Il Vangelo di Giovanni della liturgia odierna è l’inizio del discorso di addio rivolto da Gesù ai suoi discepoli.
Le parole di apertura chiariscono il contesto nel quale ci si trova:”Quand’egli fu uscito” (Gv 13,31). Giuda, mangiato il boccone offerto da Gesù, uscì dal cenacolo. L’evangelista specifica l’ora in cui è avvenuto questo episodio, “era notte”, non tanto per indicare il momento della giornata, ma per descrivere lo stato interiore di Giuda, un animo buio e tenebroso, causato dall’ospite che aveva preso possesso del suo cuore: “E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. “(Gv 13,27).
Giuda aveva nel suo cuore l’intenzione di tradire Gesù. Dopo avere mangiato quel boccone, il suo pensiero di consegnare il Signore nelle mani dei Suoi nemici, diventa un combattimento solitario tra lui e satana.
Questo è il primo insegnamento di questo Vangelo. I pensieri del maligno vengono insinuati nella nostra mente, ma dobbiamo combatterli rimanendo nella comunità degli apostoli, nella Chiesa, dove è presente Gesù che ha il potere di vincere le tentazione e scacciare il maligno. Quando, invece, decidiamo di abbandonare la comunità dei credenti, la Chiesa, diventiamo facili prede delle forze del male che cercheranno in tutti i modi di distruggerci.
Il Vangelo continua con delle parole di Gesù che illuminano quello che sta accadendo: “«Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.” (Gv 13,31-32).
La parola glorificazione contiene nella sua radice la parola gloria, presente tante volte nella Bibbia assumendo significati diversi che vengono spiegati, di volta in volta, dalle parole che l’accompagnano. La parola gloria ha il significato di peso, valore, fama, onore, maestà, ricchezza, potere, forza, grandezza, splendore.
Ora possiamo comprendere meglio il discorso di addio di Gesù, conoscendo i vari significati della parola glorificazione.
Gesù viene glorificato non solo dopo la sua resurrezione, ma quando Giuda esce dal cenacolo con l’intento di tradire Gesù. Questo ci aiuta a capire che la glorificazione e la passione sono intimamente legate tra di loro. La glorificazione ha il suo inizio nella passione e trova il suo compimento nella resurrezione.
La glorificazione di Gesù è la manifestazione del Suo amore incondizionato, totale, senza riserve. E questo amore abbraccia anche i suoi nemici, raggiunge anche Giuda. Gesù ha amato Giuda lasciandolo libero di agire, pur essendo consapevole della gravità dell’atto che stava per compiere.
E questo è il secondo insegnamento per tutti noi che siamo circondati da nemici, da persone che non la pensano come noi, da persone che vorrebbero eliminarci perché siamo di ostacolo ai loro progetti. E questi nemici, spesso, non sono persone lontane da noi, ma sono quelle che ci vivono accanto tutti i giorni. Le parole di Gesù ci aiutano a chiarire chi sono i nemici dell’uomo: “i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10,34).
Dal momento che il nemico dell’uomo è quello che abita con noi, a tutti viene offerta la possibilità di poter amare sull’esempio offertoci da Gesù. Quante incomprensioni avvengono nelle famiglie per una serie interminabili di questioni. Questa è una esperienza comune ad ogni essere umano, perché anche nelle famiglie più unite non mancano incomprensioni, delusioni, ingiustizie.
L’unica via di uscita per glorificare la famiglia, per farla risplendere di quella gloria, di quella luce per cui essa è stata pensata da Dio, è quella di amare donando tutto noi stessi, mortificarsi per salvare la propria vita e le relazioni con i nostri cari. E la mortificazione cristiana consiste nel sapere far un passo indietro rispetto ai propri progetti, al proprio modo di pensare, per lasciare spazio ad una nuova relazione, dove il vero bene dell’altro vale più di qualunque altra cosa.
E proprio questo vivere l’amore reciproco tra di noi è la ragione dell’uso della parola “glorificherà”, un verbo usato al futuro, per indicare quale sarà il modo con cui proseguirà la presenza di Gesù in mezzo a noi.
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».” (Gv 13,34-35)
Se noi ci amiamo allo stesso modo con cui Gesù ci amati, allora l’amore di Dio rimane tra noi. E poiché Dio è amore, questo vuol dire che Dio continua a vivere per noi, con noi ed in noi. Questo è il prezioso testamento che ci lascia Gesù. Egli morendo e risorgendo per noi ha riversato per mezzo dello Spirito Santo un amore infinito nei nostri cuori, rendendoci capace di amare come lui ci ha amato.
L’Antico Testamento già conteneva il comandamento dell’amore, ha formulato i precetti dell’amore ma senza offrirci un modello da seguire. Nel Nuovo Testamento Gesù Cristo diventa il modello e la sorgente di questa amore, una fonte alla quale tutti possiamo attingere per essere capaci di amare con lo stesso amore con cui Egli ci ha amato e ci ama oggi.
La vera glorificazione, quella che ci ha mostrato Gesù Cristo, non un è un amore solo per se stessi, ma è donare amore pensando al bene dell’altro. La glorificazione di se stessi è la vana gloria, quella di cui l’apostolo Paolo invita sempre a fuggire.
La gloria del Figlio di Dio ha il suo significato più profondo nel glorificare il Padre. Gesù stesso rivolgendosi ai suoi discepoli aveva detto: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.” (Mt 5, 16).
La finalità ultima delle opere buone non è quella di glorificare se stessi, ma glorificare il Padre che è nei cieli. L’esistenza di Dio viene “dimostrata” quando Egli viene glorificato. E la glorificazione di Dio è possibile solo se un uomo è raggiunto dall’amore di Dio testimoniato visibilmente da un cristiano.
E il Padre non lascia senza ricompensa coloro che amano con lo stesso amore del Figlio. Anche noi, alla fine dei tempi, quando saliremo al cielo dopo la morte, saremo glorificati, saremo premiati con il dono della vita eterna.
Il dono di rimanere sempre vicini all’albero della vita, sarà il premio dell’immortalità ed il segno della nostra glorificazione. E la glorificazione che riceveremo dal Padre non si farà attendere, ma ci sarà offerta da subito, come lo è stata per Gesù, che è stato resuscitato il terzo giorno e elevato per l’eternità alla destra di Dio.
L’ultimo prezioso insegnamento di questo Vangelo riguarda l’indicazione della missione della Chiesa: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».” (Gv 13.38).
La missione della Chiesa è quella di amarsi gli uni gli altri anche nella diversità dei pensieri, delle opinioni, delle vedute. La Chiesa è il corpo mistico di Cristo formato da tante membra, che hanno un cuor solo e un anima sola. Se la comunità dei credenti rimane unita anche quando avvengono incomprensioni, litigi, indifferenze, ingiustizie, allora si testimonia davvero la gloria del Signore, la forza del suo amore che ci permette di superare qualunque difficoltà e ci fa continuare a vivere insieme, ad essere una cosa sola tra di noi e con la Santissima Trinità.
Questo comandamento dell’amore deve valere anche per la Chiesa domestica, la famiglia cristiana. La vocazione primaria del marito e della moglie è quella di conservare l’unità dello spirito attraverso il vincolo della pace. E questo deve avvenire malgrado le differenze di vedute che esistono tra un uomo e una donna, malgrado le educazioni differenti ricevute nelle fa
miglie d’origine.
Solo così i genitori offrono ai loro figli una vera testimonianza dell’amore di Dio e viene glorificato Dio per il Suo amore, per la Sua fedeltà, per la Sua bontà.