CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 29 febbraio 2008 (ZENIT.org).- L'attività caritativa della Chiesa non deve essere confusa con la filantropia e deve testimoniare che la vita non si misura sulla la sua efficienza, ha detto venerdì il Papa ricevendo i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”

Da giovedì 28 febbraio fino a sabato 1º marzo questo organismo vaticano, che coordina le attività caritatevoli del Papa, si è riunito attorno al tema: “Qualità umane e spirituali di chi opera negli organismi caritativi cattolici”.

Tra gli obiettivi della Plenaria c'è quello di proporre una rilettura dell'Enciclica di Benedetto XVI "Deus caritas est" e di verificare se e in quale modo sia cambiato il modo di operare di quanti sono impegnati nella opere caritative della Chiesa.

Nella sua udienza, il Papa ha da subito espresso la sua “riconoscenza a coloro che, a diverso titolo, operano nel settore caritativo, manifestando con i loro interventi che la Chiesa si rende presente, in maniera concreta, accanto a quanti si trovano coinvolti in qualche forma di disagio e di sofferenza”.

Successivamente, ha ricordato i molti cristiani “che spendono tempo ed energie per far giungere non solo aiuti materiali, ma anche un sostegno di consolazione e di speranza a chi versa in condizioni difficili, coltivando una costante sollecitudine per il vero bene dell’uomo”.

Per questa ragione, ha aggiunto, “l’attività caritativa occupa così un posto centrale nella missione evangelizzatrice della Chiesa”, perché costituisce “un terreno privilegiato di incontro anche con persone che ancora non conoscono Cristo o lo conoscono solo parzialmente”.

Richiamando quindi una delle questioni affrontate durante la Plenaria, ovvero la formazione integrale e continua dei responsabili e degli operatori della varie istanze caritative cattoliche, il Pontefice ha sottolineato l'importanza della “formazione del cuore”.

La “formazione intima e spirituale – ha spiegato – che, dall’incontro con Cristo, fa scaturire quella sensibilità d’animo che sola permette di conoscere fino in fondo e soddisfare le attese e i bisogni dell’uomo”.

Infatti, “è proprio questo che rende possibile l’acquisizione degli stessi sentimenti di amore misericordioso che Dio nutre per ogni essere umano” e “nei momenti di sofferenza e di dolore è questo l’approccio necessario”.

Una conseguenza di ciò è che l’aiuto che si offre “non deve mai ridursi a gesto filantropico, ma deve essere tangibile espressione dell’amore evangelico”, ha sottolineato il Papa, così come la “missione non si esaurisce nell’essere operatori di servizi sociali, ma nell’annuncio del Vangelo della carità”.

La sequela di Cristo, ha spiegato, è una chiamata “ad essere testimoni del valore della vita, in tutte le sue espressioni, difendendo specialmente la vita dei deboli e dei malati, seguendo l’esempio della Beata Madre Teresa di Calcutta, che amava e si prendeva cura dei moribondi, perché la vita non si misura a partire dalla sua efficienza, ma ha valore sempre e per tutti”.

“Questi operatori ecclesiali – ha affermato il Papa – sono chiamati ad essere testimoni dell’amore, del fatto cioè che siamo pienamente uomini e donne quando viviamo protesi verso l’altro; che nessuno può morire e vivere per se stesso; che la felicità non si trova nella solitudine di una vita ripiegata su se stessa, ma nel dono di sé”.

“Infine – ha concluso Benedetto XVI – chi lavora nell’ambito delle attività ecclesiali, deve essere testimone di Dio, che è pienezza di amore ed invita ad amare”:

Il Pontificio Consiglio “Cor unum” è stato istituito da Papa Paolo VI il 15 luglio 1971 con la Lettera autografa Amoris Officio. Nel 2007 ha distribuito aiuti per un totale di 2.133.710 dollari statunitensi.