Così mons. Eduardo Horacio García, ha raccontato ai giornalisti presenti al XXXVI Convocazione Nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito che si sta svolgendo a Rimini, come ha vissuto i primi momenti dell’elezione di papa Francesco.
Mons. García è Vescovo ausiliare e pro-Vicario generale dell’Arcidiocesi di Buenos Aires, conosce Bergoglio da venti anni, e negli ultimi dieci ci hanno lavorato l’uno al fianco dell’altro. Prima di partire per Roma, Bergoglio aveva chiesto al presule di trovargli una stanza nel ricovero per preti anziani, visto che aveva concluso il suo incarico di Arcivescovo di Buenos Aires.
Intervistato da ZENIT, monsignor Garcia ha spiegato che anche in Argentina si vedono i frutti dell’elezione di papa Francesco, con un numero impressionante di persone che riempiono le chiese, gente che dopo tanti anni torna a confessarsi. Soprattutto i conterranei di Bergoglio non sono affatto impressionati come gli europei dello stile di vita di papa Francesco, perché è esattamente il modo di comportarsi che ha sempre avuto.
Nella capitale argentina è abbastanza usuale trovare Vescovi, sacerdoti, religiosi, viaggiare in autobus o metropolitana, andare a far spesa nei supermercati per le provviste. La qualità più grande di papa Francesco è l’umiltà. In tanti anni che è stato Arcivescovo di Buenos Aires non ha mai celebrato un giovedì santo in diocesi. E’ andato a lavare i piedi, benedire, confessare negli ospedali, nelle carceri, nei manicomi, negli ospizi.
“Papa Francesco è un uomo di Dio – ha spiegato monsignor Garcia – un uom semplice che conosce la realtà della vita, che ha vissuto e condiviso l’umanità della gente. Un papa che saluta con ‘buongiorno’, ‘buonasera’, che augura ‘buon pranzo’, non solo perché è educato, ma perché è un missionario che pratica il suo ministero di stare vicino alla gente”.
“A Roma – ha proseguito – tutti sono stupiti del modo di fare del Santo Padre, ma egli non cambierà il suo modo di fare: lui testimonia la buona novella, il Papa non è Faraone che vive nella piramide, è un uomo fedele al suo modo di vivere. Lui è così. E continuerà a comportarsi secondo quello che è”.
Alla domanda di come il Papa governerà la Chiesa universale, mons. Garcia ha risposto “Aspettiamo e vedremo”. Riguardo al governo della diocesi di Buenos Aires, ha ricordato la situazione che si verificò nel 2004, quando dopo aver svolto la missione post giubileo, tutti si chiedevano il da farsi. Alcuni proponevano di fare un Sinodo, un convegno nazionale. Bergoglio propose invece di iniziare un cammino ascoltando il popolo e lanciò una missione permanente continuando a portare i sacerdoti nelle strade, fuori dalle Chiese. Ricorda mons. Garcia che l’allora cardinale invitò ad “uscire ed entrare in contatto con la gente”. Disse: “Per fare della città un grande santuario, bisogna stare nella strada. Cercare gli ultimi, curare i sofferenti, accompagnare i poveri ed i deboli, avvicinare e confessare i peccatori, convertire i cuori. Questa era la sua idea di Chiesa”.
La stessa situazione si ripetè nel 2007, all’incontro dell’episcopato latinoamericano (Celam) svoltasi ad Aparecida. In quell’occasione, racconta il vescovo, “il cardinale Bergoglio era il relatore generale, e propose esattamente quello che stavamo facendo nella Diocesi di Buenos Aires”.
In merito a come papa Francesco riformerà la Curia romana, monsignor Garcia ha dichiarato di non averne idea, ma ha anche sottolineato di aver letto un articolo in cui si raccontava che è dal 1931 che si invoca una radicale riforma della Curia. All’ultima domanda: “L’essere stato eletto Papa ha cambiato il cardinale Bergoglio?”, il presule argentino ha risposto che “l’unico cambiamento evidente è che quando era a Buenos Aires, Bergoglio non rideva molto, anzi manteneva un atteggiamento serio e determinato, soprattutto con i suoi collaboratori, mentre adesso da quando è Papa in più occasioni è evidente la sua felicità, la sua gioia e la sua allegria”.