L'iconografia di San Giovanni Battista

Viaggio tra le opere che ritraggono il Battista nel National Museum of Fine Arts di Valletta

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«Nasce una nuova fase della mia rubrica “Letture Iconologiche”. Ho infatti invitato alcuni valenti giovani studiosi a collaborare con loro propri contributi, dedicati in modo particolare ad opere d’arte provenienti o conservate in molte aree geografiche, di diverse epoche storiche, in modo da offrire al pubblico di Zenit un panorama più ampio dell’arte cristiana di tutte le regioni e di tutti i tempi.»  Prof. Rodolfo Papa

Il Museo Nazionale di Belle Arti di Valletta si trova nella parte terminale della South Street, all’interno di un’area comprendente altri palazzi storici pregiati risalenti alla prima fase di fondazione della nuova capitale dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, avvenuta nel 1566. Scendendo da Republic Street si ha pertanto modo di ammirare la ben nota forma a griglia della città e le suggestive fughe prospettiche che portano direttamente al mare, contraddistinte dai caratteristici gallariji, i colorati balconi chiusi in legno che danno movimento alle imponenti facciate. Il Museo, istituito nel 1974, è situato in un palazzo storico, tra i più antichi della capitale, usato come residenza dei cavalieri e successivamente restaurato, in forme rococò, intorno al 1760 dal cavaliere portoghese fra Ramon de Sousa y Silva che lo adoperò come propria residenza privata. Nel corso del XIX secolo il palazzo fu la dimora di Louis-Charles d’Orléans, Conte de Beaujolais, mentre dal 1820 divenne l’Admiralty House, sede del Comandante in Capo della flotta britannica nel Mediterraneo.

Il Museo vanta la più significativa collezione di dipinti a Malta, insieme a preziosi oggetti di argenteria e artigianato locale, e si caratterizza per la ricchezza e qualità della selezione dei dipinti di epoca barocca ivi esposti, dipinti che mostrano la complessità della cultura pittorica maltese, certamente e profondamente influenzata dal barocco romano ma capace di sommare svariate influenze europee, giunte con l’alternarsi dei Gran Maestri dell’Ordine provenienti dalle varie Regioni d’Europa. Il Museo, ma l’isola in generale, vanta anche la più completa collezione di opere di Mattia Preti, il Cavaliere Calabrese attivo a Malta dal 1661 alla sua morte nel 1699 in seguito alla chiamata del Gran maestro Raphael Cotoner. Proprio partendo da un’opera di Preti in galleria vorrei analizzare, brevemente, alcuni significativi dipinti esposti nel museo tracciando al contempo una descrizione dell’iconografia di San Giovanni Battista, patrono dell’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri.

Il San Giovanni Battista negli abiti dell’Ordine dei Cavalieri di Malta è un dipinto del 1670 di Mattia Preti ed è un’interessante variazione della classica e iconica immagine del Battista. San Giovanni reca un lungo bastone sormontato da una piccola croce con la scritta Ecce agnus Dei, la frase pronunciata dal profeta quando vide Gesù venire verso di lui, e abbraccia un vero agnello, prefigurazione e concretizzazione appunto dell’Agnello di Dio sacrificato per la redenzione dell’umanità. Lo sfondo è indefinito, quasi tempestoso tanto che il cartiglio sembra spinto da un vento impetuoso, mentre la posa di tre quarti e il taglio della figura, di caravaggesca memoria, focalizzano l’attenzione del fruitore sul braccio sinistro descritto nell’atto, appunto, di indicare l’agnello. Il Battista, dallo sguardo fiero e determinato come un vero soldato, però, non è vestito col classico abito di pelle di cammello bensì con gli abiti dell’Ordine, ovvero con una lunga tonaca rossa, segno del martirio per la difesa della cristianità, sormontata da una croce bianca. Tale indumento, chiamato Tabar, veniva indossato solitamente dai cavalieri sopra le armature. L’identificazione tra i cavalieri e il santo eponimo è totale. Tale iconografia canonica verrà replicata spesso da Preti il quale, proprio nel dipinto conservato a San Domenico, a Taverna, Predica di San Giovanni Battista, si raffigurerà, in un celebre autoritratto, proprio con il Tabar mentre regge con la mano destra, contemporaneamente, la spada e il pennello ad indicare la sua condizione di cavaliere e pittore.

Con la classica pelle di cammello, invece, è stato raffigurato dal pittore napoletano Pacecco De Rosa, al secolo Giovan Francesco, nell’atto di indicare l’agnello e guardare in maniera estatica il cielo. L’equilibrio della composizione viene dato dalla tensione gestuale del santo e dall’ipotetica diagonale che, passando attraverso il braccio, collega il cielo, verso il quale Giovanni guarda, all’agnello, sottolineandone quindi l’identificazione col Salvatore. Anche nella splendida tavola di Domenico di Michelino, Madonna con santi, il Battista indossa un grezzo vestito di lana ma in tal caso è inserito in una sacra conversazione. Seguace del Beato Angelico il pittore in quest’opera a fondo oro, probabilmente tra le sue migliori realizzazioni, riesce a coniugare la nuova spazialità rinascimentale, rinvenibile nella disposizione delle figure intorno alla Vergine e nella volumetria dei panneggi, con l’astrazione mistica di Giovanni da Fiesole e probabilmente proprio il Battista, nel suo iconico gesto rivolto verso il bambino in braccio alla Vergine, è la figura più “arcaica” della composizione.

