Il messaggio del Papa per la Giornata dei Migranti, un “inno all’agapê”

Afferma il Presidente del dicastero vaticano per i Migranti e gli Itineranti

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 8 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Il messaggio di Benedetto XVI per la 95a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il 18 gennaio prossimo, è “un nuovo inno all’agapê” basato sulla vita di San Paolo.

Ad affermarlo è stato il Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Il porporato ha partecipato questo mercoledì mattina alla conferenza stampa per la presentazione del messaggio del Papa per la Giornata, sul tema “San Paolo migrante, ‘Apostolo delle genti’”, spiegando che di fronte al complesso movimento migratorio contemporaneo “tutti sono chiamati a dare un particolare contributo, soprattutto per il miglioramento dei rapporti tra popoli e culture”.

Il Pontefice, ha spiegato il Cardinale, trae spunto dalla “figura ricca e complessa di San Paolo” per “cogliere, senza forzature, che l’Apostolo delle genti fu anzitutto un missionario, nel senso che si fece migrante per vocazione, autentico missionario dei migranti, migrante egli stesso e itinerante ambasciatore di Gesù Cristo”.

Con “lo zelo missionario e la foga del lottatore, che lo contraddistinsero”, ha ricordato il Cardinal Martino, Paolo “si faceva vanto di annunciare il Vangelo là dove nessuno l’aveva fatto prima di lui, rendendosi in ciò particolarmente vicino alla Chiesa in diaspora, costituita dai migranti, senza tuttavia cessare di tessere un profondo legame di comunione e di solidarietà, anzitutto con la Chiesa madre di Gerusalemme”.

Sulla base di questo, il Papa si è chiesto come si possa “non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società”.

Al giorno d’oggi, ha ricordato il Cardinale, sono oltre duecento milioni le persone che vivono fuori dal loro Paese di origine, “spinte anche dalla miseria, dalla fame, dalla violenza, dalle guerre, dalle rivalità etniche, ma pure dal desiderio di una vita migliore”.

Il fatto che le destinazioni preferite siano le aree più ricche del mondo spiega perché l’immigrazione sia spesso vissuta nei Paesi ospitanti “come una sorta di ‘invasione’, con ripercussioni negative su questioni di stabilità e sicurezza”.

“Questo clima di chiusura rende ancora più triste e amara la vicenda umana di molti immigrati, spingendoli altresì a condizioni di irregolarità”, ha riconosciuto, sottolineando che “il fenomeno migratorio in un mondo globalizzato sta diventando, di fatto, inarrestabile” e che il problema “non si risolverà chiudendo le frontiere, ma accogliendo, con giusto regolamento, equilibrato e solidale, i flussi migratori da parte degli Stati”.

Tra le proposte presentate da Benedetto XVI, infatti, figura in primo luogo la necessità di partire dalla “cultura dell’accoglienza”, “che rende tutti partecipi dell’amore salvifico del Padre, in vista di un sincero dialogo e di una vera solidarietà”.

Per raggiungerla, il presidente del dicastero vaticano riconosce la necessità di “facilitare una graduale integrazione dei migranti, nel rispetto della loro identità culturale e anche di quella della popolazione locale”, sperimentando “gesti e sforzi concreti di reciprocità e di scambio”.

Nella visione cristiana, del resto, non esiste distinzione “tra migrante e autoctono, forestiero e locale, straniero e residente”.

“Se l’universalità fu una delle caratteristiche essenziali della missione di San Paolo – ha concluso il Cardinal Martino –, essa interpella anche noi, portandoci a vivere in pienezza l’amore fraterno senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni”.

“Anche quest’anno, dunque, il Messaggio del Santo Padre ci sprona a comprendere che la pratica della carità fraterna costituisce il culmine di tutto ciò che siamo tenuti a eseguire nel pellegrinaggio, impegnativo e faticoso, verso la patria dell’autentica speranza”.

Dal canto suo, l’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha sottolineato durante la conferenza stampa che l’atteggiamento di accoglienza “scaturisce dalla missione stessa della Chiesa, che porta il Vangelo fino ai confini della terra e il cui messaggio di salvezza è destinato a tutti, senza distinzioni di nazionalità o cultura”.

Collegate all’accoglienza sono la solidarietà e l’ospitalità, che permettono che “ci si rivolga all’altro come a una persona, e in alcuni casi anche quale fratello/sorella nella fede, impedendo di considerarlo/la un caso, un numero o una mera ragione di lavoro”.

La solidarietà, ha aggiunto il presule, deriva dalla constatazione che “formiamo tutti una sola famiglia umana, al di là delle differenze di nazionalità, razza, etnia, religione, situazione economica e atteggiamento ideologico, e che siamo interdipendenti, custodi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, dovunque essi vivano”.

“Possa la dedizione con cui il migrante San Paolo ha svolto la sua missione, dando prova di coraggio ed entusiasmo, ispirare la Chiesa e la società a dare risposte solidali alle sfide presenti nella società contemporanea, così da promuovere la pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni diverse”, ha auspicato.

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ZENIT Staff

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