Il Sinodo del Dio che parla… e ascolta

Intervento di monsignor Luis Antonio G. Tagle, Vescovo di Imus (Filippine)

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CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 10 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Il Sinodo non riflette solo su come ascoltare la Parola di Dio; medita anche su come Dio ascolta.

Al Dio che ascolta, in particolare i più fragili e poveri, ha dedicato il suo intervento nella congregazione generale monsignor Luis Antonio G. Tagle, Vescovo 51enne di Imus (Filippine).

La sua relazione ha avuto un’eco particolare nella Sala del Sinodo, venendo citata da vari Padri sinodali e dal primo “delegato fraterno” che ha preso la parola questo giovedì, il reverendo Robert K. Welsh, segretario generale dei Discepoli di Cristo, comunità cristiana degli Stati Uniti.

“L’ascolto è una cosa seria – ha avvertito il presule davanti all’assemblea –. La Chiesa deve formare ascoltatori della Parola. L’ascolto, però, non si trasmette solo con l’insegnamento, ma anche, e soprattutto, con un ambiente in cui esiste l’ascolto stesso”.

Monsignor Tagle ha proposto tre modi per sviluppare la disposizione all’ascolto. In primo luogo, ha detto, “la fede è un dono dello Spirito, e allo stesso tempo un esercizio di libertà umana. Ascoltare nella fede significa aprire il proprio cuore alla Parola di Dio, far sì che penetri in noi e ci trasformi, e praticarla”.

“La formazione all’ascolto significa formazione alla fede integrale – ha aggiunto –. I programmi di formazione devono essere concepiti come formazione all’ascolto del sacro”.

In secondo luogo, ha proseguito, “gli avvenimenti di questo mondo mostrano i tragici effetti della mancanza d’ascolto: conflitti nelle famiglie, distanza tra generazioni e tra Nazioni, violenza”.

“Le persone sono strette in un mondo di monologhi, indifferenza, rumore, intolleranza ed egocentrismo – ha constatato –. La Chiesa può favorire un ambiente di dialogo, rispetto, reciprocità e autotrascendenza”.

Dio, ha avvertito in terzo luogo, “non si limita a parlare”. “Dio ascolta anche, soprattutto i giusti, le vedove, gli orfani, coloro che sono perseguitati e i poveri che non hanno voce”.

“La Chiesa deve imparare ad ascoltare come Dio ascolta, e offrire la propria voce a quanti non ce l’hanno”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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