di Antonio Gaspari
ROMA, mercoledì, 7 luglio 2010 (ZENIT.org).- Negli ultimi 15 anni tecnologia telematica ha rivoluzionato il mondo dell’informazione e della comunicazione.
Tale cambiamento repentino ha influenzato anche la Chiesa cattolica che da sempre è molto attenta a quanto accade nel mondo della comunicazione sociale.
All’inizio con una certo diffidenza, poi con sempre maggiore capacità e acume, il variegato mondo dei cattolici si è impossessato della capacità tecnica e si è diffuso massicciamente sul WEB, tanto che è possibile fare una analisi sul rapporto tra la Chiesa cattolica e Internet.
A questo proposito Vincenzo Grienti, giornalista professionista, esperto dell’ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana e web content del sito www.chiesacattolica.it, ha scritto e pubblicato il libro “Chiesa e internet. Messaggio evangelico e cultura digitale” (Academia Universa Press – Firenze, 2010).
ZENIT lo ha intervistato
Nel libro “Chiesa e Internet. Messaggio evangelico e cultura digitale” lei racconta dieci anni di cammino e riflessione. La domanda che sorge è: la Chiesa è pronta ad utilizzare al meglio la cultura digitale oppure ci sono ancora resistenze?
Grienti: Da semplice giornalista e osservatore di un fenomeno penso che nella storia delle comunicazioni sociali la Chiesa sia aperta alle sollecitazioni provenienti dal mondo delle nuove tecnologie: basta scorrere gli ultimi messaggi di Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali e le iniziative della Chiesa italiana per comprendere in che modo la comunità ecclesiale si pone di fronte ai mezzi di comunicazione sociale. A partire dal Concilio Vaticano II e dall’Inter mirifica si registra una grande apertura della Chiesa ai mezzi di comunicazione sociale. Sul tema specifico della Rete, poi, a mio avviso sono due le pietre miliari importanti rappresentate dai documenti del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali dal titolo La Chiesa e Internet ed Etica in Internet, entrambe del 2002 a cui si aggiungono atti di seminari, convegni, giornate di studio, ma soprattutto per quel che riguarda la Chiesa italiana il Direttorio sulle comunicazioni sociali “Comunicazione e Missione”, il recente convegno nazionale “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” promosso dalla Cei a fine aprile e conclusosi con l’udienza di oltre 8mila partecipanti dal Santo Padre. La parola “testimoni” e la parola “digitali” sono molto indicative: essere testimoni significa dare testimonianza della propria fede nel contempo e nel contesto in cui si vive. Un contesto del tutto nuovo, digitale appunto, inedito e caratterizzato da nuovi linguaggi come quello del web 2.0.
In che modo lo strumento tecnologico della rete viene e verrà utilizzato?
Grienti: Ad oggi in Italia sono presenti più di 15mila siti cattolici: molti sono siti internet di diocesi e parrocchie, altri sono siti personali o addirittura blog. Alcuni utilizzano gli strumenti del web 2.0 come Facebook, Twitter, YouTube e altre tipologie di social network. Nel mio libro analizzo questi fenomeni nuovi e sono convinto che davanti ai new media la Chiesa è aperta e fiduciosa. Occorre comprendere, però, che siamo davanti a “strumenti” posti al servizio dell’uomo. I nuovi mezzi di comunicazione sociale sono utili a veicolare il messaggio evangelico, la Parola di Dio. Questi strumenti sono il “primo areopago del tempo moderno” e, in ordine alla missione stessa della Chiesa, funzionali in quanto, come scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris missio del 1990 “non basta usarli per diffondere il messaggio cristiano, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna”. Gli stessi Orientamenti pastorali dei vescovi italiani per l’anno 2000-2010 dal titolo Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia assumono la prospettiva del comunicare al centro dell’azione pastorale della Chiesa, segno che la comunicazione è fattore troppo importante per non tenerne conto. Tutto ciò tenendo ben presente che le relazioni interpersonali face to face restano insostituibili ed essenziali per la trasmissione del Vangelo. La sfida per il futuro sarà quella di educare ai nuovi media, ma anche svolgere un’azione educativa attraverso i nuovi media soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, ai così detti “nativi digitali” abituati a questi nuovi linguaggi comunicativi.
L’ingresso in rete di parrocchie, diocesi, istituti missionari, ecc. favorisce la trasparenza e sollecita nuove proposte missionarie? Non crede?
Grienti: Penso proprio di sì. Al riguardo, di grande interesse e rilevanza è senza ombra di dubbio la riflessione di Benedetto XVI in occasione del Messaggio per la 43ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Nel testo, infatti, il Papa esorta i giovani cattolici a «portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede» perché spetta a loro «il compito della evangelizzazione di questo “continente digitale”», aiutando le persone «a passare dal mondo virtuale del cyberspazio al mondo reale della comunità cristiana».
Quali i limiti del sistema telematico? Per esempio qualcuno ha proposto di attivare le confessioni in rete. Poi ci sono i rischi di mediazione dei rapporti attraverso le macchine che se non compensati con relazioni umane rischiano di portare più danni che benefici.
Grienti: Internet può essere un’opportunità ma anche un rischio. Penso che i pilastri fondamentali per “navigare” con sicurezza siano tre: il buon senso, la responsabilità e la competenza. La presenza dei sacerdoti su Internet con siti personali ad esempio arricchisce l’annuncio che la Chiesa fa del Vangelo. Per quanto riguarda le confessioni in rete, ma più in generale i sacramenti, penso che essi hanno un carattere diretto, personale, reale e non “mediato” da strumenti di comunicazione né tanto meno da ambienti virtuali. Nel caso dei sacramenti siamo nella sfera della questione “incarnazione del Verbo” e, quindi, al segno concreto che hanno tutti i sacramenti: il Pane, il vino, l’Acqua del battesimo, il gesto. È una immediatezza che dice il carattere incarnato e non virtuale della Salvezza.
Va bene per l’utilizzo del mezzo tecnologico, ma qual è il progetto culturale che la Chiesa cattolica intende proporre per spiegare le ragioni della propria fede?
Grienti: Internet e le nuove tecnologie in genere stanno modificando il nostro modo di vivere, di informarci, di comunicare. Non a caso si parla di nuova cultura permeata dai nuovi media. Anche i nuovi linguaggi, compresi quelli di questo tempo in cui dilagano i nuovi media, interpellano la testimonianza credente. Per “navigare” dentro questa nuova cultura digitale occorre essere educati a questi linguaggi, occorre fare crescere la consapevolezza, offrire criteri interpretativi. Non è un caso che gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio siano proiettati sul fronte dell’educazione. Oggi l’educazione è diventata una vera e propria “emergenza” e in tal senso è orientato il Progetto culturale della Chiesa italiana. Fare cultura attraverso la comunicazione è compito fondamentale. Sosteneva Emile Durkheim che, se lasciati a loro stessi, gli uomini sono destinati a cadere vittime dei propri desideri senza fine. Per tale ragione occorre focalizzare l’attenzione sull’educazione e occorrono “maestri” capaci di insegnare. Per farlo occorre un patrimonio di valori, una tradizione da tramandare, comprendere la propria identità prima di aprirsi ad identità lontane dalla nostra, ma soprattutto occorre tener presente un modello di esperienza umana. A me pare che la “questione antropologica” la “questione educativa” sono due elementi su cui il Progetto culturale della Chiesa italiana ha puntat
o molto anche attraverso le iniziative e le attività promosse dai Centri culturali sparsi in tutte le diocesi italiane.