio 1994.

[17] Di Pietro, … Norlevo e …, p. 41
1-455

[18] FNOMCeO. Codice di Deontologia Medica, 16.12.2006, art. 43: “L’interruzione della gravidanza, al di fuori dei casi previsti dalla legge, costituisce grave infrazione deontologica […]. L’obiezione di coscienza del medico si esprime nell’ambito e nei limiti della legge vigente e non lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna”.

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ZENIT Staff

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