Sant'Ignazio di Antiochia in una Chiesa alla periferia di Roma

Le reliquie e la devozione di uno dei Padri della Chiesa Cattolica nel luogo in cui subì il martirio

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Destini che si intrecciano in modo apparentemente indecifrabile. Questa affascinante consuetudine che attraversa più di duemila anni di storia del cristianesimo trova un suo compimento in una chiesa di periferia, situata nel quadrante sud di Roma, in una zona un tempo ricettacolo di pastori e briganti. Oggi, al suo interno, è custodita la reliquia di uno dei santi più importanti, un Padre della Chiesa originario di un luogo lontano, al confine tra la Turchia e la Siria.

Quel Sant’Ignazio che la fede in Dio condusse da Antiochia – città di cui era vescovo – a Roma, ove conobbe persecuzione e martirio. È a lui che nel 1952 venne intitolata la chiesa edificata nell’allora Borgata Caroni, un insediamento urbano che a quei tempi era ancora in fase di sviluppo. Dalla posa della prima pietra ad oggi, tra la testimonianza di Sant’Ignazio di Antiochia e la folta comunità di fedeli del quartiere si è andato consolidando un intenso rapporto spirituale.

Non bisogna allontanarsi molto da questa zona, d’altronde, per visitare il luogo in cui Sant’Ignazio terminò la sua vita terrena per farsi «frumento di Dio», giacché «macinato dai denti delle fiere» (1). Il luogo in questione è il Colosseo, un luogo di sacrificio, che in un passato remoto ha visto scorrere fiumi di sangue cristiano.

Correva all’incirca l’anno 107 d.C. quando ivi avvenne, durante il regno dell’imperatore Traiano, il martirio di Sant’Ignazio, condotto a Roma per essere condannato a combattere con le bestie. Nel corso del viaggio che lo prelevò per sempre dalla “sua” Antiochia scrisse sette lettere alle chiese che incontrava lungo il cammino o vicino ad esso. Tali scritti sono di notevole importanza per via delle esortazioni che il santo rivolse ai fedeli e al clero affinché la fedeltà e l’obbedienza ai vescovi non vacillassero innanzi ad alcun tipo di difficoltà. Celebre e sintomatica la lettera che indirizzò a Policarpo, vescovo di Smirne, in cui lo invitava coraggiosamente a «tenere duro come l’incudine sotto il martello» (2).

Erano anni durissimi per i cristiani, in cui la professione di fede si pagava con la morte. In tanti, innumerevoli donarono questo tributo a Dio, ricompensati però dalla gloria eterna. I martiri divennero presto propulsori di fede.

Le spoglie di Sant’Ignazio – traslate da Roma ad Antiochia e, ancora, da Antiochia a Roma – trovarono gli onori degli altari nella Basilica di San Clemente, tra l’Esquilino e il Celio. Da qui, le ossa furono distribuite, per il culto dei fedeli, in varie chiese di Roma, Napoli, Sicilia, Francia, Belgio, Germania, mentre il capo fu portato a Praga per poi tornare a Roma nel 1558 (3) ed essere collocato nella Chiesa del Gesù.

La preziosa reliquia rimase nella storica chiesa di Via degli Astalli fino al 1958, quando una parte cospicua del capo venne ceduta alla parrocchia di Sant’Ignazio di Antiochia allo Statuario. Così un numero speciale del 1972 di una vecchia rivista di quartiere, “Statuario Oggi”, raccontava l’evento: «Nel pomeriggio di domenica 27 aprile 1958 si è realizzato un nostro grande desiderio, avere per la nostra parrocchia l’insigne reliquia del Capo del Patrono S. Ignazio di Antiochia» (4).

La concessione seguì alla richiesta che la parrocchia dello Statuario inoltrò ai Padri Gesuiti, reggenti della Chiesa del Gesù, al fine di consegnare alla chiesa eretta in suo onore una reliquia di Sant’Ignazio di Antiochia. Il rettore del Gesù, padre Ferioli, alla fine della Messa vespertina di quel 27 aprile, la consegnò in modo solenne all’allora parroco don Giovanni Scorza, che si era recato a prelevarla con una folta rappresentanza di parrocchiani.

