A distanza di quasi due anni dall’elezione al soglio pontificio, sembrano non esserci più dubbi sul fatto che Papa Francesco c’è, nel senso che è autentico, coerente e più radicale, in termini di gesti evangelici, di quanto si potesse immaginare.
Questo è quanto sostiene il prof. Guzmán M. Carriquiry Lecour, segretario della Pontificia Commissione per l’America latina, amico di lunga data del nuovo Papa.
Il professore e avvocato Carriquiry, è stato dirigente della Gioventù Studentesca e Universitaria Cattolica in Uruguay, poi direttore del Centro delle comunicazioni sociali dell’episcopato uruguayano.
Dal 1971 lavora presso la Santa Sede. Capo ufficio e poi Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici è attualmente Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina.
ZENIT lo ha intervistato ieri in occasione della Conferenza La comunione della Chiesa: Memoria e speranza per Haiti, a cinque anni dal terremoto che si è svolta a Roma.
Il prof. Carriquiry ha spiegato che il santo Padre “ha desiderato fortemente questa giornata di comunione con la Chiesa di Haiti e di solidarietà con il suo popolo, non dimentica certamente i più poveri, come mostra tutto il suo pontificato.
Haiti è il paese più povero di tutto il continente latino americano ed è uno dei più poveri del mondo
Ha una storia di estrema povertà, di instabilità politica, di violenza di insicurezza, e poi si è aggiunto quel terremoto, una calamità naturale di una dimensione senza precedenti.
Benedetto XVI prima e Papa Francesco poi, hanno lanciato un appello vibrante, così è cresciuta una corrente di solidarietà ecclesiale come poche volte si è visto
Noi volevamo riunire tutte le istituzioni interessate, ambasciatori, rappresentanti di istituzioni internazionali, comunità religiose, associazioni, conferenze episcopali, altri dicasteri della Curia romana per fare il punto sul processo della ricostruzione materiale e spirituale, perché la ricostruzione – ha sottolineato il Papa – comincia dalla persona”.
“L’obiettivo – ha sottolineato il Segretario della Pontificia Commissione per l’America latina – è quello di superare i problemi con la pace e lo sviluppo”.
A questo proposito, ha precisato Carriquiry, il Papa ha parlato della “carità che diventa comunione e pratica la solidarietà.
La carità è l’anima della comunione e la comunione quando è vera diventa abbraccio solidale di fronte a tutti i bisogni dell’uomo e dei popoli”.
Nell’udienza che il Pontefice ha concesso ai partecipanti alla conferenza, si è visto Papa Francesco che ha voluto salutare uno a uno tutti i presenti.
Il Segretario della Pontificia Commissione ha voluto spiegare che un tratto caratteristico del pontificato di Papa Francesco è quello di ribadire che non c’è verità senza carità, esattamente come diceva san Paolo.
“La carità per il Papa – ha aggiunto Carriquiry – non è solo parola. Si tratta di una testimonianza autentica e coerente. Quando ha detto ‘voglio una chiesa povera a servizio dei poveri’, diceva sul serio.
In maniera coerente il Papa ribadisce questo desiderio in ogni gesto, vuole essere vicino alle Chiese e al popolo.
Inoltre sta portando i poveri nel collegio cardinalizio e questa non è retorica.
Quando ha annunciato le nomine di cardinali provenienti da paesi poverissimi, tutti abbiamo ripensato a quello che disse ai giornalisti appena eletto: “voglio una chiesa povera per i poveri”
Di fronte alla critica di alcuni che accusano il Papa di sostenere tesi simili a quelle dei comunisti, il prof. Carriquiry ha risposto che quello del Papa è “un amore privilegiato ai poveri che ha superato tutte le derive ideologiche che avevano provocato grandi dibattiti in seno alla Chiesa latino americana.
Una critica di questo tipo è superata. Il Papa ripercorre il messaggio evangelico con Dio che si fa povero per noi. Con Gesù che scende in terra e si abbassa verso di noi, stampando la sua immagine in modo particolare nel povero”.
Alla domanda se il cardinale Bergoglio sia sempre stato così o l’essere Papa lo sta spingendo in una direzione più radicale, il prof. Carriquiry ha raccontato:
“Lo conosco da prima. È sempre stato così. Rileggendo i libri e le testimonianze degli amici in Argentina, i racconti dei suoi maestri e dei novizi che lo hanno avuto come formatore, nella comunità gesuitica di Buenos Aires, tutti sottolineano questo modo di fare. Una disciplina austera, un modo di vivere sobrio e umile. Bergoglio ha sempre manifestato la sua attenzione pastorale in due luoghi in particolare: i santuari, mariani in particolare, e le periferie, i quartieri poveri dove regna la miseria.
L’arcivescovo di Buenos Aires frequentava regolarmente questi luoghi. Arrivava in queste zone in autobus, percorreva le strade, entrava nelle case, salutava, benediva, aiutava, condivideva sofferenze, pregava, celebrava la messa, era vicino ai preti che lui aveva formato e inviato in quei luoghi. Questa è la sua impostazione, e questo è il modo del suo essere cristiano.
Quando parla della cultura dell’incontro, non lo fa in modo accademico o retorico, Bergoglio non guarda al povero come figura ideologizzata o come dato nelle statistiche, lui ha un idea molto concreta e vera delle difficoltà della vita, in particolare dei poveri, con il quale condivide la sofferenza, a cui si avvicina per toccare e curare le piaghe.
Molta gente rimane commossa dal modo in cui il Papa abbraccia, tocca, parla, con i poveri. La sua condivisione e partecipazione è totale, lui mette in gioco la sua persona, condivide fino in fondo gioie e dolori. Il suo non è un discorso è un impegno personale”.