CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 6 ottobre 2008 (ZENIT.org).- La parola di Dio “ha un volto, è persona, Cristo”, ha affermato Benedetto XVI nella meditazione che ha tenuto questo lunedì mattina in apertura dei lavori della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
“Nel cammino della Parola, entrando nel mistero della sua incarnazione, del suo essere con noi, vogliamo appropriarci del suo essere, vogliamo espropriarci della nostra esistenza, dandoci a Lui che si è dato a noi”, ha osservato.
Con la sua incarnazione, infatti, Cristo “ha detto: io sono tuo. E nel Battesimo ha detto a me: io sono tuo. Nella sacra Eucaristia lo dice sempre di nuovo: io sono tuo, perché noi possiamo rispondere: Signore, io sono tuo”.
“Preghiamo il Signore di poter imparare con tutta la nostra esistenza a dire questa parola. Così saremo nel cuore della Parola. Così saremo salvi”, ha auspicato.
Il Pontefice ha ricordato che la Liturgia delle Ore proponeva “un brano del grande Salmo 118 sulla Parola di Dio: un elogio di questa sua Parola, espressione della gioia di Israele di poterla conoscere e, in essa, di poter conoscere la sua volontà e il suo volto”.
Meditando con i Vescovi alcuni versetti del brano, il Papa ha sottolineato che la Parola “è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita”.
“Chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo, sulla carriera, sui soldi”, “sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia”, ha osservato.
“Apparentemente queste sono le vere realtà. Ma tutto questo un giorno passerà. Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente”.
“Solo la Parola di Dio è fondamento di tutta la realtà, è stabile come il cielo e più che il cielo, è la realtà”, ha sottolineato. “Solo Dio è infinito. E perciò anche la sua Parola è universale e non conosce confine”.
“Tutto è creato dalla Parola e tutto è chiamato a servire la Parola”, ha proseguito, sottolineando che “questo vuol dire che tutta la creazione, alla fine, è pensata per creare il luogo dell’incontro tra Dio e la sua creatura, un luogo dove l’amore della creatura risponda all’amore divino, un luogo in cui si sviluppi la storia dell’amore tra Dio e la sua creatura”.
Il Pontefice ha riconosciuto che “siamo sempre alla ricerca della Parola di Dio”, ma ha avvertito che se ci si ferma alla lettera non necessariamente la si comprende realmente. “C’è il pericolo che noi vediamo solo le parole umane e non vi troviamo dentro il vero attore, lo Spirito Santo”.
Per questo motivo, “l’esegesi, la vera lettura della Sacra Scrittura, non è solamente un fenomeno letterario, non è soltanto la lettura di un testo. È il movimento della mia esistenza. È muoversi verso la Parola di Dio nelle parole umane”.
“Solo conformandoci al mistero di Dio, al Signore che è la Parola, possiamo entrare all’interno della Parola, possiamo trovare veramente in parole umane la Parola di Dio”, con la quale “usciamo dalla limitatezza delle nostre esperienze e entriamo nella realtà che è veramente universale”.
Entrando nella comunione con la Parola di Dio, ha ricordato Benedetto XVI, entriamo nella comunione della Chiesa che la vive, “usciamo nella comunione di tutti i fratelli e le sorelle, di tutta l’umanità”.
E’ per questa ragione che l’evangelizzazione, l’annuncio del Vangelo, la missione “non sono una specie di colonialismo ecclesiale”, ma “uscire dai limiti delle singole culture nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli”.
La parola di Dio, ha concluso il Papa, “è come una scala sulla quale possiamo salire e, con Cristo, anche scendere nella profondità del suo amore”.