I cristiani di tutto il mondo condividano la sofferenza dei fratelli indiani

L’appello del direttore di “AsiaNews”, Bernardo Cervellera

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 7 ottobre 2008 (ZENIT.org).- I cristiani “devono condividere, in qualche modo, la vita e la sorte” dei cristiani dell’India, “pregando, aiutando, sostenendo ma anche dibattendo, parlando”.

Lo afferma padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia “AsiaNews”, specializzata in informazione cattolica sull’Asia e una di quelle che stanno contribuendo maggiormente a far conoscere in Occidente la situazione dei cristiani indiani.

In alcune dichiarazioni alla “Radio Vaticana”, padre Cervellera confessa che attualmente la situazione in India è “tragica”, perché “ogni giorno avvengono assassinii ed uccisioni di persone costringendole a cambiare religione, cioè a lasciare il cristianesimo per tornare all’induismo”.

Sono almeno 30.000, rivela, le “persone fuggitive che hanno avuto la loro casa distrutta e che vivono nelle foreste dell’Orissa, con le malattie, senza cibo, senza cure”. “E poi ci sono persone nei campi di rifugio governativi ma dove però vengono, anche lì, attaccati dai radicali indù. Quindi la situazione è veramente molto tragica”.

“In più – ha aggiunto il sacerdote – c’è quasi un’ironia malvagia in tutto questo, perché i radicali indù hanno cominciato questo pogrom contro i cristiani, dicendo che i cristiani erano responsabili di aver ucciso un loro leader”.

Proprio in questi giorni, invece, è stata resa nota la rivendicazione dell’assassinio da parte di un gruppo maoista. “Quindi, tutta questa carneficina, tutto questo sacrificio, è totalmente ingiusto”, denuncia.

Secondo il direttore di “AsiaNews”, la passività delle autorità locali e nazionali indiane è dovuta all’avvicinarsi delle elezioni, “e quindi non si vogliono perdere i voti del mondo indù”. Accanto a questo, “c’è soprattutto un’indifferenza da parte del resto della comunità internazionale, dell’Occidente in particolare”.

“Il problema è che, molto spesso, queste violenze contro i cristiani, sono considerate delle cose molto secondarie – constata –. Cioè, la libertà religiosa e quindi la vita dei cristiani, è considerata una cosa molto secondaria rispetto al mercato, rispetto alla politica”.

Per il sacerdote, quindi, è necessario in primo luogo difendere la libertà religiosa, che “è una cartina di tornasole per tutti gli altri diritti umani. Se non c’è la libertà religiosa, prima o poi non ci sarà né la libertà di mercato, né la libertà di commercio, né una fraternità e solidarietà nel mondo, di cui oggi, con questa crisi internazionale, avremmo tantissimo bisogno”.

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ZENIT Staff

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