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Cari Fratelli vescovi,
con grande gioia porgo a voi, vescovi del Bangladesh, il benvenuto in occasione della vostra visita quinquennale sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Ringrazio l’arcivescovo Costa per le cordiali parole che mi ha rivolto a vostro nome. Il vostro amore generoso per Dio, la vostra sollecitudine per il popolo che vi è stato affidato dal Signore Gesù e il vostro vincolo di unità nello Spirito Santo sono per me motivo di gioia profonda e di rendimento di grazie.
L’integrità personale e la santità di vita sono elementi essenziali della testimonianza di un vescovo poiché prima di trasmettere la Parola, deve ascoltarla (cfr Pastores gregis, n. 15). Ancora una volta la nostra esperienza cristiana dimostra il paradosso evangelico che la gioia e le realizzazioni devono essere ottenute mediante il dono completo di sé per Cristo e per il suo Regno (cfr Mc 8, 35). I vescovi sono chiamati a essere pazienti, miti e gentili nello spirito delle beatitudini. In tal modo conducono gli altri a vedere tutte le realtà umane alla luce del Regno dei Cieli (cfr Mt 5, 1-12). La loro testimonianza personale di integrità evangelica è rafforzata e completata dai numerosi frutti di grazia che lo Spirito produce nei fedeli mentre tendono alla perfezione della carità (cfr Lumen gentium, n. 39). Per questo motivo, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio Onnipotente per la crescita e il fervore della comunità cattolica in Bangladesh, in particolare nelle numerose sfide quotidiane che deve affrontare. Molti membri del vostro popolo soffrono per la povertà, l’isolamento e la discriminazione e guardano a voi per una guida spirituale che li conduca a riconoscere nella fede e a sperimentare in anticipo il fatto di essere veramente benedetti da Dio (cfr Lc 6, 22).
Quali successori degli apostoli siete chiamati in modo particolare a insegnare al popolo scelto di Dio, avvalendovi dei molti doni che Dio ha concesso alla sua comunità per l’efficace trasmissione del deposito della fede. A questo proposito, apprezzo i vostri sforzi per garantire che i catechisti laici siano un numero sufficiente, ben preparati e ottengano il dovuto riconoscimento da parte dei fedeli. Prego affinché il loro esempio e la loro volontà di dedizione spingano altri laici, uomini e donne, a svolgere un ruolo più attivo negli apostolati ecclesiali. Come avete appreso dalla vostra esperienza pastorale i catechisti svolgono un ruolo integrale nel preparare i laici a ricevere i Sacramenti. Ciò è particolarmente vero nell’opera sempre più importante di preparare giovani uomini e donne a riconoscere il sacramento del matrimonio come alleanza di amore fedele per tutta la vita e cammino di santità. Ho spesso espresso preoccupazione per la difficoltà che le donne e gli uomini moderni incontrano nell’impegnarsi per tutta la vita (cfr Discorso ai vescovi degli Stati Uniti d’America, 16 aprile 2008).
È urgente che tutti i cristiani riaffermino la gioia del dono totale di sé in risposta alla chiamata radicale del Vangelo. Un segno chiaro di questo impegno radicale è presente nelle numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata che la Chiesa nel vostro Paese sta attualmente sperimentando. Incoraggio i vostri sforzi per offrire a questi candidati una formazione adatta che rechi frutti abbondanti. A questo proposito, desidero anche esprimere la mia sentita gratitudine per l’assistenza generosa offerta dalla Chiesa in altri Paesi, in particolare in Corea, nella preparazione dei vostri seminaristi e sacerdoti.
