Osare e rischiare. Come Maria

L’omelia di padre François-Xavier Dumortier, S.I., Rettore della Pontificia Università Gregoriana, nella Messa per la solenne inaugurazione dell’Anno accademico 2013-2014

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Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata da padre François-Xavier Dumortier, S.I., Rettore della Pontificia Università Gregoriana, durante la Messa celebrata oggi nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, per la solenne inaugurazione dell’Anno accademico 2013-2014.

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All’inizio di questo nuovo Anno Accademico, il racconto dell’Annunciazione – così forte nella sua semplicità e sobrietà – ha un eco del tutto particolare. Tutti noi siamo infatti chiamati ad accogliere la Parola di Dio e a lasciare che il Signore prenda dimora presso di noi. Per questo è importante contemplare questa scena.

Il Dio che visita e sorprende

Ecco l’angelo Gabriele, senza che nulla ne preannunciasse la visita, entra da Maria per salutarla e dirle che “è piena di grazia”. Visita imprevedibile… perché Dio ci si presenta sempre in un momento e in un modo che non possiamo prevedere né anticipare… È una visita che suppone una vita d’ascolto della Parola di Dio e di attesa della Sua volontà da lontano. C’è una spiritualità dell’attesa… un’attesa che richiede un cuore umile e aperto alle soprese di Dio, un ascolto della Sua parola e del Suo silenzio, che dà al cuore le proprie orecchie. Maria conosceva i testi che parlavano della fedeltà e della misericordia di Dio al Suo popolo e all’umanità, anche quando essi si allontanano da Lui. Queste parole della Scrittura avevano plasmato il cuore di Maria – un cuore che poteva capire e comprendere cose, eventi e persone dal loro interno – un cuore ora pronto ad accogliere il Signore nell’intimo di sé.

Ecco che Maria “rimane turbata”, probabilmente sconcertata, chiedendosi: “Perché? Perché io? Perché adesso? Perché in questo modo?”. Dio sorprende e dobbiamo, come Maria, lasciarci sorprendere da Dio. Dio non agisce secondo le nostre idee o le nostre abitudini. Accogliere il Signore che bussa alla porta della nostra vita significa accettare che il cammino di Dio sia del tutto nuovo, sconosciuto, incredibile… che l’ordine delle cose sia sconvolto e talvolta messo sottosopra.

Un “Sì” che comprende la paura e il dubbio

«Allora l’angelo le disse: “Non temere, Maria”». Se la novità di Dio fa sempre un po’ paura – perché ci sentiamo più sicuri quando abbiamo tutto sotto il nostro controllo – allora la parola chiave che siamo invitati ad ascoltare è: “Non temere”. Non temere significa: avere fiducia in Dio, fidarsi della Sua Parola, appoggiarsi alla Sua fedeltà. La fiducia dà non solo il coraggio di vivere la novità, ma fa guardare il mondo con occhi che sanno vedere l’invisibile –  gli occhi della fede, che scrutano come l’amore di Dio desideri la salvezza di tutti,  da sempre.

«Maria disse all’angelo: “Com’è possibile?”». La domanda di Maria non è la voce di un dubbio, ma rivela piuttosto la sua volontà di capire. La fiducia non impedisce di porsi domande o di preoccuparsi: la fiducia non significa infatti una rinuncia alla ragione e all’intelligenza. Con la sua domanda, Maria manifesta il proprio desiderio di entrare pienamente nella comprensione dell’evento che la coinvolge ed esprime il suo desiderio di appropriarsi del progetto di Dio in quanto persona nella quale ragione e fede si uniscono. Dio non richiede una ragione che non sia spinta dall’esigenza di comprendere quanto è detto. Come sappiamo, la fede cristiana non è un’esperienza irrazionale. La rivelazione di Dio richiede infatti l’impegno della nostra ragione e della nostra intelligenza. Procediamo sul cammino di Dio con gli occhi spalancati… e vedremo come si allargheranno gli orizzonti della nostra esistenza!

Le caratteristiche del vero “Sì”

Maria risponde, infine: «Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto». Dio non si impone a Maria suo malgrado: ha bisogno del suo assenso, di un “sì” che provenga dalla sua libertà. Non è il “sì” di una persona che non può dire di “no”. Non è il “sì” incosciente di chi non ha compreso la misura della domanda. Non è il “sì” rapido e superficiale di chi non ha interiorità né profondità. Non è un “sì” provvisorio, né sotto condizioni. È un “sì” che ha la forza e il peso di una persona libera che si impegna con tutto il proprio cuore e con tutta la sua anima. È il “sì” di una persona che si abbandona e si dona pienamente attraverso la propria risposta.

Dio desidera entrare nella nostra umanità e nella nostra storia attraverso e grazie questo “sì” della libertà, osato e rischiato da chi risponde come la “serva del Signore”. Ci sono alcuni “sì” che portano molto al di là di ciò che può essere concepito e supposto. Dire di “sì”, per Maria, significa andare dove Dio accompagna, incerta di se stessa ma sicura di Dio. L’amore di Dio – questo amore che non ha bisogno di troppe  parole – è il segreto profondo di questo “sì” senza riserva. Senza questi “sì” osati e rischiati, non ci sarebbero credenti, perché la fede si attua solo come assenso alla chiamata di Dio. Non ci sarebbero sposi, perché essi vivono del “sì” che si sono detti. Non ci sarebbero preti, né religiose, né religiosi, perché le loro vite si basano sul “sì” che ha dato inizio al loro cammino.

Un augurio conclusivo

Fratelli e sorelle, durante questo anno, possiamo augurarci di essere persone in attesa, che possano riconoscere e accogliere la presenza sempre misteriosa di Dio. Che possiamo essere uomini e donne che testimoniano questa fiducia nata in un cuore che sa aprirsi alla novità di Dio. Persone che si impegnano a vivere l’intelligenza della fede nella docilità allo Spirito di Dio. Uomini e donne del “sì” osato e rischiato che il Signore ci chiama ad incarnare, giorno dopo giorno, nella nostra vita. Allora potremo vivere, anche sulle vie talvolta difficili del nostro impegno intellettuale, l’umiltà di Maria – questa umiltà che è anzitutto un modo di essere, un modo di affidare tutto a Dio.

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ZENIT Staff

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