"Il Sindaco del Rione Sanità": una commedia sempre attuale

Dopo gli spettacoli al teatro San Ferdinando di Napoli, la celebre piece di Eduardo De Filippo va in scena nella Capitale al Teatro Quirino

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Sino al 1° Febbraio 2015, al Teatro Quirino di Roma, dopo essere stato portato sulle scene del teatro San Ferdinando di Napoli, viene rappresentato Il Sindaco del Rione Sanità di Eduardo De Filippo con il ligure Eros Pagni nel ruolo di don Antonio Barracano.

L’uomo e la legge, o meglio, come gli uomini possono vivere senza le leggi codificate affidandosi al buon senso, alla forza di persuasione ed in parte alle minacce di un uomo più saggio, più convincente, più forte. Quest’ultimo è don Antonio Barracano il quale, nella sua casa di campagna ai piedi del Vesuvio, nell’estate del 1959, come sempre in compagnia del suo fidato medico, “amministra” il suo rione (1).

Ma, se le leggi sono più semplici da applicare quando la controversia avviene su esclusive questioni economiche, altra cosa è quando il diritto entra all’interno delle contrapposizioni familiari che miscelano affetti, denari, aspettative, dolori. Questo è lo scontro che prova a dirimere il “Sindaco” Antonio Barracano, nel momento in cui un figlio, gli comunica che è deciso ad uccidere il proprio padre.

E’ lì, in una potente recitazione, che Eros Pagni rilegge quell’incipit apparentemente contraddittorio per un personaggio come Antonio Barracano, affermando che “… l’uomo è uomo quando non è testardo…” ovvero, quando il potere maschile ha la capacità di rivedere le proprie convinzioni e di fare marcia indietro, non rimanendo inutilmente fedele a delle affermazioni, ma avendo, piuttosto, la capacità di riconoscere i propri errori.

L’attualità di questa commedia (2) è nella evidenza dei diritti e dei doveri tra genitori e figli, quando entrano in gioco temi quali le aspettative di lavoro dei figli nelle imprese familiari, le gravidanze di coppie senza un lavoro, le scelte di genitori rimasti soli dopo un evento luttuoso che provano a ricostruirsi una famiglia con altre compagne/compagni, il limite degli estranei nell’inserirsi nella vita privata di una persona o di una famiglia.

Quest’opera di Eduardo è tutti questi temi; ma è anche una riflessione sulle responsabilità di chi succede: il venir meno di uomini che hanno un senso della legge e della vita molto forte, quasi al confine tra bene e male, impone ai discendenti o a chi li circonda, di rimodulare i comportamenti, sia per essere all’altezza dei propri predecessori, sia per cambiare senso di marcia e innovare le prassi.

Afferma Marco Sciaccaluga, regista di questa rappresentazione, parlando di Antonio Barracano: “ Un personaggio la cui grandezza sta proprio nella capacità di mescolare il male e il bene, il positivo e il negativo, l’alto e il basso. E’ in questo senso che l’ho messo in scena pensandolo come uno dei testi più shakespeariani di Eduardo”.

E per averne conferma, basta spostarsi di pochi chilometri, dirigendosi verso il Teatro Ghione dove nello stesso periodo è messo in scena Il Mercante di Venezia di Shakespeare con Giorgio Albertazzi nei panni di Shylock.     

Vi si ritrova, come nella commedia di Eduardo, la dicotomica locazione città/campagna, il tema della interpretazione delle leggi e del valore dei testimoni durante un processo; la riconsegna economica di un prestito che può diventare usura e, vi si ritrova anche, il contrasto tra figli e genitori come avviene tra Jessica e Shylock nel Mercante.

Dice Jessica rivolgendosi al suo servitore Lancillotto, mentre le dà l’addio: “Ahimè, che odioso peccato è in me, che mi vergogno di essere figlia di mio padre! Ma sebbene sia figlia del suo sangue, non lo sono affatto dei suoi modi. Oh, Lorenzo, se mantieni la promessa cessan queste doglie, divento cristiana e tua devota moglie!”.

Shylock, sino alla fine, vorrà dinanzi al Doge la sua libbra di carne come da contratto stipulato e non una ricompensa in denaro. E perderà tutto.

*

NOTE

1) L’azione si svolge per i primi due atti nella residenza di campagna di Don Antonio Barracano e nel terzo nella sua casa di città, al Rione Sanità. In entrambi i luoghi, Don Antonio esercita, con il trentennale appoggio del sempre più disincantato dottor Fabio della Ragione, la sua personale idea della legge. Fa estrarre pallottole e ricucire ferite dal corpo di giovanotti troppo animosi; concede “udienze” giornaliere a chi si rivolge a lui per avere giustizia e protezione. Per tutti Don Antonio ha la soluzione giusta. Ma quando davanti a lui si presentano Rafiluccio e Rituccia, sua compagna in avanzato stato di gravidanza, le cose si complicano. Rafiluccio, infatti, non chiede aiuto o protezione, vuole solo comunicargli che ucciderà il proprio padre, Arturo Santaniello, ricco panettiere, che lo ha diseredato e cacciato di casa, non riconoscendolo più come figlio. Prima di dare il suo parere, Don Antonio vuole però sentire “l’altra campana” e convoca pertanto il padre, al quale dapprima confida la storia vera del suo primo delitto contro i soprusi di un arrogante prepotente, invitandolo poi a riconciliarsi con i figlio….

2) Peraltro molte altre commedie, riproposte in televisione in questi mesi che hanno commemorato il trentennale dalla scomparsa del senatore a vita Eduardo De Filippo, pongono al centro il tema della famiglia con alcune questioni, come ad esempio quello del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, in Filumena Marturano oppure della crisi familiare, come in Natale in Casa Cupiello.

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Antonio D'Angiò

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