La Chiesa è cattolica: una comunità che accoglie persone di tutte le razze e lingue e non è limitata a una cultura o a un particolare sistema politico, economico o sociale (cfr Gaudium et spes, n. 42). Essa è al servizio dell’intera famiglia umana, condividendo liberamente i suoi doni per il benessere di tutti. Ciò le conferisce un’abilità connaturale nel promuovere l’unità e la pace. Miei cari fratelli, voi e il vostro popolo, quali promotori di armonia e di pace, avete molto da offrire alla nazione. Amando il vostro Paese ispirate tolleranza, moderazione e comprensione. Incoraggiando le persone che condividono valori importanti a cooperare per il bene comune contribuite a consolidare la stabilità del vostro Paese e a mantenerlo per il futuro. Questi sforzi, per quanto sottili, offrono supporto effettivo alla maggioranza dei vostri concittadini che sostengono la nobile tradizione di rispetto reciproco, tolleranza e armonia sociale del Paese. Che possiate continuare a sostenere e consigliare i laici cattolici e quanti desiderano offrire il proprio servizio per il bene della società nel settore pubblico, nelle comunicazioni sociali, nell’educazione, nella sanità e nell’assistenza sociale! Che gioiscano sempre nel sapere che Cristo accetta come gesto di amore personale qualsiasi tipo di bene venga fatto al più piccolo dei suoi fratelli (cfr Mt 25, 40)!
Sono consapevole delle recenti iniziative che avete preso nel campo del dialogo interreligioso e vi esorto a perseverare con dedizione paziente in questo aspetto essenziale della missione ad gentes della Chiesa (cfr Ecclesia in Asia, n. 31). Infatti, si può ottenere molto bene quando il dialogo viene condotto in spirito di comprensione e collaborazione reciproche in verità e libertà. Tutti gli uomini e tutte le donne hanno l’obbligo di cercare la verità. Quando la trovano, sono sfidati a plasmare la propria vita secondo le sue esigenze (cfr Dignitatis humanae, n. 2). Di conseguenza, il contributo più importante che possiamo apportare al dialogo interreligioso è la nostra conoscenza di Gesù di Nazareth «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6). Il dialogo, basato sul rispetto reciproco e sulla verità, non può non avere una influenza positiva sul clima sociale del vostro Paese. La delicatezza di questo compito richiede una preparazione accurata del clero e dei laici e bisogna offrire loro una conoscenza più approfondita della loro fede e poi aiutarli ad accrescere la comprensione dell’islam, dell’induismo, del buddismo e delle altre religioni presenti nella regione.
Alla fine di questo mese cominceremo la celebrazione dell’Anno paolino che per tutta la Chiesa sarà un rinnovato invito ad annunciare con incessante coraggio la Buona Novella di Gesù Cristo. San Paolo non provava vergogna nel predicare il Vangelo. In esso vedeva la forza salvifica di Dio (cfr Rm 1, 16). Sono consapevole delle difficoltà di questa missione a voi affidata. Come i primi cristiani siete una piccola comunità in una grande popolazione non cristiana. La vostra presenza è un segno del fatto che la predicazione del Vangelo, che è cominciata a Gerusalemme e in Giudea, continua a diffondersi fino agli estremi confini della terra secondo la destinazione universale che il Signore ha voluto per essa (cfr At 1, 8).
Le mie preghiere vi accompagnano mentre guidate i vostri sacerdoti, i religiosi, uomini e donne, e i laici lungo il cammino segnato da così tanti missionari impegnati, a cominciare da san Francesco Saverio, che ha portato il Vangelo nel vostro Paese. La Chiesa che rappresentate «proclama la Buona Novella con rispetto e stima amorevole nei confronti di quanti l’ascoltano» (Ecclesia in Asia, n. 20). Continuate a svolgere questo compito con bontà, semplicità e «creatività nella carità» (cfr Pastores gregis, n. 73), secondo le vostre doti, le vostre grazie specifiche e gli strumenti a vostra disposizione. Abbiate fiducia nel Signore che apre il cuore di chi ascolta per considerare ciò che viene annunciato nel suo nome (cfr At 16, 14).
Cari Fratelli vescovi, so che traete grande coraggio e ispirazione dalle parole di Cristo che vi ha detto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo» (Mt 28, 20). Vi prego, una volta tornati nel vostro Paese, di trasmettere il mio incoraggiamento orante e i miei affettuosi buoni auspici ai sacerdoti, ai religiosi, uomini e donne, ai catechisti e a tutto il vostro amato popolo. A ognuno di voi e a quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.
[Traduzione a cura de “L’Osservatore Romano”]