Il senso della tolleranza cristiana

La Chiesa agisce come il suo Signore: condanna il peccato per salvare il peccatore

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La parabola del Figliol prodigo (Lc 15,1-32) ci rivela in modo speciale la misericordia di Dio Padre, che esce da sé stesso per cercare i figli perduti. “Questi due figli rappresentano due modi immaturi di rapportarsi a Dio: la ribellione e una obbedienza infantile. Queste forme si superano attraverso l’esperienza della misericordia. Solo sperimentando il perdono, riconoscendosi amati di un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche della nostra giustizia, entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale e libero con Dio”[i]. Alla fine della parabola il Padre cerca il figlio maggiore perché lui si riconciliasse con il fratello. Anche a noi, Dio ci guarda come a figli, ci cerca sempre per perdonarci e per riconciliarci con il nostro prossimo.

E il Vangelo della donna sorpresa in adulterio (Gv. 8,1-11) ci parla anche della misericordia divina che vuole la nostra riconciliazione con Lui e con il nostro prossimo. All’inizio dice che Gesù stava pregando sul monte degli Ulivi e scende di lì verso il Tempio a cercare i figli di Dio smarriti. Gli scribi e farisei allora conducono a Lui una donna peccatrice, per la quale la legge mosaica prevedeva la lapidazione. Gli scribi e i farisei erano uomini religiosi, custodi della Legge di Dio e rappresentano il figlio maggiore dell’altra Parabola.

Quegli uomini chiedono a Gesù di giudicare la donna, non per amore alla Legge, ma per “metterlo alla prova”. La scena è drammatica: dalle parole di Gesù dipende la vita di quella donna e anche la sua stessa vita. Gli accusatori ipocriti così fingevano di affidargli il giudizio, mentre in realtà loro avevano già giudicato Gesù. E Lui, “pieno di grazia e di verità”, sapeva che cosa c’era nel cuore di quelli uomini e coglie l’opportunità per condannare il peccato, salvare il peccatore, e smascherare l’ipocrisia dei farisei[ii].

Gesù si china e si mette a scrivere col dito per terra. Sant’Agostino[iii] dice che quel gesto mostra il Signore come il legislatore divino: nel Vecchio Testamento Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra. Gesù è il Legislatore e i cuori di quelli uomini erano di pietra. E qual è la sua sentenza? “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. “Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto della Legge”[iv].

Questa giustizia, piena di carità e di verità, ha salvato quella donna e anche san Paolo. La giustizia di Cristo le ha fatto considerare il suo onore, la sua fiamma, la sua formazione giudaica come spazzatura “di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù”. Il suo incontro con Cristo risorto le ha rivelato una giustizia che deriva non dalla legge antica, ma dalla fede in Gesù.

Nella continuazione, dice il Vangelo, gli accusatori “se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”, quelli che, in generale, hanno una coscienza più forte dei propri peccati. E Gesù allora assolve la donna dal suo peccato, offrendole una nuova vita: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Gesù condanna il peccato per salvare il peccatore. Questo è il suo modo di agire ed è anche il modo d’agire della Chiesa, sua Sposa.

È comune nei nostri giorni sentire persone che dicono che la Chiesa debba essere più tollerante, più comprensiva, e che deve adattare la sua dottrina o almeno la sua morale ai tempi attuali. In verità, la Chiesa è il Corpo di Cristo e solo può agire come Lui ha agito, se non vuole ingannare l’uomo. Gesù perdona la donna adultera, però agendo secondo la verità. Non ha detto che l’adulterio non sia peccato; ha invece condannato il suo grave peccato, con l’intenzione di salvarla. La carità non esclude la verità, anzi, la principale opera di carità è fare e insegnare ad agire secondo la verità.

Ma questo modo di agire di Cristo e della Chiesa è umano, è giusto? Se pensiamo alla nostra vita ordinaria, vediamo che ragioniamo nello stesso modo di Cristo. Un esempio: se un architetto deve costruire una ponte o un palazzo e dopo un po’ di tempo, per un errore di calcolo, la costruzione crolla, che succede? Possiamo perdonare, “essere tolleranti” con quella persona? Certamente possiamo perdonare la persona, ma non il suo errore. Non possiamo dire che lui ha fatto bene il suo lavoro, che ha agito secondo verità. Allora, nella vita pubblica, la tolleranza è applicata alle persone, non alla verità (F. Sheen). Perdoniamo uno che ha sbagliato, ma  non diciamo mai che un errore di calcolo di un architetto non sia uno sbaglio.

La stessa cosa fa Cristo e la Chiesa: perdonare i nostri peccatori, tollerandoci, ma anche educandoci, mostrando dove sta il male, il peccato. E noi, cristiani, possiamo e dobbiamo essere tolleranti con tutte le persone, però mai con il peccato, mai con la bugia. I genitori possono a volte tollerare qualche peccato dei figli, ma non possono mai dire che i peccati non siano peccati.

Allora, il Signore ci insegna con questo testo a non giudicare il nostro prossimo, ad essere intransigenti con il peccato, a partire dal nostro, e indulgenti con le persone. I santi sono persone molto esigenti con se stessi e misericordiosi con gli altri. Purtroppo abbiamo la tentazione di fare il contrario: perdonare tutto a noi stessi e nulla agli altri. Chiediamo al Signore la grazia di vivere come veri cristiani, senza ipocrisie. Ringraziamo anche Dio del dono del Papa Francesco alla sua Chiesa che continuerà guidandoci nella via della carità, dell’umiltà, insegnandoci a unire sempre la nostra fede con le nostre parole e le nostre opere.

Don Anderson Alves è sacerdote della diocesi di Petrópolis, Brasile. È dottorando in Filosofia presso alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

*

NOTE

[i] PAPA BENEDETTO XVI, angelus de 14/03/2010: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100314_it.html

[ii] Cfr. IDEM, angelus de 21/03/2010: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100321_it.html

[iii] Cfr. S. AGOSTINO, Comm. al Vang. di Giov., 33, 5.

[iv] PAPA BENEDETTO XVI, angelus de 21/03/2010.

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Anderson Alves

Sacerdote della diocesi di Petrópolis – Brasile. Dottore in Filosofia presso alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

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