Di nuovo quel numero di “Statuario Oggi” ricordava, a dimostrazione dell’importanza dell’evento: «Erano presenti Mons. Mario Aluffi Pentiti, il dottor Saverio Polacco, del Collegio Cultorum Martyrum, ed il professor Renzo Uberto Montini, che per primo ci aveva rivelato la notizia della presenza della reliquia al Gesù» (5). Terminata quindi la funzione, l’urna, contenente la reliquia, venne acclamata dai fedeli che gremivano la Chiesa del Gesù in quella speciale domenica primaverile.

Subito dopo, iniziò il suo percorso verso la nuova destinazione. «Si è formato quindi il corteo con le macchine – riferiva ancora “Statuario Oggi” – che, scortato dai motociclisti della Polizia, è passato trionfalmente per Piazza Venezia, la Via dei Fori Imperiali, la Via di San Gregorio, la Passeggiata Archeologica, la Via Appia Antica e la Via Appia Pignatelli» (6).

I parrocchiani più anziani rimembrano con particolare pathos soprattutto un passaggio di quella processione cui parteciparono. Giunto davanti al Colosseo – spiegano con occhi velati di commozione – il corteo venne fatto fermare da padre Como, colui che dirigeva le preghiere con l’altoparlante.

Il sacerdote ricordò che proprio in quel luogo, all’incirca nel 107, Sant’Ignazio subiva il glorioso martirio. Udite queste parole, un imponente silenzio si impadronì del serpentone di fedeli, molti dei quali si raccolsero genuflessi in un momento di preghiera.

Soltanto qualche decina di minuti dopo, quel silenzio di raccoglimento si trasformò in un altrettanto significativo, voluttuoso frastuono. Basta leggere poche righe di “Statuario Oggi”, scritte per altro quattordici anni dopo quell’evento, per avere un’idea di quanto festante sia stato il momento dell’arrivo della reliquia alla parrocchia di Sant’Ignazio di Antiochia. «Un grande numero di fedeli era ad attendere la reliquia all’ingresso della nostra Borgata. Le campane suonavano a festa, la statua della Madonna Regina splendeva fulgente, la chiesa era tutto uno sfolgorio di luci per accogliere degnamente il preziosissimo dono» (7). Momenti di gioia cristiana, di alta spiritualità, impressi in modo indelebile nella memoria di chi ha avuto la fortuna di essere presente. E che rappresentano un tassello fondamentale nella storia della parrocchia e del quartiere.

Il 31 gennaio del 1959, qualche mese dopo la traslazione, in presenza anche di colui che ne diede l’assenso per la donazione, ossia padre Molinari, Postulatore dei Gesuiti, la reliquia venne sistemata in una nuova, definitiva urna. In quell’occasione padre Molinari spiegò ai tanti fedeli accorsi in chiesa il significato dei corpi dei martiri messi sotto l’altare: la cosa più santa che gli uomini possano porgere per accogliere Gesù Sacramento, «in modo che Questi sia contento di poggiare sui resti di chi ha dato la propria vita per dimostrargli il suo amore e la sua fedeltà» (8).

Il giorno seguente, nella mattinata di domenica 1 febbraio, l’urna restò esposta in una cappella, dove i fedeli si avvicendarono per venerarla. Al termine del periodo di preghiera, la reliquia venne trasportata all’altare maggiore, dove, dopo l’incensazione del celebrante, venne collocata sotto la mensa.

Ed è lì, sotto il vecchio altare che, ancora oggi venerata dai fedeli, la reliquia si trova. La sua presenza costituisce un affascinante intreccio – delineato da Dio – tra il destino di Sant’Ignazio di Antiochia e quello di un’amena borgata alla periferia della capitale d’Italia.

*

NOTE

(1) Dalla «Lettera ai Romani», Sant’Ignazio di Antiochia.

(2) Dalla «Lettera a Policarpo», Sant’Ignazio di Antiochia.

(3) periodo storico in cui il Regno di Boemia, di cui Praga era la capitale, si trovava sotto il dominio degli Asburgo, regnanti cattolici.

(4) da «Statuario Oggi. Numero speciale», pag. 41.

(5) ibidem, pag. 41.

(6) ibidem, pag. 41.

(7) ibidem, pag. 41.

(8) ibidem, pag. 41.

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Federico Cenci

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