In particolare, in occasione della festa della Cattedra di San Pietro, si sono tenute due messe di suffragio: una, nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, presieduta dal Cardinale Camillo Ruini, Vescovo vicario per la diocesi di questa città; e l’altra nel Duomo di Milano, presieduta dal Cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo della capitale lombarda.

Tanti erano, mercoledì sera, coloro che gremivano la Cattedrale di Milano. Tanti erano quei “figli spirituali”, a cui – come ha scritto Benedetto XVI nella lettera autografa inviata a don Carrón e letta nel corso delle due messe celebrate a Roma e a Milano – spetta il compito di “continuare a camminare sulle sue orme, seguendo il suo insegnamento e restando sempre in comunione con i Vescovi e le altre componenti ecclesiali”.

Parlando di fronte alle ottomila persone raccolte nel Duomo della città che ha visto la nascita di Cl e la morte del suo fondatore, il Cardinale Tettamanzi ha sottolineato il ricordo ancora vivido di don Giussani e le “tracce profonde lasciate nel nostro cuore e nella nostra esperienza di vita cristiana”.

Il porporato ha poi affermato che “ogni cristiano deve essere innamorato di Cristo” sull’esempio di don Giussani, il quale fu “testimone, con tutta la passione umana e la carica di fede che lo travolgevano”, ma anche “missionario infaticabile ed educatore entusiasta di quanti ha incontrato nel suo ministero, a cominciare dai giovani”.

Don Giussani, nato nel 1922 in un paesino nei pressi di Milano, entra da giovanissimo nel seminario diocesano di questa città, proseguendo gli studi e infine completandoli presso la Facoltà teologica di Vengono.

Ordinato sacerdote il 26 maggio 1945, si dedica all’insegnamento presso lo stesso seminario di Vengono, specializzandosi nello studio della teologia orientale, della teologia protestante americana e nell’approfondimento della motivazione razionale dell’adesione alla fede e alla Chiesa.

A metà degli anni Cinquanta chiede di poter lasciare l’insegnamento in seminario per quello nelle scuole medie superiori. Per dieci anni, dal 1954 al 1964, insegna al Liceo classico “Berchet” di Milano e inizia a svolgere una attività di studio e di pubblicistica volta a porre all’interno e all’esterno della Chiesa l’attenzione sul problema educativo.

Proprio nel 1954, dà vita poi a partire dal Liceo classico “Berchet”, a un’iniziativa di presenza cristiana chiamata Gioventù Studentesca (GS), con lo scopo di "elaborare una propria proposta culturale per la crescita dall’interno e dal basso nel mondo giovanile e studentesco”.

La sigla attuale di “Comunione e Liberazione” (www.clonline.org), compare per la prima volta nel 1969. Nel 1982 il Pontificio Consiglio per i Laici lo riconosce come Associazione di fedeli di diritto pontificio. Essa sintetizza la convinzione che l’avvenimento cristiano, vissuto nella comunione, è il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo.

Nel corso dell’omelia il Cardinale Tettamanzi ha poi avvertito che “non c'è autentico amore a Cristo che non sia, nello stesso tempo, amore per la Chiesa”. E proprio della Chiesa, ha continuato, “per la sua varietà di doni e di carismi, la sua giovinezza perenne, la sua missione evangelizzatrice, non possiamo non essere innamorati”.

Ai Ciellini il Cardinale ha quindi detto grazie “per la testimonianza energica e coraggiosa di questa missionarietà nella società e cultura attuale, che spesso smarriscono o rifiutano la verità e i valori evangelici”.

Un “contributo originale” in grado di dare slancio al “dinamismo missionario” della Chiesa. Ma, “la missione – ha chiosato l'Arcivescovo di Milano – è via alla comunione, così come la comunione è via alla missione”.

Nel rivolgere alcune parole di saluto al porporato in chiusura della celebrazione, don Julián Carrón.
ha quindi tenuto a sottolineare che il comune desiderio dei membri di Comunione e Liberazione è di “servire con tutta la nostra esistenza la Chiesa”.

Durante l’omelia per la Messa presieduta a Roma, invece, il Cardinale Camillo Ruini ha voluto mettere in risalto la “genialità educativa”, la “capacità di riesprimere i dogmi della fede per portarli vicini all’esistenza della gente” e di “essere ‘contemporaneo’ a ogni epoca della storia” di don Giussani.

Un “dono” nella vita di tanti, ha detto, e il cui insegnamento ed esempio sono “come un lievito che certo non ha esaurito la sua forza, ma darà, in questo tempo dopo la sua morte, frutti sempre nuovi”.

Il Cardinale Vicario di Roma ha quindi voluto ricordare la vicenda umana di don Giussani, “tutta impregnata di un amore senza esitazione al corpo mistico di Cristo”.

“Il suo indomito servizio alla Chiesa è stato poi idealmente suggellato dal suo passaggio al Cielo, avvenuto proprio il giorno della festa della cattedra di San Pietro, che oggi torniamo a celebrare”, ha aggiunto.

E così “voglio unirmi oggi – ha proseguito il Cardinale – al vostro rendimento di grazie, per il dono che don Giussani è stato nella vostra vita. L’incontro con lui vi ha portato a conoscere e ad amare la Chiesa e in molte occasioni a combattere per essa, a spendere energie, creatività e impegno perché essa possa essere una presenza amica, vicina alla vita quotidiana di ogni uomo”.

“Di questa passione laboriosa al servizio della Chiesa – ha affermato il porporato – ringrazio anche ciascuno di voi di cuore. Don Giussani ha testimoniato con costanza indefessa proprio questa volontà di impegno e vi ha coinvolto in essa, dando la sua vita per educare la fede di tante generazioni”.

Oggi, ha proseguito il Cardinal Ruini, “Comunione e Liberazione” ha “la responsabilità di raccogliere e di sviluppare l’eredità che il suo fondatore le ha lasciato”, ed è chiamato a “rimanere fedele a se stesso e per rinnovarsi continuamente a riattingere sempre di nuovo alla fonte dell’insegnamento e della testimonianza del suo maestro”.

“Sarà la libertà dello Spirito Santo – ha spiegato il Cardinal Ruini – a far fruttificare questo seme sparso con larghezza, secondo modalità che a noi non è dato conoscere oggi”.

“Il carisma di don Giussani, letto e vissuto nel grande alveo della tradizione della Chiesa, potrà essere fecondo di iniziative missionarie, di approfondimenti speculativi e teologici, di opere caritative”, ha proseguito.

E “la testimonianza aperta e coraggiosa della nostra fede di fronte ai nostri fratelli uomini e donne del nostro tempo, spesso disorientati e confusi ma anche colmi di attese” potrà essere “il frutto e il coronamento dell’esperienza di amicizia in Gesù Cristo che ci ha legato ai nostri padri”, ha infine concluso.