Beatificata a Napoli suor Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso

“Una beata tutta napoletana”, la definisce il Cardinale Sepe

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NAPOLI, martedì, 3 giugno 2008 (ZENIT.org).- E’ stata beatificata questa domenica nella Cattedrale di Napoli Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso, al secolo Giuseppina Catanea, carmelitana scalza nata nel 1896 e morta nel 1948.

Nell’omelia della celebrazione, il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, l’ha definita “una beata tutta napoletana” e ha ricordato che la testimonianza ricevuta in famiglia fu “la scuola” in cui imparare “a conoscere Gesù e a innamorarsi di lui”, riporta “L’Osservatore Romano”.

Colpita da una forma grave di tubercolosi alla spina dorsale che l’aveva completamente paralizzata, guarì per intercessione di San Francesco Saverio, che le era apparso in sogno e la cui reliquia del braccio fu portata nella sua cella in convento.

Incaricata dell’apostolato nel parlatorio del convento carmelitano, da lì suor Giuseppina fece “dilagare la luce di Cristo nelle anime” portando la sua fama a diffondersi oltre la città e ad arrivare fino in America.

La vita di clausura di suor Giuseppina, ha osservato il Cardinale, “non è stata un limite o una chiusura, ma una provvidenziale occasione e opportunità per riversare nel cuore della nostra gente una luce di speranza”.

“La sorgente di questo fecondo apostolato è la piena e perfetta unione della nostra beata con Cristo Crocifisso, l’innamorato che la riempie di amore e la fa gioire anche nella sofferenza”, ha aggiunto; “più si innamora di Cristo, più le prove e le sofferenze ne caratterizzano l’ascesi”.

Per tutta la sua vita, la suora “sarà ‘mangiata’, consumata dagli altri, ai quali trasfonde tutto il suo amore per Cristo suo sposo”.

Il 14 marzo del 1948, domenica di Passione, suor Maria Giuseppina morì a 54 anni.

La sepoltura venne differita perché nonostante la cancrena la salma sembrava “un corpo vivo, flessibile, colorito”, solo addormentato. Il corpo della religiosa venne visitato da personaggi illustri e da alcuni professori dell’Università di Napoli, che trovano il fenomeno “inspiegabile”.

“Ma, forse, il vero prodigio è il continuo pellegrinaggio che fedeli di ogni categoria e da ogni parte continuano a compiere, ancora accolti dalle figlie spirituali di madre Giuseppina le quali con delicatezza, gioia e amore si prodigano per ricevere, confortare e aiutare quanti vengono al convento, nello spirito e nello stile tipicamente napoletano della Madre”, ha commentato il Cardinale Sepe.

“Chiediamo alla beata Giuseppina di Gesù Crocifisso di continuare a intercedere per il suo Carmelo, per il Vescovo e la Diocesi di Napoli, per il Santo Padre, per la Chiesa universale – ha concluso il porporato –. Sia Ella, per tutti, ‘l’anello di congiunzione’ tra Cristo e l’umanità sofferente, ad esempio di Maria, la Mamma Buona del popolo napoletano”.

Nel messaggio che ha letto in occasione della cerimonia di beatificazione, il Cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha affermato che la Chiesa di Napoli deve “al Carmelo, in quanto luogo e scuola di santità, non solo il dono prezioso di una sua figlia elevata all’onore degli altari, ma anche il più autorevole richiamo alla vocazione universale alla santità, al suo insostituibile valore, alla sua perenne attualità”.

Rivolgendosi ai “cari napoletani”, il Cardinale li ha definiti “figli di santi” e li ha esortati a imparare da questi “a elevare, fino alle realtà celesti, gli orizzonti della speranza, senza dismettere l’impegno all’edificazione della città terrena, pur con tutte le sue problematiche, urgenti e inquietanti”.

“Più noi contempliamo il Signore, in mezzo ai suoi santi, entrando in viva comunione con Lui, più forte si fa in noi la speranza dell’impegno fattivo ed efficace a migliorare, a cambiare il mondo circostante”.

Circa il messaggio della beata Giuseppina, per il porporato aiuta a comprendere meglio “l’esigenza ineludibile della dimensione contemplativa nella vita di ogni cristiano”, indicando anche “la strada concreta per coltivarla”.

La vita della nuova beata “è stata una vera scuola di carità, sia verso le consorelle, che verso il largo campo di apostolato, da lei, pur essendo monaca di clausura, coltivato unicamente per fare amare di più il Signore”.

“Voglio vivere cibandomi della volontà di Dio… Voglio che la mia volontà sia un solo impasto con la volontà di Dio”, ha aggiunto il Cardinale citando una frase della beata che rappresenta il programma della sua vita, “programma che deve essere la grande aspirazione di ogni cristiano, in piena conformità alla parola di Cristo, Unico e Supremo modello”.

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ZENIT Staff

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