CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 19 aprile 2005 (ZENIT.org).- Il primo Conclave del terzo millennio ha trovato la Chiesa cattolica tra le minacce di una grave perdita di fede, proprio nel continente europeo, e l’emergere di una nuova primavera in tutto il pianeta.

Il neoeletto Pontefice Benedetto XVI ha già avuto modo di indicare i problemi attraversati attualmente dalla Chiesa: “Io penso che il punto essenziale è la debolezza della fede”, dichiarò l’allora cardinale Joseph Ratzinger al direttore di EWTN nell’agosto del 2003

E il 25 marzo scorso nelle meditazioni per la via Crucis al Colosseo, scriveva: “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio”.

Accennando poi agli abusi legati al sacramento dell’Eucaristia aveva affermato: “Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata!”.

“Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute!”.

“Tutto ciò è presente nella sua passione – continuava –. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore”.

Lo scorso primo aprile, l’attuale Papa Benedetto XVI, nel ricevere il premio "Premio San Benedetto per la promozione della vita e della famiglia in Europa", conferitogli dalla “Fondazione Sublacense Vita e Famiglia”, affrontò da vicino alcune questioni legate al Vecchio Continente.

In quell’occasione disse che “in Europa si è sviluppata una cultura che costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell’umanità”.

In merito alla questione del mancato riferimento alle radici giudaico-cristiane nel preambolo della Costituzione europea, Ratzinger spiegò che “non è la menzione di Dio che offende gli appartenenti ad altre religioni, ma piuttosto il tentativo di costruire la comunità umana assolutamente senza Dio”.

In questo modo da “una confusa ideologia della libertà” si arriva “ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile verso la libertà”, aggiunse Ratzinger.

E “ben presto non si potrà più affermare che l’omosessualità, come insegna la Chiesa cattolica, costituisce un obiettivo disordine nello strutturarsi dell’esistenza umana. Ed il fatto che la Chiesa è convinta di non avere il diritto di dare l’ordinazione sacerdotale alle donne viene considerato, da alcuni, fin d’ora inconciliabile con lo spirito della Costituzione europea”.

Lunedì 18 aprile, presiedendo la Messa “per l’elezione del Romano Pontefice”, che precede l’inizio del Conclave, il Decano del Collegio cardinalizio affermò che “avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni”.

Benedetto XVI parlò quindi di “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

”Noi, invece - sottolineò poi - abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo”, “misura del vero umanesimo".

“Adulta non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”, chiarì nell’omelia pronunciata nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

“Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità”.

“In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come ‘un cembalo che tintinna’ (1 Cor 13, 1)”, concluse Ratzinger.