La strada di Paolo

Un film in cui un autotrasportatore di nome Paolo scopre in Terra Santa chi ha bisogno del suo aiuto e riesce così a dare un senso alla sua vita

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L’autotrasportatore Paolo arriva per la prima volta in Palestina: deve consegnare dei medicinali in un ospedale di Betlemme. Dopo il trasporto, lungo la strada di ritorno, si accorge che si è nascosta nel camion Gabrielle, una palestinese che in questo modo è riuscita a superare il posto di blocco della città. Paolo accetta, poco convinto, di andare con lei a Gerusalemme e iniziano a parlare di anima, di amore, di fede, di vita e di morte. Per le strade di Gerusalemme Paolo incontra anche Lucio, un fotografo di moda che gli presenta una visione della vita opposta a quella di Gabrielle: ciò che conta sono i piaceri sensuali, bisogna vivere alla giornata perché non vi sono certezze…

Paolo sbarca con il suo camion in Palestina. Deve trasportare delle medicine all’ospedale dei ragazzi di Betlemme. Ha l’aria di uno che fa da tempo quel mestiere, è convinto di poter procedere celermente e conta di  prendere la nave che lo riporterà in Italia quella sera stessa.

Sarà una suora ad aiutarlo a trovare la strada per Betlemme, superando quell’orribile muro che tiene rinchiusa la città. “Hanno voluto recintare i cattivi”: commenta Paolo. L’incontro con i bambini, la visita alla Basilica della Natività, le difficoltà ad attraversare il posto di blocco per uscire dalla città:  Paolo ha un’esperienza diretta, concreta delle bellezze ma anche delle mille difficoltà che occorre affrontare per vivere in terra palestinese, ma ben presto il film cambia tono. Arrivato a Gerusalemme, Paolo incontra alcuni  personaggi alquanto insoliti: una donna, Gabrielle (leggi Gabriele) e un uomo, Lucio (leggi Lucifero) che iniziano a intrattenerlo su temi per lui alquanto astrusi.

A lui, uomo concreto, semplice e schietto, Gabrielle afferma che “ha perso l’anima”. Il povero Paolo risponde che “se ha perso l’anima non se ne è neanche accorto” e cerca di interrogare Gabrielle su cosa sia questa entità che non si vede e non si tocca, ma già il tema si è allargato: ora si parla di vita, di morte, poi subito dopo si passa a discutere sull’amore.

Inizia da questo momento un turbine di discussioni non solo con Gabrielle ma anche con Lucio che presenta una visione opposta: “La nostra vera anima è il desiderio; gli uomini non vogliono la libertà, vogliono la felicità”.

Immancabilmente si finisce per parlare di Dio e un uomo che si definisce ateo inizia a declamare a un piccolo pubblico di uditori di passaggio le ben note teorie secondo le quali “Dio è la proiezione di noi uomini. Delle religioni ciò che cambia è solo la forma, i simboli: puoi chiamarlo Dio, Allah cambiano solo i nomi”. Gabrielle accompagna Paolo in una chiesa e anche lei esterna, di fronte a l’abside con un mosaico a forma di  croce  la propria visione su Dio, che lascia trapelare un certo  sincretismo: ”chiamalo come vuoi, ma Lui c’è sempre:  ha cambiato forma, ha cambiato nome, ma è sempre presente fra gli uomini”

“Parole, parole, parole” si lamenta Paolo, ma l’infelice non sa che il suo cammino non si è concluso: invitato a casa di un ebreo il giorno del sabato, si trova nel bel mezzo di una discussione fra un rabbino, sacerdoti cattolici, un filosofo, ospiti vari, su quale sia la voce di Dio; il giorno dopo   segue un dibattito sulla dignità della morte e l’eutanasia, il tutto in un effluvio di parole, di teorie  che si elidono a vicenda (il più antipatico e saccente è proprio il sacerdote cattolico).

“Parole, parole, parole” ripete questa volta Lucio di fronte all’insistenza di Gabrielle a invitarlo a credere alla “Parola” mentre è impegnato a far vedere a Paolo, sulle sponde  del Giordano, come l’ipotetica spiritualità del luogo sia stata sconvolta da un  supermercato di oggetti sacri a cui vanno ad attingere i battesimandi  delle più diverse fedi cristiane.

Alla fine Paolo trova la sua strada: non perché ha incontrato un angelo (un po’ particolare e neanche troppo spirituale, visto che  Gabrielle passa una notte d’amore con lui), né per tutti i discorsi che ha ascoltato, ma probabilmente perché è una persona di animo buono che di fronte ai problemi reali, che ha toccato con mano, delle suore dell’ospedale di Betlemme decide di ritornare più volte in Palestina per trasportare altri medicinali.

Si resta sinceramente perplessi di fronte ad opere cinematografiche come questa dove il simbolismo astratto, il dibattito verbale prendono il sopravvento. Il dibattito è così politically correct che tutte le varie ipotesi  pro e contro l’esistenza di Dio si elidono a vicenda e lo spettatore resta sospeso nell’incertezza.

Nonostante le buone intenzioni, resta il sospetto che il racconto di una conversione può passare sì attraverso la Parola, ma una parola viva, che si incarna in opere di carità concrete e in rapporti concreti con gli altri uomini, improntati alla comprensione e alla fratellanza.

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Titolo Originale: La strada di Paolo

Paese: ITALIA

Anno: 2011

Regia: Salvatore Nocita

Sceneggiatura: Salvatore Nocita, Giuliano Corti, Mauro Graiani, Riccardo Irrera

Produzione: PER OFFICINA DELLA COMUNICAZIONE, FAI SERVICE IN COLLABORAZIONE CON PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA E RAI CINEMA E CON LA PARTNERSHIP DI FONDAZIONE ENTE DELLO SPETTACOLO

Durata: 90

Interpreti: Marcello Mazzarella, Philippe Leroy, Valentina Valsania

Il film è disponibile in DVD in lingua italiana

Per ogni approfondimento http://www.familycinematv.it

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Franco Olearo

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