“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo… c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare… ”. (Qo 3,1ss). Le espressioni sapienziali del Qoèlet risultano sempre suggestive e attuali: è davvero questo il tempo per parlare, per dire finalmente basta all’impero dominante del relativismo, denunciato, con estrema decisione e senza sconti, da Benedetto XVI e ancora da Papa Francesco, ognuno con il proprio stile, pur rispettoso e amabile.
La invadente e beffarda dittatura della “cultura” di oggi ci ha regalato, negli ultimi decenni, la progressiva disgregazione della famiglia, la crescente umiliazione della donna, l’aberrante logica della eliminazione sistematica di chi è fastidioso: del concepito, dell’handicappato, dell’anziano, del malato terminale. Anche la cosiddetta legge sulla omo-fobia avrà, come unica conseguenza, di fatto, quella di imbavagliare le coscienze e di impedire la libera espressione delle proprie convinzioni.
È tempo di scendere in campo, con ogni mezzo, per proclamare una verità troppo spesso taciuta: che siamo noi disgustati, che siamo noi gli oltraggiati, che siamo noi profondamenti offesi di fronte a questo immane scempio dell’uomo, della sua storia e della stessa civiltà umana.
Siamo feriti, nel nostro sentire più profondo; siamo umiliati, ogni giorno, da una campagna, irragionevole e devastante, che tenta, con lucida e colpevole consapevolezza, di assestare il “colpo di grazia” a ciò che di più sacro e intangibile riconosciamo: la Vita, la Famiglia, la libertà di coscienza, l’educazione.
Siamo offesi, perché -nel nome di presunti diritti da tutelare- è costantemente violata la sacralità della Famiglia stessa: di quel misterioso intreccio di vita, di affetti, di gioie e di dolori condivisi, frutto spesso di tanto sacrificio; di quella realtà che porta in sé i segni del lavoro sofferto, del dialogo e del confronto sincero e che costituisce un tessuto unico e irripetibile, il terreno esistenziale nel quale siamo cresciuti e dal quale abbiamo imparato a vivere.
Noi abbiamo il dovere -se ancora non l’abbiamo fatto- di protestare contro le diffuse parodie della famiglia “naturale”. Nessuno potrà mai impedirci di proclamare sempre, dovunque, con ogni strumento -con la parola, con la stampa, con tutti i mezzi della comunicazione sociale- che nessuna legislazione al mondo potrà mai mutare ciò che è iscritto nel cuore dell’uomo, nella sua connotazione biologica e psicologica e nella sua fisionomia interiore. Nulla potrà mai impedirci di affermare la Verità, evidente e sacrosanta, sulla affettività umana, sul corretto rapporto tra un uomo e una donna, che fonda la prima cellula vitale della società. Nessuna ferita, nessun ostacolo, nessuna prova, nessun fallimento -vero, presunto, indotto o provocato- potranno mai modificare la bellezza di quel progetto, che l’uomo non inventa da sé, ma che è chiamato a scoprire e ad accogliere, con stupore e con gratitudine; che non deve manipolare, per i suoi fini, ma che ha il dovere di sostenere e incoraggiare con tutte le sue forze, perché vi riconosce la radice e la sorgente del suo stesso esistere.
Siamo fieramente offesi -noi, gente “comune”, che intende leggere la vita con occhi non offuscati da pregiudizi o da insane ideologie- da questa strumentale e assurda campagna contro ciò che di più caro possediamo: il tesoro delle nostre case, che rimane il patrimonio più prezioso e fecondo, affidato alla nostra custodia e al nostro cuore.
Noi siamo gli offesi, noi ci sentiamo umiliati, noi siamo disprezzati e mortificati ogni giorno da questa sconsiderata guerra, promossa senza pudore e senza rispetto alcuno, contro chi -magari con fatica, ma con tanto amore- ha custodito per generazioni quella ricchezza.
Per noi credenti ancor più grave è l’oltraggio, perché va a ledere la più bella “icona” della vita quotidiana che sia mai stata offerta agli occhi del mondo: la Sacra Famiglia, quel miracolo di reciproca attenzione, di tenerezza, di pietà, di santo ardore e di fedeltà all’Altissimo, vissuta e condivisa nella Casa di Nazareth. In essa il più grande si fa piccolo e serve; l’umiltà e la carità si fondono nel comune desiderio di corrispondere perfettamente alla Volontà del Padre.
Nessuna folle iniziativa dell’uomo potrà mai annullare o diminuire l’assoluta autorità morale di quel minuscolo cenacolo, nel quale la sola legge vigente era un Amore purissimo e casto, che rimarrà per sempre l’esempio più bello e più dolce della carità domestica. In questa luce, Fatima stessa è scuola di virtù famigliari, dettate dal Cielo e condivise, con umiltà e con fede, nelle case dei Pastorelli.
Il dovuto rispetto per il prossimo non significa ambiguità, complicità, connivenza e falsificazione della verità: la carità, piuttosto, esige di aiutare a discernere e ad accogliere la realtà, nella sua originale e sorprendente bellezza e fecondità. Oggi, più che mai, è necessario aiutare l’uomo a rileggere la sua vita, la sua natura, la sua vocazione.
“Questa sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli… ”(cfr. Deut. 4,6); questa è la paziente e insostituibile missione della Chiesa: portare Cristo al mondo; riportare cioè all’uomo la luce della Verità, mostrando la appassionante continuità tra il Vangelo, le attese del cuore e la vita di tutti i giorni.
[Tratto da Maria di Fatima, mensile del movimento Famiglia del Cuore Immacolato di Maria]