CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 14 dicembre 2006 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è convinto che i governanti potranno evitare i conflitti e le guerre se presteranno ascolto alla società civile e risponderanno alle sue necessità.

Secondo il Pontefice per fare ciò è necessario intendere l’impegno politico come un “servizio alle persone” e non come un modo di garantire alcuni privilegi ad un ristretta cerchia di individui.

E’ questo quanto ha detto il 14 dicembre il Santo Padre nel discorso pronunciato in francese durante l’udienza ai neo ambasciatori accreditati presso la Santa Sede di Danimarca, Kyrgyzstan, Mozambico, Uganda, Siria e Lesotho.

Il Vescovo di Roma ha esordito riconoscendo che “l'anno che si conclude ha visto numerosi conflitti nei diversi Continenti”.

In particolare, ha confessato, la preoccupazione della Santa Sede che questi conflitti rischiano “di mettere in pericolo la sopravvivenza di alcune popolazioni”, facendo ricadere “sui più poveri il fardello della sofferenza e della mancanza dei beni essenziali”.

“Per affrontare questi fenomeni le autorità e i responsabili della società civile devono mettersi sempre in ascolto del loro popolo, cercando le soluzioni più appropriate per rispondere alle situazioni di angoscia e povertà, e per una condivisione il più possibile equa, in ogni nazione e a livello della comunità internazionale”, ha affermato il Papa.

Secondo Benedetto XVI, “tali ingiustizie non possono che essere fonte di disordini e possono provocare l'intensificarsi della violenza”.

“La ricerca della pace, della giustizia e della buona intesa fra tutti deve essere uno degli obiettivi prioritari, che esige dalle persone l'esercizio delle responsabilità e l'attenzione alle realtà concrete del paese, adoperandosi per eliminare ciò che è in contrasto con l'equità e la solidarietà, particolarmente la corruzione e la mancata condivisione delle risorse”, ha continuato.

“Ciò suppone, pertanto – ha considerato –, che le persone con autorità nella nazione si preoccupino costantemente di considerare il loro impegno politico e sociale come un servizio alle persone e non come una ricerca di benefici per un ridotto numero di persone, a detrimento del bene comune”.

Ed ha riconosciuto: “So che è necessario un certo coraggio per mantenersi risoluti nelle difficoltà, avendo come obiettivo il bene degli individui e della comunità nazionale”.

“Tuttavia, nella vita pubblica, il coraggio è una virtù indispensabile per non lasciarsi dominare da ideologie partigiane, né da gruppi di pressione, né ancora dalla sete di potere”, ha sottolineato.

Per questo, ha concluso ricordando uno dei punti centrali della Dottrina Sociale della Chiesa: “Il bene degli individui e dei popoli deve sempre restare il criterio fondamentale delle decisioni nella vita sociale”.