I biblisti italiani scrivono ai partecipanti al Sinodo

L’esegesi scientifica e la riflessione credente non sono due “fronti contrapposti”

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di Mirko Testa

ROMA, domenica, 5 ottobre 2008 (ZENIT.org).- “La polarità ‘Processo esegetico ed ermeneutica credente’ non va intesa come una contrapposizione di due fronti”, è quanto affermano i biblisti italiani in una lettera indirizzata al Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), e ai partecipanti italiani al Sinodo dei Vescovi su “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

La lettera è stata elaborata dal Consiglio di Presidenza dell’Associazione Biblica Italiana (ABI) insieme agli studiosi presenti alla 40a Settimana Biblica Nazionale, che si è svolta dall’8 al 12 settembre 2008 presso il Pontifico Istituto Biblico di Roma, sul tema “Processo esegetico ed ermeneutica credente: una polarità intrinseca alla Bibbia”.

Nel suggerire alcuni spunti di riflessione per il Sinodo, gli autori ricordano che “l’esegesi delle Scritture, rigorosamente storica e letteraria, si realizza spesso all’interno di un orizzonte di fede che implica una comprensione ecclesiale della Bibbia e dei suoi testi, sia nel presente sia nella storia passata”.

“In maniera complementare – aggiungono -, l’ermeneutica credente si esercita molto spesso impiegando metodologie che sono applicate con sistematicità ed esplicita riflessione critica. Tuttavia nei due ambiti non è raro incontrare posizioni contrapposte, che si sono acutizzate negli ultimi anni”.

Nella lettera viene richiamata l’attenzione sul “rapporto tra esegesi scientifica e riflessione credente”: “il termine ‘esegesi’ allude ad un insieme di tecniche teorizzate, sperimentate e codificate, utilizzato per una lettura “scientifica” delle sacre Scritture, considerate anche come corpus di testi ispirati e autorevoli”.

“Tale lettura si propone all’intelligenza di ogni persona, a prescindere dalla sua decisione di fede – si aggiunge -. La varietà e la ricchezza dei metodi, progressivamente affinati, permette di avere prospettive sempre nuove nella lettura dei testi biblici”.

“Gli approfondimenti che ne derivano – si legge nella lettera -, si sedimentano all’interno della teologia e della cultura”, tanto che “alcuni risultati costituiscono veri e propri punti di non ritorno”.

“Tuttavia il lavoro esegetico, diversamente valutato nelle differenti culture, avviene in un contesto in cui è presente anche un’interpretazione delle Scritture guidata e alimentata dall’esperienza di fede – spiegano -. La riflessione credente si muove all’interno della storia e trae impulso dalla pluralità delle culture”.

“L’ermeneutica credente interroga i testi biblici per nutrire l’esistenza e la fede”, ricordano.

“Li interpreta – aggiungono poi – sulla base del presupposto che essi hanno un contenuto dottrinale assoluto e permanente (‘per la nostra salvezza’, DV 11-12) che deve essere tuttavia attualizzato nel processo della viva tradizione della fede e a partire dalla vita delle comunità cristiane e di ogni credente”.

“Nelle situazioni concrete le due polarità, teoricamente distinte, tendono a identificarsi grazie all’interazione e coincidenza d’interessi, che non escludono possibili conflitti e incomprensioni”.

Per questo, si sottolinea nella lettera, “l’esegesi dei testi biblici, anche se cerca la sua verità nell’applicazione rigorosa dei metodi scientifici, esige che lo studioso riconosca le istanze e i contenuti della fede inscritta nei testi stessi, già interpretati nel corso della storia”.

Allo stesso tempo, però, “l’ermeneutica credente […] esige una coerenza formale compiuta e, soprattutto, una severa verifica razionale non inferiore a quella dell’esegesi critica”.

Successivamente, pur rilevando in Italia “segnali di vivo interesse” per la Parola di Dio, così come i “frutti abbondanti” derivanti dal rinnovamento biblico scaturito dal Concilio Vaticano II, i biblisti affermano che “vi è ancora tanto lavoro da svolgere sia per quanto riguarda la formazione biblica di base, sia perché la Sacra Scrittura diventi ‘l’anima’ della vita ecclesiale”.

 Fondata nel 1948, l’ABI è riconosciuta dalla Conferenza Episcopale Italiana e conta attualmente circa 750 soci ordinari, tra cui docenti di Sacra Scrittura nelle università pontificie o di materie attinenti alla Bibbia che operano nelle università statali, e diversi Vescovi. I soci aggregati sono circa 150 e operano nel campo della pastorale biblica.

L’ABI rappresenta ufficialmente la CEI presso la Federazione Biblica Cattolica. Da un quindicennio coopera con il settore Apostolato Biblico dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, oltre a partecipare al Coordinamento della Associazioni teologiche italiane.

Inoltre, promuove e anima incontri di studio e di preghiera per favorire il dialogo ecumenico con i cristiani di altre confessioni presenti in Italia.

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ZENIT Staff

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