ROMA, giovedì, 28 aprile 2005 (ZENIT.org).- Il 25 aprile, nel corso della solenne celebrazione d’inaugurazione del nuovo Pontificato, 12 persone tra cui tre Cardinali, un Vescovo, un presbitero, un diacono, un religioso, una religiosa, due sposi e due ragazzi cresimati, hanno giurato obbedienza al Papa Benedetto XVI.

Intervistato da ZENIT padre Jesús Castellano Cervera, O.C.D., che ha giurato obbedienza a nome dei religiosi, lo ha descritto come “un gesto semplice ed insieme significativo”.

“Il rito dell’obbedienza durante l’inizio del ministero petrino – ha spiegato a padre Castellano – è una delle novità che sono state introdotte nel nuovo rito approvato dal Papa ed eseguito per la prima volta”.

“In altre occasioni il rito dell’obbedienza era fatto da tutti i Cardinali presenti – ha spiegato –. Questa volta dato che i Cardinali avevano già fatto l’obbedienza nella Cappella Sistina dopo l’elezione, il Rituale ha previsto una rappresentanza di dodici persone appartenenti a tutte le vocazioni e provenienti da diversi Paesi e continenti”.

“Io personalmente ho espresso al Papa l’affetto, l’obbedienza e la collaborazione di tutta la vita consacrata nel suo ministero e anche quello della mia famiglia religiosa, il Carmelo, con i miei fratelli e le mie sorelle: le Carmelitane scalze”.

Nel descrivere le caratteristiche umane e spirituali del nuovo Pontefice, padre Castellano ha affermato affermato: “Non posso vantarmi di una conoscenza approfondita del Santo Padre anche se ho sempre trovato in lui, nei vari incontri a diverso livello, una grande cordialità, una stima ed una gratitudine per il lavoro svolto”.

“Dal punto di vista umano ho apprezzato nel cardinal Joseph Ratzinger una rara finezza nei rapporti personali, tutti improntati insieme alla gentilezza e all’attenzione all’altro, alla fiducia e all’interesse per quanto uno voleva comunicare”, ha aggiunto.

Padre Castellano ha quindi accennato alla esperienza di Ratzinger come docente universitario, spiegando come questa lo abbia portato a sviluppare quel “rapporto amichevole che deve essere di ogni insegnante che riesce a formare una vera comunione con gli alunni, e che ha lasciato in lui una traccia apprezzata da tutti oggi, in cui continua a ricordarci l’amicizia con Gesù”.

“Dal punto di vista spirituale ho sempre ammirato in lui l’interiorità che mi ricorda il suo amore per Sant’Agostino e San Bonaventura, i due autori sui quali ha elaborato le due tesi, una di Laurea ed una di Abilitazione”, ha continuato padre Cervellera, che è anche professore ordinario di Teologia Dogmatica, Liturgia e Spiritualità presso la Pontificia Facoltà Teologica “Teresianum”.

“Da quanto abbiamo ascoltato dalle sue labbra in questi giorni sento che una delle pagine evangeliche alle quali egli si riferisce volentieri è il cap. 15 di Giovanni – ha raccontato –: la vite ed i tralci, l’amicizia di Gesù, la gioia, il ‘senza di me non potete far nulla’ che esalta la grazia di Dio e la necessità della comunione vitale con la parola e la preghiera”.

Di fronte, invece, alla sfida lanciata dal relativismo che Benedetto XVI si troverà ad affrontare, padre Castellano ha commentato: “Il Papa, come dimostra tutta la sua formazione e il suo ministero della verità nella carità, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, non può in assoluto cedere al relativismo morale e religioso, sarebbe tradire la verità e la vita che sono il dono del Dio Rivelatore e Salvatore”.

“Ma ho la certezza che la preoccupazione del Santo Padre, come ha espresso in diverse occasioni, sia quella di trovare il linguaggio più adatto, nelle parole e nei gesti, affinché la verità e la vita di Cristo siano capite e recepite dagli uomini e dalle donne di oggi”, ha sottolineato padre Cervellera.

“Personalmente sento che stiamo già ascoltando dal Papa un linguaggio nuovo, come ha dimostrato la sua omelia del giorno dell’inizio del ministero petrino”, nella Messa di domenica scorsa, 24 aprile.

“Sono contento del linguaggio dell’amicizia e del linguaggio della gioia. Un Papa che continuamente ci ricorda questo dono di Gesù ai suoi discepoli, lui che aveva scritto un libro sul sacerdozio con il titolo ‘Servitori della vostra gioia’ completa la serie dei trascendentali: la verità, la bontà, la bellezza”.

“Il nostro Papa è un artista ed un esteta, ma anche la gioia che sta proprio nell’essenza del cristianesimo, dall’Annunciazione alla Risurrezione”, ha affermato il teologo carmelitano.

Padre Castellano come esperto studioso della Vergine Maria ha quindi trattato il tema della devozione mariana in Benedetto XVI, sottolineando che : “Nelle sue prime parole il Papa ha detto con semplicità filiale che Maria sta sempre dalla nostra parte. Dobbiamo essere molto attenti al modo proprio di esprimersi su Maria. Una sintesi del suo pensiero mariano lo troviamo nel libro che porta il titolo ‘Maria Chiesa nascente’”.

“Quando Giovanni Paolo II ha scritto l’Enciclica Redemptoris Mater il cardinal J. Ratzinger, insieme a H.U. Von Balthasar, ha scritto una bella introduzione alla lettura del testo. Io sento in lui un ‘profilo mariano’, interiore, un modo di essere e di accogliere, di donare e di testimoniare che è una devozione mariana interiorizzata e personalizzata”, ha osservato.

“Un Papa mariano non è soltanto uno che esprime una forte devozione mariana esteriore – ha aggiunto il teologo –. Ma anche, e forse questa è la nota di Benedetto XVI, uno che esprime una profonda comunione con la Madre del Signore e della Chiesa, rivivendone i sentimenti e gli atteggiamenti, con una paternità spirituale che ha anche il tono mariano e materno di un amore rispettoso e accogliente verso tutti”.

Circa gli orientamenti futuri del Pontificato di Benedetto XVI, padre castellano ha affermato: “Non posso fare delle previsioni. Anche lo stesso Papa da una parte ha indicato tutta una serie di impegni di continuità con il Pontificato di Giovanni Paolo II, ma dall’altra parte ha detto chiaramente di sottomettersi alla volontà di Dio e ai progetti di Dio, e per questo ci ha chiesto la nostra preghiera, la nostra comunione, la nostra collaborazione”.

“Personalmente ritengo che proprio per la sua acutezza teologica, dove la mente ed il cuore vanno insieme, e dove fare teologia è ‘vedere le cose di Dio’ e non solo ‘fare un discorso su Dio’, il Papa possieda un tesoro di conoscenze, di sapienza della grande tradizione della Chiesa, specialmente dei Padri ed in essi troverà parole nuove e gesti nuovi per assecondare l’azione dello Spirito Santo”.

“La particolare Grazia che ha un Papa per il suo ministero universale al servizio della verità e della vita di Cristo, lo rende idoneo, nell’oggi della Chiesa, per il quale Dio lo ha scelto, ad essere interprete ed esecutore dei disegni di Dio”, ha sottolineato.

“Per questo la nostra comunione con lui nella preghiera quotidiana, nella professione della fede, nella collaborazione deve essere senza reticenze, anzi entusiasta e convinta”, ha infine concluso.