ROMA, martedì, 17 giugno 2008 (ZENIT.org).- "Approfondire il rapporto tra Chiesa e mass media" è il messaggio lanciato dal Cardinale Péter Erdő durante l'incontro annuale degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze Episcopali d'Europa, svoltosi a Roma dall'11 al 14 giugno.
All'incontro, sul tema "Le sfide della comunicazione per la Chiesa oggi in Europa", hanno partecipato 36 rappresentanti di 23 Conferenze Episcopali: Austria, Belgio, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Rep. Ceca, Romania, Russia, Svezia, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina e Ungheria.
L'evento, promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE), è stato ospitato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
"L'incontro annuale degli addetti stampa è finalizzato a promuovere il dialogo, la collaborazione e lo scambio di informazioni tra gli operatori della comunicazione delle Conferenze episcopali - ricorda un comunicato del CCEE ricevuto da ZENIT -. In questi anni si constata che la rete degli addetti stampa delle Conferenze episcopali d'Europa cresce e si sta sempre più intensificando".
Il Cardinale Erdő, presidente del CCEE, ha sottolineato "l'urgenza di approfondire il rapporto tra Chiesa e mass media in un periodo storico complesso in cui attorno alla Chiesa viene fatta tanta disinformazione".
Monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della CEI, ha affermato dal canto suo che "la responsabilità più grande della Chiesa è quella di investire nella formazione per avere persone che abbiano capacità critica davanti ai media e possano contribuire a trasmettere nei media un'immagine di Chiesa autentica e non una sua maschera come troppe volte accade anche in Italia", riporta il comunicato.
Tra le questioni affrontate nel corso dell'incontro, "Comunicare la Chiesa e i processi di costruzione dell'opinione pubblica", "Il fenomeno delle migrazioni e i Media" e "Religioni e Media".
Sulle migrazioni, padre Gianromano Gnesotto, direttore dell'Ufficio per la pastorale degli immigrati esteri in Italia e dei profughi della Fondazione Migrantes, ha sottolineato che "il meccanismo di semplificazione ha portato il giornalismo a mettere l'accento su quanto colpisce l'immaginario collettivo, sbilanciando e trattando l'immigrazione più come ‘problema' che come fenomeno, con punte di allarmismo, generatore d'ansia".
"Niente riguardo alla provenienza, l'appartenenza, la cultura, la fede - ha lamentato -. Mentre per una convivenza non solo pacifica, ma di collaborazione, diventa importante definire le identità, operare delle distinzioni, conoscere le provenienze e ripassare un po' di storia e geografia".
Per rimediare a questo, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana propone un protocollo deontologico definito "Carta di Roma", in cui si chiede ai giornalisti di "osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati...", in particolare "adottando termini giuridicamente appropriati; evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte; tutelando coloro che scelgono di parlare con i giornalisti ed interpellando esperti in materia per poter fornire al pubblico l'informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni".
Circa la questione "Religioni e Media", Mario Marazziti, giornalista e responsabile della comunicazione della Comunità di Sant'Egidio, ha sottolineato che "l'informazione religiosa deve misurarsi con alcuni limiti fatti di abitudine e di difficoltà oggettive: difficoltà a misurarsi con la complessità, amore della controversia e della rappresentazione del reale attraverso contrapposizioni, semplificazione strutturale del racconto e della comunicazione nelle coppie vecchio/nuovo, conservatore/progressista, democrazia/autoritarismo".
Il termine "dialogo", inoltre, "ha perso una immediata connotazione positiva e non di rado viene accompagnato da sentimenti preoccupati della ‘perdita di identità', della categoria del ‘cedimento' o della ‘svendita'".
"Oggi il comunicatore cristiano è chiamato ad un servizio che è quello di ricostruire le ragioni del rispetto dell'altro e della convivenza", ha osservato.
Paolo Bustaffa, direttore del SIR, Servizio Informazioni Religiose, ha detto alla "Radio Vaticana" che "la comunicazione è un tema che appassiona e preoccupa tutte le Chiese in Europa" e che è importante "comprendere quale linguaggio la Chiesa in Europa è chiamata a trovare, ad approfondire e a qualificare per poter comunicare il Vangelo all'uomo di oggi alle culture di oggi".
"Ciò che è importante e fondamentale - ha osservato - è giocare in squadra, insieme, in una sinergia che non è fatta semplicemente di tecniche e di organizzazione del lavoro, ma di volontà culturale, di stima reciproca delle persone".
Bustaffa ha lodato la "Carta di Roma", che prevede un percorso di formazione dei giornalisti al fenomeno migratorio "per far sì che non venga ridotto semplicemente ad un problema e quindi scegliendo i sentieri della semplificazione, costruendo una opinione pubblica sempre più fondata sulla paura, sull'ostilità, sulla diffidenza, sul sospetto".
"Credo che noi dobbiamo dire grazie agli immigrati, perché ci hanno costretto con la loro persona e con il loro volto a verificare la nostra etica professionale", ha confessato.
Il prossimo incontro degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali d'Europa si svolgerà prima dell'assemblea plenaria della Commissione Episcopale Europea per i Media (CEEM), prevista per marzo 2009.
Il rapporto tra la Chiesa e il mondo dei media sarà al centro della prossima assemblea plenaria del CCEE, che si svolgerà a Esztergom-Budapest (Ungheria) dal 30 settembre al 3 ottobre alla presenza dei presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa.