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Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di accogliere ciascuno di voi, che fate parte del Comitato Scientifico e del Comitato Esecutivo dell’Istituto Paolo VI, promosso dall’”Opera per l’Educazione Cristiana” di Brescia, allo scopo di favorire lo studio della vita, del pensiero e dell’attività di questo indimenticabile Pontefice. Vi saluto tutti cordialmente, a cominciare dai Signori Cardinali presenti. In particolare, saluto il Dr. Giuseppe Camadini e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto nella sua qualità di Presidente del vostro Istituto. Porgo poi uno speciale saluto a Mons. Giulio Sanguineti, Vescovo della diocesi nella quale questo mio venerato Predecessore è nato, è stato battezzato ed ordinato sacerdote. A lui sono grato anche per quanto autorevolmente fa per sostenere ed accompagnare l’attività di una così benemerita Istituzione. Grazie, cari amici, per avermi offerto in dono un esemplare di tutte le pubblicazioni finora da voi edite. Si tratta di una ben vasta serie di volumi, che testimoniano il notevole lavoro da voi svolto in oltre 25 anni.
Ho avuto modo, come è stato detto, di conoscere anch’io l’attività del vostro Istituto. Ne ho ammirato la fedeltà al Magistero, come pure l’intento di onorare un grande Pontefice, del quale è vostra cura far risaltare l’anelito apostolico, grazie ad un rigoroso lavoro di ricerca e ad iniziative di elevato spessore scientifico ed ecclesiale. Al Servo di Dio Paolo VI io mi sento molto legato personalmente per la fiducia che ebbe a mostrarmi nominandomi Arcivescovo di Monaco di Baviera e, tre mesi dopo, annoverandomi nel Collegio Cardinalizio nel 1977. Egli fu chiamato dalla Provvidenza divina a guidare la barca di Pietro in un periodo storico segnato da non poche sfide e problematiche. Nel ripercorrere col pensiero gli anni del suo pontificato, colpisce l’ardore missionario che lo animò e che lo spinse ad intraprendere impegnativi viaggi apostolici anche verso nazioni lontane, a compiere gesti profetici di alta valenza ecclesiale, missionaria ed ecumenica. Fu il primo Papa a recarsi nella Terra dove Cristo visse e dalla quale Pietro partì per venire a Roma. Quella visita, appena sei mesi dopo la sua elezione a Sommo Pastore del Popolo di Dio e mentre era in corso il Concilio Ecumenico Vaticano II, rivestì un chiaro significato simbolico. Indicò alla Chiesa che la via della sua missione è di ricalcare le orme di Cristo. Questo fu appunto quanto il Papa Paolo VI cercò di fare nel corso del suo ministero petrino, che esercitò sempre con saggezza e prudenza, in piena fedeltà al comando del Signore.
In effetti, il segreto dell’azione pastorale che Paolo VI svolse con instancabile dedizione, adottando talora decisioni difficili e impopolari, sta proprio nel suo amore per Cristo: amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante “la civiltà dell’amore”, nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo. Come dimenticare, ad esempio, quelle parole che anch’io, allora presente come Perito al Concilio Vaticano II, ebbi ad ascoltare nella Basilica Vaticana all’apertura della Seconda Sessione, il 29 settembre 1963? “Cristo nostro principio – proclamò con intimo trasporto Paolo VI e sento ancora la sua voce – Cristo nostra via e nostra guida! Cristo nostra speranza e nostro termine… Nessun’altra luce si libri in questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessun’altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro Maestro; nessun’altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio di essere a Lui assolutamente fedeli” (Insegnamenti di Paolo VI, I [1963], 170-171). E fino all’ultimo respiro il suo pensiero, le sue energie, la sua azione furono per Cristo e per la Chiesa.
Il nome di questo Pontefice, che l’opinione pubblica mondiale comprese nella sua grandezza proprio in occasione della morte, resta soprattutto legato al Concilio Vaticano II. Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro.
Con il passare degli anni appare sempre più evidente l’importanza per la Chiesa e per il mondo del suo pontificato, come pure il valore del suo alto magistero, a cui si sono ispirati i suoi Successori, ed al quale anch’io continuo a far riferimento. Colgo, pertanto, volentieri l’odierna circostanza per rendergli omaggio, mentre vi incoraggio, cari amici, a proseguire nel lavoro che avete da tempo intrapreso. Facendo mia l’esortazione che vi indirizzò l’amato Papa Giovanni Paolo II, vi ripeto volentieri: “Studiate Paolo VI con amore… studiatelo con rigore scientifico… studiatelo con la convinzione che la sua eredità spirituale continua ad arricchire la Chiesa e può alimentare le coscienze degli uomini di oggi, tanto bisognosi di parole di vita eterna” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1980, pp. 187-189). Cari fratelli e sorelle, grazie ancora per la vostra visita; vi assicuro un ricordo nella preghiera e benedico con affetto voi, le vostre famiglie e tutte le iniziative dell’Istituto Paolo VI di Brescia.
[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]