Un tralcio di nome Maria

Vangelo della V Domenica di Pasqua

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 3 maggio 2012 (ZENIT.org).- “Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato” (1Gv 3,18-24).

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15,1-8).

Il messaggio fondamentale di questa V Domenica di Pasqua lo possiamo riconoscere e contemplare nella persona della Beata Vergine Maria.

In Lei si realizzano pienamente sia le parole di Giovanni:“Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato” (1Gv 3,24), sia quelle di Gesù: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).

Sappiamo che l’espressione biblica “rimanere-dimorare in”, indica una relazione viva e profonda di comunione di fede e amore con Dio, un’intimità spirituale che consente ed alimenta il dialogo con Lui e l’ascolto obbediente della sua Parola.

Il modello perfetto di tale profonda e feconda amicizia, rivelato nel Vangelo dell’Annunciazione, è la Vergine Maria (Lc 1,26-38).

Ecco, al riguardo, l’insegnamento del beato Giovanni Paolo II:

L’evento di Nazaret è una perfetta immagine – possiamo dire il “modello” – della relazione Dio-uomo. Dio vuole che questa relazione si fondi in ogni uomo sul dono dello Spirito Santo, ma anche su una personale maturità. Alla soglia della Nuova Alleanza, lo Spirito Santo fa a Maria un dono di immensa grandezza spirituale e ottiene da Lei un atto di adesione e ubbidienza nell’amore, che è esemplare per tutti quelli che sono chiamati alla fede e alla sequela di Cristo, ora che “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Dopo la missione terrena di Gesù e la Pentecoste, in tutta la Chiesa del futuro si ripeterà per ogni uomo la chiamata, il “dono di Sé” da parte di Dio, l’azione dello Spirito Santo, che prolungano l’evento di Nazaret, il mistero dell’Incarnazione. E sempre bisognerà che la risposta dell’uomo alla vocazione e al dono di Dio si attui con quella maturità personale, che s’illumina al “fiat” della Vergine durante l’Annunciazione.” (Udienza generale, 18 aprile 1990).

Questo testo stupendo si presta assai bene a commentare le Letture di oggi, le quali, mentre illuminano il mistero della libertà e della dignità di ogni uomo, possono essere anzitutto riferite alla Madre di Dio.

Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4): il principio fondamentale della vita cristiana è l’immanenza reciproca tra il Signore e il credente.

Se il battezzato non tradisce l’intima amicizia con Gesù e si preoccupa di alimentarla giorno per giorno mediante la Parola e la preghiera(“Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto” – Gv 15,7), allora il fatto di essere dimora dello Spirito Santo viene realmente sperimentato quale fonte di fede, di amore, di gioia e di forza, di luce e certezza nel discernimento e nel giudizio della coscienza.

La drastica affermazione di Gesù “senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5), può sembrare mortificante per la libertà umana, ma in realtà la realizza e la esalta, poiché esprime quella “dignità della causalità” che Giovanni Paolo II (commentando Lc 1,26-38) riferisce esemplarmente a Maria e al suo “fiat”:

E’ una risposta data dalla grazia e nella grazia, che viene dallo Spirito Santo. Ma non per questo cessa di essere l’autentica espressione della sua libertà di creatura umana, un consapevole atto di libera volontà. L’interiore azione dello Spirito Santo mira a far sì che la risposta di Maria – e di ogni essere umano chiamato da Dio – sia proprio quella che deve essere, ed esprima nel modo più completo possibile la maturità personale di una coscienza illuminata e pia che sa donarsi senza riserva. Questa è la maturità dell’amore. Lo Spirito Santo, donandosi alla volontà umana come Amore (increato), fa sì che nel soggetto nasca e si sviluppi l’amore creato, che, come espressione della volontà umana, costituisce nello stesso tempo la pienezza spirituale della persona” (G. P. II, id.).

Traduco questo profondo insegnamento con un esempio che riguarda la fisiologia comune del corpo umano.

Sappiamo che la vera libertà personale di ognuno si trova nella volontà di fare ciò che egli riconosce come Bene comune, vale a dire la volontà di Dio. Tale libertà, però, rimarrebbe inattiva e ‘prigioniera’ senza le nostre risorse mentali (memoria, lucidità, ragionamento, linguaggio, sintesi, ecc.), le quali poi dipendono dalla sana fisiologia del cervello. In effetti, ad esempio, se solo il livello della glicemia scende al di sotto di una certa soglia, è compromessa la possibilità di parlare, di ragionare e di agire.

Ecco, similmente opera la Grazia nella persona umana. Essa perfeziona la natura consentendole l’esercizio dei doni inscritti in essa dal Creatore, tra cui quello fondamentale della libertà e della volontà. La Grazia divina è Amore che attira al Bene senza costringere, e, mentre attira, lascia libero il cuore di aderire o meno a tale movimento.

La vite dice al tralcio (Gesù dice ad ognuno di noi): “tu sei parte di Me e non puoi essere ciò che sei senza di Me. Rimani dunque in Me, e Mi darai la possibilità di rimanere in te, e potrai portare molto frutto in Me, e così sarai ciò che sei, con Me e grazie a Me”.

Maria è il tralcio perfetto che ha detto sempre alla Parola e alla volontà di Dio, una risposta data ogni volta “dalla Grazia e nella Grazia”, cioè per mezzo di quello Spirito che l’ha coperta con la sua ombra e che è stato dato anche a noi (Rm 5,5), perché rimanessimo liberi davvero: “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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