Siamo contadini con i semi di Dio tra le mani!

Una riflessione sulla parabola del “Seminatore”, alla luce della celebre opera omonima di Vincent van Gogh

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“Prof, questo libro me lo deve assolutamente prestare: voglio fare la tesina su Van Gogh!”

Quando gli studenti mi chiedono di prestare loro un mio libro, mi sento come una surfista che sta cavalcando l’onda perfetta.

Ho appena finito una lezione dove, per spiegare l’inizio del quarto capitolo del Vangelo di Marco, ho proiettato il famoso quadro di Vincent van Gogh “Il seminatore”. L’opera è stata fatta in soli 11 giorni; tra il 17 ed il 28 giugno 1888 (circa due anni prima di suicidarsi). Pittore con un animo travagliato, sempre alla ricerca di Dio, rivelò il suo cuore nascosto facendo scintillare luce ovunque e, per riuscirci, si spostò in Provenza alla ricerca di una calda luminosità solare da trasferire nelle sue opere.

Van Gogh conobbe un furore creativo e una forza di concentrazione incredibile! In meno di cinque anni non solo fece centinaia di quadri, ma vinse e oltrepassò se stesso, attraversando l’inferno della sua vita e della sua follia, dipingendo la luce ed i colori della vita.

Tra gli alti e i bassi del suo animo, nel giugno di quel 1888 Vincent fece questo magnifico dipinto ad olio per “proclamare” il vangelo, con i colori. Il nostro pittore, infatti, aveva tentato varie volte di predicare le cose di Dio con le parole, ma senza grandi risultati. La teologia l’aveva studiata, il papà (pastore protestante) gli aveva aperto un cammino vocazionale, la lettura de “L’imitazione di Cristo” lo aveva guidato, ma il tentativo di predicare Dio, era sempre fallito. Dio, però, gli aveva dato un dono per parlare di Lui: l’arte del disegno.

Come succede spesso su questa terra, i doni divini non vengono subito compresi. Il nostro Vincent, infatti, morì povero (per tutta la vita fu aiutato economicamente dal fratello Teo), convinto di non essere poi così bravo.

Ma quando dipinse “Il seminatore”, van Gogh era in piena euforia per aver trovato la luce sfolgorante ed il sole brillante della Provenza e, con quella luce accesa negli occhi, colorò la Luce vera che illumina ogni uomo.

Guardate infatti l’originalità del dipinto: il cielo è giallo il campo di grano è blu/viola. E’ uno scambio vero e proprio dei colori e della realtà. Il campo, normalmente giallo, è raffigurato in blu, e il cielo, generalmente azzurro-blu, è giallo.

Questo scambio di colori è stato fatto grazie a Gesù! Con Gesù è crollata la distinzione “sopra/sotto”, “superiore/inferiore”; in lui cielo e terra si sono incontrati e si sono fusi insieme! Lui ha introdotto l’eternità nel tempo, rendendolo sacro!

Il re dei Re è venuto sulla terra seminando Parola Divina. Se si guarda il dipinto per bene, infatti, si vedrà che i semi gettati sul terreno, sono dello stesso giallo dorato del Sole (che, tra l’altro, illumina tutto il campo); sono semi che fecondano tutta la terra perché vengono dal Creatore di ogni vita. Sono semi che portano il Cielo sulla terra!

Ha colto nel segno van Gogh, riempiendo la scena della luce aurea del Padre che accompagna il lavoro del suo Verbo nel campo del mondo. Ma anche Van Gogh si sentiva, attraverso la sua pittura, un piccolo seminatore della Parola di Dio. Quella parabola lo incoraggiava a non indietreggiare davanti al mancato riconoscimento della sua arte, ma a trasfondere tutto se stesso nel colore e nel soggetto che aveva dinanzi.

Quando Van Gogh fece quel dipinto, non ebbe tutto quel successo che arrivò dopo la sua morte. Ma quei suoi semi intrisi di buona volontà, erano comunque stati gettati e Dio li aveva resi divini, fecondandoli nel cuore di tutti quelli che, in futuro, sarebbero rimasti estasiati di fronte a quel quadro.

Questo lascia un grande insegnamento a noi, tentati spesso di giudicare un lavoro, un’opera, un impegno a partire dall’accoglienza trovata, dai risultati ottenuti, dall’efficienza.

Il mistero del Regno non obbedisce alla logica del successo, delle conversioni di massa, ma conosce la logica del seme, fatta di attese e di maturazioni, di inizi modesti e di sviluppi lenti ma costanti, fino alla piena manifestazione del Mistero e della Potenza nascosti in esso. Colui che annuncia il Regno deve entrare in questa dinamica, deve assumere la pazienza del contadino senza arrogarsi il diritto di giudicare su quali terreni seminare, ma in tutto lasciare al seme di sprigionare la sua forza intrinseca.

Nel 1876, in un sermone arrivato fino a noi, Van Gogh parla di Dio paragonandolo ad un seminatore che “infonde la sua benedizione nel seme del suo Verbo gettato nei nostri cuori

L’intero sermone dice: “Siamo un dono di Dio. Un’opera di Dio e di Dio solo. Poniamo mano all’aratro nel campo del nostro cuore. Lanciamo la nostra rete una volta ancora. Proviamo un’altra volta. Dio sia l’intenzione dello spirito. Dio ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi, perché lui ci ha creato e non noi. Egli sa di cosa abbiamo bisogno. Egli sa ciò che è bene per noi. Infonde la sua benedizione nel seme, il suo verbo gettato nei nostri cuori. Con l’aiuto di Dio passeremo attraverso la vita ed Egli ci darà il modo di sfuggire ad ogni tentazione!”

«Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». (Matteo 13)

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Maria Cristina Corvo

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