Tra pochi giorni la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica in seduta comune, assieme ai delegati delle Regioni, si riuniranno per eleggere il dodicesimo presidente della Repubblica italiana. Tra i nomi più gettonati c’è quello di Emma Bonino, considerata da molti commentatori la favorita per la corsa al Quirinale.
Un identikit tutt’altro che lusinghiero della leader radicale viene tracciato da Danilo Quinto, nel suo pamphlet Emma Bonino dagli aborti al Quirinale? (Fede & Cultura, 2013, pp.114). L’autore è noto per la sua burrascosa fuoriuscita dal Partito Radicale, di cui è stato tesoriere per più di vent’anni, e per il contenzioso legale tutt’ora in corso con il partito.
Convertitosi nel frattempo alla fede cattolica, Danilo Quinto aveva già denunciato i guasti dell’ideologia radicale e l’opaca gestione delle finanze del partito in una precedente opera: Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (Fede & Cultura, 2012).
Nel suo ultimo libro, Quinto sposta la sua attenzione sul secondo più noto esponente della cultura radicale italiana, descrivendo nei dettagli come tutta la carriera politica di Emma Bonino, oltre che alimentata da una sfrenata ambizione, sia stata basata sulla dettagliatissima costruzione di un personaggio, in un certo senso di un mito.
Pur non avendo mai goduto di un grande consenso elettorale (alle ultime elezioni politiche i Radicali non sono andati oltre lo 0,2% dei voti) la Bonino – e con lei Pannella – ha contribuito a confondere e relativizzare la morale degli italiani negli ultimi 40 anni, stravolgendo quella che è stata per secoli la nostra cultura popolare, fondata sul diritto naturale.
Nel saggio viene descritto come, a partire dalla metà degli anni ’70, Emma Bonino sia diventata un’icona delle femministe, spacciando con abilità il dramma dell’aborto per una conquista civile, una nuova tappa nella libertà delle donne.
Svariate pagine del libro sono dedicate alla fitta trama di relazioni che la leader radicale ha saputo intrecciare nel corso degli anni con i poteri forti europei e mondiali, che una ventina d’anni fa le permisero di diventare Commissario Europeo per i Diritti Umani (1995-1999).
Legata al Gruppo Bildeberg e a personaggi come il controverso finanziere-filantropo George Soros, Emma Bonino gode di un prestigio che va ben oltre i confini italiani: tanto la sua ideologia quanto la sua prassi sono funzionali alle lobby internazionali maltusiane del controllo delle nascite, che perseguono i loro obiettivi facendo pressioni sui governi nazionali per la liberalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza e la diffusione di contraccettivi abortivi sempre più potenti.
In quanto fautrice dell’ideologia radicale del “vietato vietare”, Emma Bonino promuove la legalizzazione del consumo di droghe, dei matrimoni omosessuali e dell’eutanasia, venendo così coccolata dagli ambienti radical chic nostrani e dallo star system. È di qualche mese fa, infatti, un endorsment di alcuni attori e personaggi dello spettacolo per la sua candidatura a presidente della Repubblica.
Grazie a tutte queste sponsorizzazioni eccellenti, Emma Bonino cerca di diventare la prima donna capo dello stato in Italia. Il suo orizzonte antropologico, permeato dal nichilismo e dal libertarismo assoluto, tuttavia, è quanto di più distante possa esistere dalla cultura popolare del nostro paese.
La candidatura della leader radicale, dunque, si pone come una sfida all’anima stessa dell’Italia e a quella “cultura della vita” che ha permesso al Paese di progredire e di superare i tanti momenti critici della sua storia.
Il saggio di Danilo Quinto è accompagnato dalla prefazione di Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita e dall’introduzione di don Gabriele Mangiarotti, direttore della collana Culturacattolica.it, in cui il libro è inserito. La post-fazione è affidata a Luisella Sarro, insegnante e collaboratrice di Culturacattolica.it.