Giovanni, definito il precursore di Cristo, è considerato l’ultimo dei profeti e il primo dei martiri del cristianesimo e nei Vangeli è colui che annuncia la venuta del Messia riconoscendolo poi in Gesù Cristo. In virtù di tale attestazione di fede l’iconografia ampliamente utilizzata nei secoli è quella, appunto, che lo vede nell’atto di indicare a un agnello e di reggere un bastone con la celebre scritta. Considerata la centralità della sua figura, di passaggio dall’età sub lege all’età sub gratia, quindi, il Battista appare sia nei cicli iconografici relativi al Vecchio Testamento, tra i patriarchi e i profeti, sia in quelli relativi al Nuovo mentre sono stati individuati almeno quattro cicli dedicati specificamente alle sue storie, cicli che si ispirano tanto alle fonti canoniche quanto a quelle apocrife: l’Infanzia e la Vita nel deserto; la Predicazione e il Battesimo delle folle e di Cristo; la Passione e la Morte e, piuttosto raro in Occidente, la Leggenda delle reliquie. I primi due cicli spesso si intrecciano con quelli relativi alla vita di Cristo.

Il fiorentino Giovanni Balducci, detto il Cosci, è l’autore di San Giovanni predica nel deserto, l’episodio tratto da questo passo del Vangelo di Matteo “In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»”. Il manierismo di stampo vasariano è rinvenibile nella delineazione degli uditori, nella parte bassa della composizione, mentre l’ascetica e spigolosa figura del santo mostra una riflessione sull’ultimo Pontormo.

Altro celebre episodio dell’iconografia giovannesca è quello del battesimo di Cristo, un episodio caro ai Cavalieri dato che la Cattedrale, tra le sue reliquie più preziose, custodiva il braccio destro del santo, quello che aveva compiuto il gesto. Nel museo di Valletta tale momento è testimoniato dalla tela di Mattia Preti che mostra il santo, dopo aver riempito una ciotola con l’acqua del Giordano, sporgersi in avanti per battezzare Cristo. La composizione è maestosa. Il punto di vista scelto dal pittore è dal basso per cui le figure appaiono scorciate, ciononostante l’anatomia, risaltata dall’acceso chiaroscuro, mostra dei corpi perfettamente delineati. Il Battista, poggiando saldamente la mano sinistra sulla pietra, con la destra sta facendo cadere l’acqua; Cristo, in un momento di contrizione, porta al petto la mano sinistra mentre la sua testa è adombrata dal corpo del cugino. I due corpi formano così un perfetto triangolo aperto al centro. Un angelo, alle sue spalle, osserva la scena mentre la colomba dello Spirito Santo confonde il suo raggio con l’acqua che cade. Il cielo
è nuvoloso, sullo sfondo si percepisce il degradare dei monti e una luce da tramonto mentre il calore della tunica rossa del santo contrasta col pallore ascetico di Gesù.

Insieme a Anton Van Dyck, Matthias Stomer è uno dei più importanti artisti dell’area dei Paesi Bassi che visitarono la Sicilia nel Seicento, stabilendovisi per un lasso di tempo e lasciandovi opere importanti. Formatosi presso la scuola del pittore Gerard van Honthorst, maturò un personale stile caravaggesco che approfondì durante i diversi soggiorni in Italia, da Roma al sud Italia. Nel museo di Valletta sono conservate diverse sue opere tra le quali una cruda Decollazione del Battista che mostra tutta l’influenza dell’omonima tela del Merisi in città. In un ambiente scuro e fumoso, illuminata da un fuoco crepitante alle spalle, osserviamo la scena del martirio del santo in seguito alla richiesta che Salomè aveva fatto ad Erode Antipa. Il piatto, rischiarato dai bagliori delle fiamme, attende la testa che l’aguzzino, dopo aver reciso con lo spadone, sta finendo di decapitare con un coltellaccio secondo la scelta narrativa adoperata per prima da Caravaggio. Lo sguardo di Giovanni è incredibilmente penetrante, mansueto ed estatico allo stesso tempo guarda direttamente lo spettatore che si trova, all’improvviso, coinvolto emotivamente nella scena la quale mostra un sapiente uso dei colori e della materia pittorica, il cosiddetto “tremendo impasto” appreso da Francesco Fracanzano in Napoli.

Nel dipinto di Andrea Vaccaro, Salomè riceve la testa del Battista, osserviamo la conclusione dell’episodio. All’interno del carcere, del quale si individuano le pesanti grate, il carnefice del santo, con un’espressione contrita e pensierosa, ad occhi bassi sta consegnando la testa a Salomè che regge il piatto d’argento e gira gli occhi verso una donna velata, probabilmente Erodiade, che con i gesti delle mani sembra reclamare il trofeo. Salome distoglie lo sguardo dalla testa di Giovanni mentre sta ricevendo dal carnefice il macabro trofeo. Presenti sono anche un soldato e un anziano uomo barbuto con indosso un turbante e un cappotto di pelliccia costosa, probabilmente raffigurante re Erode stesso inteso con un’espressione dispiaciuta e quasi indispettita. La testa del santo, sottolineata dalla luce proveniente dalla sinistra del dipinto, è la protagonista della tela e contrasta, volutamente, con la faccia innocente della ragazzina.

L’intera vita del Battista, infine, dalla nascita all’apoteosi celeste, si può osservare in tutta la sua maestosità all’interno della Co-cattedrale di San Giovanni sempre a Valletta. Sarà realizzata da Mattia Preti, ad olio su pietra, tra il 1662 e il 1666 e decora, in un trionfo di trompe oil e toni caldi, tutta la navata centrale della chiesa più importante per l’Ordine, la loro fortezza spirituale.

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Tommaso Evangelista

Tommaso Evangelista è Storico dell’arte

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