Benedetto XVI consiglia l'uso del latino nelle Messe internazionali

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 13 marzo 2007 (ZENIT.org).- Nella sua Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, Benedetto XVI ha chiesto che non si perda l’uso del latino nelle Messe, soprattutto quando vi partecipano fedeli di Paesi e lingue diversi, “oggi sempre più frequenti”.

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La richiesta del Papa raccoglie una delle 50 Proposizioni dei Vescovi che hanno partecipato al Sinodo sull’Eucaristia nell’ottobre 2005.

“Per meglio esprimere l’unità e l’universalità della Chiesa”, “in sintonia con le direttive del Concilio Vaticano II”, il Papa raccomanda: “eccettuate le letture, l’omelia e la preghiera dei fedeli, è bene che tali celebrazioni siano in lingua latina”.

Il Pontefice suggerisce, inoltre, che “siano recitate in latino le preghiere più note della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano”.

“Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia”, ha osservato.

Il 13 marzo, presentando il documento ai giornalisti, il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, ha risposto alle domande sulla possibilità di un documento papale mirato a ristabilire il messale di Pio V, ovvero il modo in cui si celebrava la Messa prima del Concilio Vaticano II.

Il Cardinal Scola ha confessato di non avere informazioni e ha considerato che la chiave per l’uso di questo messale sta nel fatto che non si producano motivi di divisione nella Chiesa.

“Sarebbe una contraddizione in termini, se l’azione liturgica diventasse un principio di divisone nella Chiesa”, ha spiegato.

“Ciò che il Sinodo dice dal punto di vista del ricorso alla lingua latina o al canto gregoriano chiarisce molto bene e può contribuire a sanare eventuali incomprensioni o difficoltà”, ha affermato.

Il porporato ha quindi esposto la situazione del patriarcato di Venezia, dove “da parecchi anni” si è concesso “di celebrare ogni domenica l’Eucaristia in latino, con l’indulto. E il tutto avviene con grande correttezza ed enorme rispetto, e non esiste alcuna tensione tra clero e popolo”.

“Nella storia dell’uso dei riti nella Chiesa non è mai successo che l’introduzione di un nuovo rito coincidesse con l’abolizione del rito precedente”, ha ricordato.

“Si tratta di far camminare in maniera equilibrata la comunione rispettando le indicazioni oggettive”; “non si può nel modo più assoluto gettare ombra sul cosiddetto rito di Paolo VI o sul significato, il valore, la grande e decisiva importanza della riforma liturgica”.

“La riforma liturgica del Vaticano II, implicando il mutamento radicalissimo del passaggio alla lingua vernacola oltre l’introduzione del nuovo rito, ha bisogno di decenni di assestamento”, ha poi concluso il Cardinale Scola.

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ZENIT Staff

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