Appello al governo indiano dei Presidenti degli episcopati europei

Occorre intervenire per far cessare le violenze anticristiane

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BUDAPEST, giovedì, 2 ottobre 2008 (ZENIT.org).- In una nota diramata questo giovedì i Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa, riuniti in Assemblea Plenaria a Esztergom-Budapest (Ungheria) fino al 3 ottobre, hanno espresso seria preoccupazione per le notizie che continuano a giungere dall’India.

60 almeno i morti, migliaia di feriti e decine di migliaia le persone in fuga in seguito all’ondata di violenza scoppiata all’indomani dell’uccisione, il 23 agosto, nel distretto di Kandhamal, di Swami Laxmanananda Saraswati, leader degli estremisti del Visha Hindu Parishad, gruppo legato al  Bharatiya Janata Party, il più grande partito politico indiano, di impronta nazionalista-induista.

Secondo i dati forniti da “AsiaNews”, provenienti dall’All India Christian Council, oltre ai morti ci sono più di 18.000 feriti, 178 chiese distrutte, oltre 4.600 case bruciate e 13 scuole e centri sociali danneggiati.

Mentre sono più di 50 mila le persone rimaste senzatetto e molti coloro che si sono rifugiati nella foresta, timorosi di ritornare ai loro villaggi, col rischio di fame, malattie e pericoli.

Nel frattempo, altre distruzioni si sono verificate il 1° ottobre nel distretto di Kandhamal, quando gruppi nazionalisti indù hanno bruciato 5 case nel villaggio di Paningia, nella zona di Chakapad; mentre nel pomeriggio sono state bruciate 30 case in altri due villaggi nella zona di Rakia.

“Esprimiamo la nostra solidarietà ai cristiani del paese e ai loro Pastori – si legge nella nota dei Presidenti degli episcopati europei –, e chiediamo ai Governi e alle Istituzioni d’Europa di intervenire in ogni modo per far cessare queste violenze”.

“Siamo anche preoccupati per la situazione dei cristiani e delle altre minoranze religiose dell’Irak – aggiungono poi – , molti dei quali hanno dovuto fuggire dalla loro patria per le difficoltà di vivere liberamente la loro fede e chiediamo ai responsabili dei paesi europei di aprire le porte a queste persone, quale obbligo fondato sul rispetto dei diritti umani”.

La continua emigrazione dall’Iraq rappresenta infatti un disastro per la comunità cristiana, che è passata da un milione di fedeli nel 2003 ai quasi 400.000 attuali.

Infine, i Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa hanno detto di guardare “con apprensione all’evolversi della situazione in alcuni paesi dell’Africa e dell’America latina in cui è sempre più minacciata la dignità umana, la libertà di espressione e di religione”.

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ZENIT Staff

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