Dove Dio manca, anche l’uomo non è più rispettato, afferma Benedetto XVI

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 5 febbraio 2006 (ZENIT.org).- Visitando questa domenica, giorno in cui in Italia si celebrava la Giornata per la Vita, la parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, Benedetto XVI ha affermato che “dove Dio non c’è, anche l’uomo non è più rispettato”.

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“Solo se lo splendore di Dio rifulge sul volto dell’uomo, l’uomo immagine di Dio è protetto da una dignità che poi da nessuno deve essere violata”, ha osservato il Pontefice.

Durante l’omelia della Messa da lui presieduta, il Papa ha ricordato che “l’uomo non è il padrone della vita; ne è piuttosto il custode e l’amministratore”.

Questa verità, ha constatato, “si presenta oggi come ‘segno di contraddizione’ rispetto alla mentalità dominante” perché, nonostante ci sia “in senso generale un’ampia convergenza sul valore della vita”, quando si arriva “a questo punto, cioè alla ‘disponibilità’ o indisponibilità della vita, due mentalità si oppongono in maniera inconciliabile”: una delle due “ritiene che la vita umana sia nelle mani dell’uomo, l’altra riconosce che essa è nelle mani di Dio”.

“Se vien tolto alle creature il loro riferimento a Dio, come fondamento trascendente, esse rischiano di cadere in balia dell’arbitrio dell’uomo che può farne, come vediamo, un uso dissennato”.

Nel suo intervento, il Papa ha anche commentato l’episodio evangelico del giorno (Mc 1, 29-39), in cui si ricorda come Gesù abbia guarito la suocera di Pietro.

“In questo episodio appare simbolicamente tutta la missione di Gesù – ha affermato Benedetto XVI –. Gesù venendo dal Padre si reca nella casa dell’umanità, sulla nostra terra e trova un’umanità ammalata, ammalata di febbre, di quella febbre che sono le ideologie, le idolatrie, la dimenticanza di Dio”.

“Il Signore ci dà la sua mano, ci solleva e ci guarisce – ha spiegato –. E lo fa in tutti i secoli; ci prende per mano con la sua parola, e così dissipa le nebbie delle ideologie, delle idolatrie”.

“Prende la nostra mano nei sacramenti, ci risana dalla febbre delle nostre passioni e dei nostri peccati mediante l’assoluzione nel sacramento della riconciliazione – ha aggiunto –. Ci dà la capacità di alzarci, di stare in piedi davanti a Dio e davanti agli uomini”.

Il Vescovo di Roma ha quindi sottolineato l’importanza della seconda parte dell’episodio: “questa donna appena guarita si mette a servirli, dice il Vangelo”.

“Subito comincia a lavorare, ad essere a disposizione degli altri”, ha ricordato il Papa, osservando che le donne sono “le prime portatrici della parola di Dio del Vangelo, sono vere evangeliste”.

Il brano evangelico, ha constatato il Pontefice, mostra anche “il vero centro del mistero di Gesù”: la preghiera.

“Gesù sta in colloquio con il Padre ed eleva la sua anima umana nella comunione con la persona del Figlio, così che l’umanità del Figlio, unita a Lui, parla nel dialogo trinitario col Padre – ha commentato –; e così rende possibile anche a noi la vera preghiera”.

“Questo Vangelo – ha spiegato – ci insegna il centro della fede e della nostra vita, cioè il primato di Dio”, al quale si riferiscono le prime tre domande del Padre Nostro: “che il nome di Dio sia santificato, che il rispetto del mistero divino sia vivo e animi tutta la nostra vita; che ‘venga il regno di Dio’ e ‘sia fatta la sua volontà’ sono due aspetti diversi della stessa medaglia; dove è fatta la volontà di Dio c’è già il cielo, comincia anche in terra un po’ di cielo, e dove viene fatta la volontà di Dio è presente il Regno Dio”.

“Il Regno di Dio non è una serie di cose, il Regno di Dio è la presenza di Dio, l’unione dell’uomo con Dio – ha osservato il successore di Pietro –. E verso questo obiettivo Gesù ci vuole guidare”.

Gesù, ha concluso, è venuto “non per portare le comodità della vita, ma per portare la condizione fondamentale della nostra dignità, per portarci l’annuncio di Dio, la presenza di Dio e così vincere le forze del male”.

La chiesa di Sant’Anna è stata fondata per volontà di Pio XI con la Costituzione Apostolica Ex Lateranensi pacto del 30 maggio 1929.

Dopo la stipulazione dei Patti Lateranensi, che costituivano lo Stato della Città del Vaticano, Pio XI volle provvedere al bene spirituale dei fedeli domiciliati nel territorio del nuovo Stato e affidò alla cura pastorale dell’Ordine Agostiniano l’unica parrocchia presente in Vaticano, posta proprio di fronte all’ingresso da cui prende il nome.

Incontrando la comunità parrocchiale il 3 aprile 2004, Giovanni Paolo II definì Sant’Anna “un’oasi dello spirito, dove pregare e partecipare a celebrazioni liturgiche, condotte con grande decoro e devozione”.

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ZENIT Staff

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