"Dio è il garante della nostra felicità, non il concorrente"

Benedetto XVI esorta i partecipanti all’Assemblea Generale della CEI ad attenersi agli insegnamenti del Concilio, secondo la “ermeneutica della continuità”

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 24 maggio 2012 (ZENIT.org) – Approfondire il Concilio Vaticano II, nei sui documenti e nei suoi contenuti, per dare continuità alla tradizione millenaria della Chiesa. Questa, in sintesi, l’esortazione di papa Benedetto XVI ai partecipanti alla 64° Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, nel corso dell’udienza tenutasi a mezzogiorno nell’Aula del Sinodo.

L’assemblea generale della CEI, avente a tema Gli adulti nella comunità: maturi nella fede e testimoni di umanità, si è aperta lunedì 21 maggio e si concluderà domani, venerdì 25 maggio.

L’imminente 50° anniversario della convocazione dell’assise conciliare ha fornito al Santo Padre l’occasione per tornare a parlare della “ermeneutica della continuità e della riforma”, nel segno dell’ascolto del Concilio e delle sue “autorevoli indicazioni”.

Il Papa ha ribadito la non-autosufficienza della “razionalità scientifica” e della “cultura tecnica”, le quali tendono ad “uniformare il mondo”, spesso travalicando i “rispettivi ambiti scientifici”, arrogandosi di “delineare il perimetro della ragione unicamente con il criterio empirico delle proprie conquiste”, per lo più “svincolato da ogni norma morale”.

Si pone, ha spiegato il Pontefice, un dualismo tra la riemersione, talora “confusa”, di una “crescente domanda di spiritualità e di sovrannaturale” e il persistente secolarismo che danneggia il “patrimonio spirituale e morale” dell’Occidente. In tal modo “anche una terra feconda rischia così di diventare deserto inospitale e il buon seme di venire soffocato, calpestato e perduto”.

Un segno di tale secolarizzazione è la “diminuzione della pratica religiosa” che affligge la partecipazione all’Eucaristia e, ancor più, al sacramento della Penitenza, al punto che molto battezzati smarriscono “identità ed appartenenza”, ignorando i “contenuti essenziali della fede”, spesso con la pretesa di coltivarla, “prescindendo dalla mediazione ecclesiale”.

C’è chi nutre dubbi sulle “verità insegnate dalla Chiesa”, mentre altri “riducono il Regno di Dio ad alcuni grandi valori” che hanno a che vedere con il Vangelo, senza però costituire il “nucleo centrale della fede cristiana”.

Con questo Dio “marginalizzato dalla coscienza pubblica”, la crisi che ferisce l’Europa è “spirituale e morale” e l’uomo si illude di poter avere un’identità “compiuta semplicemente in se stesso”.

Come è possibile, dunque, “seminare la Parola di Dio”? Di certo non sono sufficienti “nuovi metodi di annuncio evangelico o di azione pastorale”. Sulla scia dell’ultimo Concilio è necessario che la Chiesa si domandi: “che dici di te stessa?”. Si tratta, quindi, di “ripartire da Dio, celebrato, professato e testimoniato”.

“In un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande Sconosciuto e Gesù semplicemente un grande personaggio del passato, non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra fede e della nostra preghiera”, ha proseguito Benedetto XVI.

Per riconquistare il mondo al Vangelo, i cristiani devono innanzitutto accogliere il “dono della Grazia”, tornando “per primi a una profonda esperienza di Dio”.

Il percorso verso Dio è il percorso verso la Verità. “Vorrei dire a ciascuno: lasciamoci trovare e afferrare da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità”, ha detto in proposito il Santo Padre.

La convocazione dell’Anno della Fede, a partire dal prossimo 11 ottobre, è essenziale per “riscoprire e riaccogliere questo dono prezioso che è la fede, per conoscere in modo più profondo le verità che sono la linfa della nostra vita, per condurre l’uomo d’oggi, spesso distratto, ad un rinnovato incontro con Gesù Cristo, via, verità e vita”.

Portare il Vangelo nel mondo, significa – come sottolineava già il Servo di Dio, Paolo VI (Evangelii nuntiandi, 19)  – sconvolgere i “criteri di giudizio”, i “punti di interesse”, le “linee di pensiero” e i “modelli di vita” del mondo secolarizzato.

Il Pontefice ha anche ricordato anche un aneddoto del primo viaggio pastorale nel suo paese natale del suo predecessore: in quell’occasione il beato Giovanni Paolo II si era recato in visita in un quartiere industriale di Cracovia, concepito come una sorta di “città senza Dio”.

“Solo l’ostinazione degli operai – ha proseguito Benedetto XVI – aveva portato ad erigervi prima una croce, poi una chiesa”. Erano quelli che lo stesso Giovanni Paolo II definì come i segni della “nuova evangelizzazione”.

Compiere la volontà di Dio, dunque, non pone “un limite alla libertà”: al contrario significa “essere veramente liberi, realizzare il vero bene della vita. Dio è il garante, non il concorrente della nostra felicità”, ha detto il Papa.

La maturità nella fede degli adulti, richiamata nel tema dell’Assemblea, “manifesta la vostra consapevolezza del ruolo decisivo di quanti sono chiamati, nei diversi ambiti di vita, ad assumere una responsabilità educativa nei confronti delle nuove generazioni”. A questo proposito il Santo Padre ha raccomandato l’utilizzo frequente del Catechismo della Chiesa Cattolica, “sussidio prezioso per una conoscenza organica e completa dei contenuti della fede e per guidare all’incontro con Cristo”.

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ZENIT Staff

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