di Mirko Testa
ROMA, mercoledì, 1 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Indagare l’intimo legame che la fede cristiana ha intessuto con le molteplici manifestazione della creatività artistica è l’obiettivo principale del corso di aggiornamento su “La bellezza della fede” che verrà inaugurato con una conferenza, a Roma, l’8 ottobre prossimo.
Il corso è organizzato dall’Ufficio per la Pastorale Scolastica e l’Insegnamento della Religione Cattolica della Diocesi di Roma e dall’ISSR “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense (PUL). Le lezioni si terranno il mercoledì pomeriggio dalle ore 17.00 alle ore 19.00 presso la PUL.
Nel precedente anno accademico il corso ha affrontato soprattutto gli aspetti teorici del rapporto tra cristianesimo e fenomeno estetico, nonché le arti plastico-figurative. In questo secondo anno, il corso approfondirà invece il legame tra la fede cristiana e la letteratura, il teatro, il cinema e la musica.
Verrà innanzi tutto affrontato lo studio dei testi cristiani, cogliendone la valenza estetico-letteraria ed il loro possibile uso didattico e interdisciplinare.
Dopo una breve presentazione sul rapporto tra il teatro moderno e la sua matrice liturgica, si passerà alla “settima arte”, indagando la presenza del senso religioso e della fede nella produzione cinematografica. Infine si parlerà anche di musica, identificandone sia le origini religiose, sia – reciprocamente – l’influsso su di essa esercitato dalla fede cristiana.
Coordinatore del corso è il professor Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia Fondamentale della Facoltà Teologica della Pontificia Università Lateranense e Preside dell’ISSR Ecclesia Mater. I relatori sono tutti docenti di università pontificie e statali.
Intervistato da ZENIT, monsignor Lorizio, cui è stata affidata la conferenza inaugurale del corso, ha parlato del rischio per l’identità del credente dell’ “estetizzazione del cristianesimo”, spiegando che “è innegabile che il contesto religioso e anche teologico più recente tende a enfatizzare la dimensione estetica del credere, con il rischio di una deriva emozionale della fede stessa”.
“Di fronte a questa tendenza culturale vale il monito di Clemente Rebora: ‘Lungi da me la scorciatoia dell’arte, per fuggir la stretta via che salva!'”, ha aggiunto.
“Né bisogna dimenticare – ha poi avvertito – che l’atto di fede non si gioca solo sul piano dell’affettività e del sentimento, ma coinvolge tutta la persona, ossia anche la sua dimensione conoscitiva (ragione) e la sua volontà liberà”.
“Solo se si ha costantemente presente questa struttura prismatica della fede – ha precisato monsignor Lorizio – , si può recuperare in modo autentico e non riduttivo anche il livello degli affetti e delle emozioni, che trova nelle espressioni artistiche un luogo privilegiato di espressione ed attuazione”.
“Così da un lato siamo chiamati a non demonizzare questa importante dimensione dell’umano e dall’altro a non riportare ad essa tutto il complesso costituirsi del credere”, ha aggiunto, mettendo poi in guardia “da un sapere teologico che tenda a scimmiottare la letteratura stessa, rinunciando all’istanza veritativa che necessita anche un approfondimento speculativo e concettuale, che vada oltre il narrativo-poetico e le sue pur interessanti suggestioni”.
“Inoltre mi sembra di particolare interesse – ha osservato il Preside dell’Ecclesia Mater – il fatto che queste forme artistiche abbiano tutte a che fare con la parola, oltre che naturalmente per il teatro con la gestualità e per il cinema con l’immagine in movimento”.
“La parola le accomuna tutte e consente – attraverso il riferimento vocale – anche il recupero della musica e una riflessione teologica su questa forma artistica. Il riferimento al ‘logos’, caro a Benedetto XVI, diventa così fondamentale e chiama la riflessione a misurarsi sia con logos-parola che col logos-ragione e a scoprire il loro profondo legame”.
“Sarà allora necessario riprendere la riflessione filosofica sul linguaggio, accompagnandola con la tematica della Rivelazione gesto-parola, decisiva per la teologia fondamentale”.
Lorizio ha poi parlato della possibilità di comunicare la fede cristiana attraverso il linguaggio della bellezza, senza snaturarne il messaggio.
A questo proposito ha citato un passaggio tratto dall’opera più conosciuta del beato Antonio Rosmini, “Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa”, dove l’autore, mentre riflette sulla insufficiente educazione del clero, scrive: “la divina Scrittura era l’unico testo dell’istruzione popolare ed ecclesiastica. Questa Scrittura, che è veramente il libro del genere umano, il libro, la scrittura per antonomasia”.
“In un tal codice – continuava il filosofo di Rovereto – l’umanità è dipinta dal principio sino alla fine; comincia coll’origine del mondo, e termina colla futura sua distruzione; l’uomo si sente se stesso in tutte le modificazioni di cui è suscettivo, vi trova una risposta precisa, sicura e fino evidente, a tutte le grandi interrogazioni che ha sempre a fare a se stesso; e la mente di lui vi resta appagata colla scienza e col misterio, come il suo cuore vi resta pure appagato colla legge e colla grazia”.
“Egli – scriveva Rosmini – è quel libro ‘grande’ di cui parla il profeta scritto ‘collo stilo dell’uomo’ [Is 8, 1]; perocché in quel libro l’eterna verità parla in tutti que’ modi, a cui si piega l’umana loquela: ora narra, ora ammaestra, ora sentenzia, ora canta: la memoria vi è pasciuta colla storia; l’immaginazione dilettata colla poesia; l’intelletto illuminato colla sapienza; il sentimento commosso in tutti insieme questi modi”.
“La dottrina vi è così semplice, che l’idiota la crede fatta a posta per sé – continuava –; e così sublime, che il dotto dispera di trovarci il fondo: il dettato sembra umano, ma è Dio che in esso parla”.
“Veniamo così a trovarci – ha commentato monsignor Lorizio – di fronte al paradosso del bello (immanente e trascendente, effimero ed eterno, visibile e invisibile), attraverso il quale dare espressione al credere in modo non riduttivo”.
“I tentativi di togliere o superare tale paradosso sia in direzione spiritualistica che immanentistica – ha ooi sottolineato – finiscono comunque col vanificare la possibilità di dire il Dio di Gesù Cristo all’uomo di oggi e di tutti i tempi”.
Il corso si articola in 12 lezioni (più una di introduzione e una di conclusione), per un totale di 24 ore, corrispondenti ad un corso semestrale da 3 crediti ECTS. La partecipazione al corso è gratuita; è possibile iscriversi semplicemente compilando un modulo di iscrizione che sarà consegnato ai partecipanti all’inizio della prima lezione.
[Coloro che, al termine del corso, desiderassero un attestato di partecipazione, potranno farne richiesta presso la segreteria dell’Ecclesia Mater versando la quota di € 10,00].