La pace non è un miraggio

Il viaggio di Papa Francesco a Cuba e Stati Uniti ha dimostrato che se l’umanità è assetata di pace, questa sete può essere placata

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«Occhio per occhio servirà solo a rendere cieco tutto il mondo».

Non è cedimento a un gioco di parole il porre in evidenza la lungimiranza della visione di Gandhi. Lo ha dimostrato papa Francesco, nel suo viaggio nelle Americhe, al termine del quale il mondo delle persone di buona volontà  si trova con qualche certezza in più. Una su tutte, alquanto importante anche in riferimento all’arrivo di tanti fratelli e sorelle da Paesi in guerra: il muro contro muro non funziona. Storicamente non ha funzionato, come dimostra la questione cubana che – trattata negli anni con la politica della chiusura pregiudiziale e ideologica – ha portato soltanto a irrigidimenti che hanno tenuto il pianeta nell’ansia per  nuovi conflitti. Ponti, pace, servizio, riconciliazione, amicizia,  bene comune, cultura dell’incontro e del dialogo: questi invece i valori che il Santo Padre ha richiamato, indicandoli quali alternative necessarie «alla chiusura nelle conventicole delle ideologie o delle religioni». L’orizzonte al quale tendere, ha aggiunto, «è aiutare a superare le differenze storiche, a superare il passato. Se si aiutano i Paesi che sono stati in disaccordo a riprendere la via del dialogo questo apre nuove possibilità per tutti. Non è irresponsabilità, ma coraggio e audacia per il presente e per il futuro». 

Strappi e ferite, insomma, vanno ricuciti. Perché possono esserlo, con pazienza e fiducia, servendo le persone e non le idee e tenendo come bussola quella fede in Cristo che ha dimostrato di essere l’unica vera forza rivoluzionaria. «Una rivoluzione della tenerezza», ha sottolineato il Pontefice nella Messa di Santiago de Cuba in grado di cambiare la storia, dei singoli come dei popoli, con la forza dei sogni incarnata, tra l’altro, dai figli d’America citati da Bergoglio: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton. «Quattro rappresentanti del popolo americano  che offrono la possibilità di guardare e interpretare la realtà», incarnando rispettivamente la libertà, la pluralità, la giustizia sociale, la capacità di dialogo e ponendosi con la loro testimonianza in netta, profonda contraddizione con una società che tollera la pena di morte e si rifugia (non tutta intera, per fortuna) nell’odio e nella violenza che l’arbitrio nel possesso di armi nutre ed ingrassa.

Sarà forse una facile suggestione, ma in un mondo ancora dilaniato da conflitti e da drammi giganteschi, lo spirito della pace è sembrato divenire quasi palpabile nel giardino della Casa Bianca, durante l’incontro tra un Presidente che ha cambiato la storia degli Stati Uniti e un Papa che contribuisce a plasmare in modo significativo il cammino della Chiesa cattolica nel futuro. Il messaggio che ne viene è chiarissimo: se l’umanità è assetata di pace, questa sete può essere placata. Nella vita di ogni giorno, nei rapporti interpersonali come in quelli tra nazioni non servono chiusure, non scontri nè separazioni, ma menti aperte per lavorare insieme al bene comune. È la scommessa per il presente e, soprattutto, per l’avvenire.

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Vincenzo Bertolone

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