Con “Emporio cattolico” Vittorio Messori smonta le “leggende nere” della storia

Intervista allo scrittore cattolico, autore di best seller internazionali

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ROMA, martedì, 5 dicembre 2006 (ZENIT.org).- E’ uscita da non molto in libreria l’ultima opera di Vittorio Messori: “Emporio cattolico. Uno sguardo diverso su storia ed attualità” (Sugarco Edizioni, pagine 477, Euro 18).

Anche queste pagine, “politicamente scorrettissime”, puntano alla ricerca e all’attenta disamina di una verità storica che lo stesso autore del volume – il quarto della collana “Vivaio” – definisce “spesso manipolata”.

Si tratta di un vero e proprio magazzino, dove il giornalista-scrittore riunisce una serie incalzante di incursioni attraverso la storia, le ideologie, la cronaca, i personaggi, in una prospettiva cristiana e quindi cattolica che ribalta conformismi, luoghi comuni e vulgate ossequiate.

Ogni affermazione è sorretta da una ricca dovizia di dati, notizie e aneddoti spesso sconosciuti che rendono la lettura del libro avvincente.

Nato da una famiglia anticlericale, laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino con maestri dell’agnosticismo come Alessandro Galante Garrone, Luigi Firpo e Norberto Bobbio, Messori si è più tardi convertito al cattolicesimo ed è diventato uno dei più noti scrittori cattolici a livello mondiale.

Ha intervistato due Pontefici: Giovanni Paolo II (“Varcare la soglia della Speranza”, 1994) e Joseph Ratzinger quando era ancora Cardinale (“Rapporto sulla Fede”, 1985); e scritto un numero impressionante di libri. Tantissimi i premi e riconoscimenti ricevuti. L’ultimo è il prestigioso “Premio della Cultura cattolica”, consegnatogli a Spalato l’11 aprile scorso.

ZENIT lo ha intervistato.

Perché questo titolo?

Messori: “Emporio cattolico” è un titolo suggeritomi dal contenuto stesso del libro: si tratta, in effetti, di una sorta di “magazzino” dove c’è ogni genere di merci – cioè di argomenti – seppure uniti da un filo comune. Va detto, però, che nello scegliere questo titolo agiva in me anche il ricordo del beato Faà di Bruno, del quale ho scritto la biografia, con il titolo “Un italiano serio”. Il Faà, un “fantasista della carità”, tra le innumerevoli iniziative benefiche creò anche una specie di cooperativa di acquisto a servizio dei sacerdoti e dei fedeli e la chiamò, appunto, “emporio cattolico”.

Quale è lo scopo del suo libro?

Messori: Il volume è il quarto della collana “Vivaio” che prese il nome da una rubrica che per anni tenni su Avvenire. Raccolsi quei pezzi prima nel libro intitolato “Pensare la storia”, poi in uno chiamato “La sfida della fede”, infine in un altro, “Le cose della vita”. Questo “Emporio”, del tutto nuovo, raccoglie quanto ho scritto da allora sui mensili Jesus e Il Timone, nonché sul Corriere della Sera. Mentre prima questa collana “Vivaio” era pubblicata dalla San Paolo, ora è proposta dalle edizioni Sugarco di Milano. Lo scopo è quello stesso della collana e che i lettori ben conoscono: riflettere sulla storia e sull’attualità per ritrovare un pensiero “cattolico”. Ciò che manca a molti credenti, oggi, è soprattutto una prospettiva che nasca dalla fede. Non a caso, molti finiscono con l’adottare il pensiero egemone, quel “politicamente corretto” che manipola la realtà, magari con le migliori intenzioni, crea miti illusori e, soprattutto pecca di ipocrisia. Cioè, la colpa che più provocava le reazioni di Gesù.

Lei sostiene che la verità storica viene spesso manipolata. Quali sono le “leggende nere” che sconfessa in questo volume?

Messori: Con tutti i venti libri precedenti ho cercato di reinventare una “apologetica” per il nostro tempo, tenendo sempre presente che la verità, e quella sola, deve presiedere al lavoro del credente. Così, anche in questo libro – come nei tre già pubblicati – esamino le accuse portate alla storia della Chiesa, non risparmiando la fatica per stabilire che cosa è davvero successo. Scoprendo così, spesso, che di tante accuse che vengono loro rivolte, i cattolici non sono colpevoli. O lo sono molto meno di quanto si dice. In “Emporio cattolico”, ad esempio, mi confronto con le accuse di antisemitismo cristiano o con episodi come “la San Bartolomeo”, la strage di protestanti, nel Cinquecento, addebitata alla Chiesa. Ma non c’è forse pagina in cui non reagisca a qualche accusa, mostrandone l’inconsistenza, naturalmente se così vuole la verità dei fatti. Non dimentico mai che, come è stato detto, “Dio vuole la verità ma, per stabilire questa, non ha bisogno delle bugie di chi dice di credere in Lui”.

Lei è un grande studioso di Maria. Potrebbe spiegare ai lettori il perché di questa scelta e in che modo la devozione mariana entra nella storia?

Messori: In effetti, le pagine che hanno preceduto questo “Emporio” sono le cinquecento di “Ipotesi su Maria”. Pagine nelle quali questo è il tema centrale: dare alla Madre il posto che l’istinto dei credenti ha sempre avvertito (e che la Chiesa ha dogmatizzato) non è un optional, un cedimento al sentimentalismo ma il modo necessario per mettere al riparo la fede nel Figlio. Come dimostra, tra l’altro, la riforma protestante, là dove Maria è demitizzata e messa in un angolo, finisce per svanire anche la fede in Gesù. Maria assicura la sana materialità, dunque la verità dell’Incarnazione; e non c’è verità affermata su di lei che non sia al servizio del Cristo. La “mariologia” non è altro che un settore indispensabile della cristologia.

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ZENIT Staff

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