Alessio II: la testimonianza del Vangelo, base dell’unità dei cristiani

ROMA, venerdì, 11 gennaio 2008 (ZENIT.org).- La testimonianza comune dei valori evangelici è una delle basi principali sulle quali procedere nel cammino verso l’unità dei cristiani, ha affermato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II.

In un’intervista che verrà pubblicata sul prossimo numero del mensile “30Giorni”, in uscita il 16 gennaio, il Patriarca affronta il delicato tema dell’unità tra cattolici e ortodossi.

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Alessio II, al secolo Alexei Michailovich Ridiger, è nato a Tallinn (Estonia) nel 1929 ed è salito al trono patriarcale di Mosca il 10 giugno del 1990, tre giorni dopo la sua elezione.

Secondo lui, “ogni divisione nell’ambito ecclesiale è frutto della volontà umana peccatrice, mentre l’unità è dono dello Spirito Santo”.

“Il processo di ricostruzione dell’unità – ha commentato – richiede tempi lunghi e un impegno serio”.

Nell’intervista, il Patriarca si è detto “profondamente convinto che la fedeltà all’antica tradizione apostolica e all’eredità patristica possa diventare il fondamento della collaborazione tra la Chiesa romano-cattolica e quella ortodossa nella loro testimonianza dei valori del Vangelo di fronte al mondo contemporaneo”.

La necessità di questo “è evidente, in quanto la cultura del relativismo morale imposta alla società, il consumismo, la tendenza irrefrenabile al benessere e ai piaceri non sono in grado di accontentare la sete spirituale che è sempre presente nell’uomo”.

Alessio II ha notato con rammarico che “purtroppo, una perversa rincorsa a un tale sistema di valori ‘avanzato’ si manifesta sempre più spesso anche in alcune confessioni cristiane”.

Per questo motivo, la Chiesa ortodossa e quella cattolica “dovrebbero unire le forze in una sequela senza compromessi dei comandamenti di Cristo, e non, invece, adattarsi continuamente al mondo secolare che è in continuo mutamento”.

Per “la costruzione di un dialogo autentico e ampio, che non si rinchiuda soltanto nell’ambito ufficiale”, ha sottolineato, i contatti personali e le iniziative comuni dei rappresentanti delle due Chiese significano molto.

In Russia i cattolici rappresentano una ridottissima minoranza, “in buona parte composta da stranieri, soprattutto tra il clero”.

“La Chiesa ortodossa russa, alla quale appartiene la stragrande maggioranza della popolazione, è attentissima a rispettare il diritto dei cattolici a una propria vita ecclesiastica in Russia, e per questo tende alla costruzione di relazioni cordiali e di mutuo rispetto con la comunità cattolica russa”.

In questo senso, ha osservato il Patriarca, il dialogo “‘dal basso’ è semplicemente insostituibile. E se c’è da entrambe le parti questa volontà, allora un tale dialogo deve aiutare a eliminare nei nostri rapporti le tracce delle passate incomprensioni e a evitarne di nuove”.

La comprensione è stata un elemento fondamentale anche per ritrovare l’unità con la Chiesa ortodossa russa all’estero, avvenuta nel maggio scorso con la firma di un documento di riunificazione tra Alessio II e il Metropolita Laurus, leader della Chiesa ortodossa all’estero, con sede a New York.

Per Alessio II, si è trattato di “un avvenimento di importanza epocale nella vita della nostra Chiesa e in quella del popolo russo in generale”.

“La divisione, durata ottant’anni, era dovuta ai cataclismi storici di cui la Russia fu teatro agli inizi del XX secolo. A molti toccò bere l’amaro calice dell’esilio, mentre quanti rimasero in patria dovettero assistere all’ancora più terribile persecuzione della Chiesa”, ha ricordato.

Per superare la divisione, ha spiegato, “occorreva che tutti comprendessero a fondo quello che era accaduto nel XX secolo e traessero una lezione ben precisa da quanto la Chiesa aveva dovuto subire”.

“I fratelli all’estero hanno preso a interessarsi sempre più della vita in patria. […] E il ghiaccio della diffidenza ha cominciato a sciogliersi”.

L’elemento più importante che ha portato alla riunificazione, ha commentato, è stata “la graduale conoscenza reciproca attraverso l’esperienza della preghiera e della vita cristiana”.

“È lo Spirito di Dio ad averci condotto all’unità, questo è ciò che ha avvertito chi ha preso parte ai colloqui. E dove opera lo Spirito Santo svaniscono le offese umane transeunti, le incomprensioni e le parzialità che per lunghi anni hanno reso più grande la separazione”, ha detto.

Perché, ha concluso, “l’amore e la gioia nel Signore vincono”.

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ZENIT Staff

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