FATIMA, giovedì, 7 settembre 2006 (ZENIT.org).- Un imperativo dei nostri giorni è “fare della verità una compagna di vita”, ha affermato monsignor Rino Fisichella nella conferenza di apertura del V Simposio del Clero del Portogallo, in svolgimento fino all’8 settembre a Fatima.
“La verità deve attestare il suo posto, non nell’organigramma della scienza ma nella vita delle persone, perché si possa arrivare all’esistenza piena di senso”, ha detto davanti ai 400 sacerdoti partecipanti, come ha riferito Fátima Missionária.
“Abbiamo paura di confrontarci fino alla fine con il problema della verità. E il primo ad esserne danneggiato è il cristianesimo”, ha sottolineato il Rettore della Pontificia Università Lateranense (PUL).
Monsignor Fisichella ha avvertito che nel contesto attuale delle nostre società “l’emotività sostituisce la ragione”, la concezione della vita si definisce individualista e la tecnica assume un ruolo di primo piano.
Il presule ha difeso la necessità di riflettere sul contesto in cui si realizza l’annuncio, perché non farlo vorrebbe dire “pensare che il nostro linguaggio è compreso, il che è quantomeno discutibile”.
Il teologo e Rettore della PUL ha inoltre sottolineato che “se i cristiani sono invitati ad essere portatori dell’annuncio di salvezza” e a rispondere alla domanda ultima del senso della vita, i sacerdoti, per le loro caratteristiche e il ministero che svolgono, devono analizzare questa realtà con una preoccupazione superiore.
In caso contrario, ha avvertito, “corriamo il rischio di usare linguaggi che non sono più comprensibili per le categorie dei nostri contemporanei”.