La stretta creditizia: una delle patologie dell'economia reale

L’Italia con la crisi del 2008 ha visto decrescere violentemente il suo PIL: che in termini percentuali vale 7 punti e in termini economici si traduce in circa 108 mld di euro annuo

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L’Italia con lo scoppio della crisi del 2008 ha visto il suo PIL decrescere in maniera violenta. In termini percentuali vale 7 punti e in termini economici si traduce in circa 108 miliardi di euro annuo.

Anche in questa in questa classifica siamo all’ultimo posto tra i grandi paesi europei, come Germania e Francia che hanno visto crescere il loro Pil rispettivamente del +3,9% e di +0,2% nello stesso periodo dimostrando di avere una buona capacità di reazione alla crisi finanziaria, perlomeno nel breve periodo. Virtù a noi finora del tutto sconosciuta.

Un elemento che certamente contribuisce alla regressione del nostro PIL va ricercata nella stretta creditizia. Questo patologia è di primaria importanza e la sua persistenza, oltre a non giovare né alle banche né alle imprese, avrà risultati devastanti per la tenuta sociale e democratica del nostro paese.

E’ pertanto fondamentale comprendere le vere ragioni, non quelle populiste, della stretta creditizia al fine di mettere in campo le giuste iniziative per uscire da questo tunnel in modo efficace.

Di queste cause patologiche ne sono state individuate quattro:

A) Cause dovute alla crisi dell’economia reale:

1A) crescita esponenziale delle sofferenze e dei crediti deteriorati hanno raggiunto il livello record (fonte Associazione Bancaria Italiana) di 126 miliardi, a causa del drammatico peggioramento dell’economia reale, causato principalmente dal crollo della domanda interna. Ci troviamo dinanzi a una recessione patrimoniale che comporta la distruzione del valore dei beni mobili e immobili ed obbliga le banche ad adottare criteri sempre più selettivi nell’erogazione del credito. In sostanza, dal giugno 2008 al gennaio 2013, il rapporto sofferenze lorde/ impieghi del settore privato è più che raddoppiato, passando da 3% a 7,4%. In aumento e sempre elevato è stato il livello del rapporto per le famiglie produttrici: dal 7% a quasi il 12 %.

2A) Negli ultimi cinque anni si è verificato l’effetto combinato dell’aumento del costo del rischio dei finanziamenti e del costo costo del funding (i soldi che le banche vendono alle famiglie ed imprese vengono raccolti sul mercato tramite l’emissione di obbligazioni). Questi titoli hanno subito un aumento dei rendimenti che le banche riconoscono ai vari investitori, di conseguenza le banche sono costrette a vendere il denaro a prezzi più alti; 

B) Cause dovute all’incapacità politica (italiana ed europea) di valutare e definire i rimedi per contrastare la crisi:

1B) Strategie di politica economica di attacco alla crisi del 2008-2009 e del 2011 sono state del tutto inappropriate in quanto hanno sottovalutato la portata della crisi, e non funzionali perchè incentrate solo sull’austerity e sul rigore contabile, trascurando e sottovalutando gli effetti controproducenti di soffocamento dell’economia e di asfissia finanziaria che ne sarebbero derivati;

2B) Ritardi abnormi nei pagamenti della P.A., generati prevalentemente dalla volontà di contenere il volume del debito pubblico apparente, utilizzando in modo distorto e improduttivo le regole Eurostat sulla classificazione dei debiti commerciali;

3B) Criteri fiscali molto penalizzanti nel trattamento contabile delle perdite sui crediti che non trovano riscontro nel confronto internazionale.

C) Cause dovute all’andamento mercato:

1C) La perdurante difficoltà da parte delle banche italiane di finanziari sui mercati esteri, con particolare riferimento a quello a medio termine, a causa del rischio paese Italia cresciuto in modo verticoso nel 2011 e ancora adesso troppo elevato nonostante la diminuzione;

2C) Sussistenza di un funding-gap (differenza tra depositi e impieghi da clientela) di elevato livello (170 miliardi di Euro) che impone un riequilibrio nel rispetto dei vincoli stringenti delle autorità monetarie;

3C) C’è bisogno di nuove regole nella determinazione dei ratios di capitale assorbito e di liquidità e, in generale, dei livelli di capitalizzazione delle banche, per garantirne la solvibilità che in una situazione di scarsa redditività e di grandi difficoltà di attrazione di capitali inducono inevitabilmente ad un forte deleveraging (riduzione dell’indebitamento delle banche).

D) Cause sistemiche:

1D) Crisi etica sempre più diffusa, in cui l’azzardo morale ha gravemente danneggiato banche e imprenditori onesti e inquinano il sistema nel suo complesso;

2D) Cattivo funzionamento della giustizia civile (processi civili, che durano in media 7 anni e tre mesi. “Vantiamo” il triste primato: siamo al 160° posto su 185 nella classifica mondiale Doing Business) nelle fasi del recupero crediti che non danno certezza né di tempo né di risultato nel soddisfacimento delle ragioni di credito dei finanziatori;

3D) Centralità del conflitto d’interesse, del cattivo capitalismo relazionale, dei monopoli di alcune caste.

Da questa analisi discendono tre considerazioni.

Prima considerazione: la proliferazione delle conseguenze della stretta creditizia si stanno autoalimententando, se si vuole porre rimedio al fenomeno in maniera strutturale e permanente non è sufficiente la moral suasion, ma occorrono azioni organiche e strutturali.

Seconda considerazione: sulla quarta causa si può intervenire a prescindere da interventi di risanamento macroeconomico e finanziario; per questo motivo tutti i soggetti direttamente coinvolti dovrebbero concertare (istituzioni italiane ed europee), interventi che producano regole di comportamento da parte di tutti gli attori in campo.

Terza considerazione: sulle prime tre cause i problemi sono strettamente interconnessi a due macro criticità la cui risoluzione è una precondizione per rompere la spirale negativa: austerity = recessione = rischiosità diffusa crescente = aumento delle sofferenze = erosione di redditività e capitale delle banche = credit crunch = maggiore disoccupazione=maggiore recessione. Queste sono la riduzione della vulnerabilità finanziaria del paese e il ritorno alla crescita.

In mancanza di interventi strutturali ed efficaci su tali nodi nevralgici, tutti i fattori che alimentano negativamente sia sui livelli di credito erogati, sia sull’ammontare dei crediti deteriorati destinati inesorabilmente ad aumentare, danno vita ad un corto circuito sempre più diffuso tra asfissia finanziaria, recessione economica, recessione patrimoniali.

Come è possibile uscire da questa situazione perversa?

L’unica via si fonda su due tempi: concordare con l’Europa tempi più lunghi per il rientro del debito pubblico e dare vita nel minor tempo possibile a riforme strutturali che facciano aumentare in misura tangibile la competitività del paese e quindi del PIL. Solo così potremo passare da un circolo vizioso ad uno virtuoso che porterà ad una riduzione drastica del profilo di rischio e ad un significativo alleggerimento del carico fiscale, agevolato dal taglio del costo del debito in eccesso che scardina gli equilibri del bilancio.

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Carmine Tabarro

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