Da Fatima il cardinal Martino lancia un messaggio di speranza

FATIMA, venerdì, 14 maggio 2004 (ZENIT.org).- In un contesto dove l’assenza di Dio svuota gli uomini e la crisi di speranza che ne consegue fa smarrire la via che non sale più verso il cielo ma scende verso la cruda materialità terrena, il cardinale Renato Martino ha affermato che è decisivo il ruolo di Maria, la madre di Gesù, maestra di speranza e carità per gli uomini, per la Chiesa e per il mondo.

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Queste le parole pronunciate dal Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace durante l’omelia tenuta il 13 maggio a Fatima, per la celebrazione Eucaristica in occasione della festa della Madonna. Oggi, infatti, la Chiesa celebra l’apparizione della Vergine a tre pastorelli di nome Lucia, Francesco e Giacinta nella Cova da Iria a Fatima, avvenuta nel 1917.

In più si tratta di un giorno particolarmente significativo per Karol Wojtyla, poiché in questo stesso giorno il terrorista turco Mehmet Alí Agca sparò contro di lui in Piazza San Pietro. Il Santo Padre non ha mai fatto mistero di attribuire alla “mano materna” di Maria il miracolo che gli permise di sopravvivere a quell’attentato e in seguito, fu egli stesso ad incastonare quel proiettile nella corona posta sul capo della statua della Madonna di Fatima.

“Molte volte ci capita di essere senza speranza, – ha esordito Martino – quasi smarriti e incapaci di dare una direzione sicura al cammino della nostra esistenza.”

“Pieni di cose, ma con il cuore vuoto, assillati dagli eventi, ma resi poveri dall’incapacità di dare ad essi un significato, costretti ad andare avanti, ma senza sapere dove andare”.

Il porporato ha continuato descrivendo questa situazione come: “Una crisi di speranza che ci fa camminare sulle strade della nostra storia personale e collettiva non come pellegrini protesi a raggiungere una meta, ma come erranti che vagano, incuranti delle indicazioni di marcia”.

Una crisi quindi spirituale e culturale, quindi, spiega il cardinale c”he si spiega con il fatto che abbiamo preteso di poter farcela senza Dio: drammatica illusione, perché, senza Dio, il cammino della nostra esistenza si tramuta da pellegrinaggio verso il Fine supremo e amato in un vagabondare al buio”.

“Non abbiamo alternativa, – ha affermato Martino – se non quella di tornare a Dio, convertendo il nostro cuore. Noi lo abbiamo abbandonato, ma Dio è sempre stato presente, e ci aspetta con pazienza e amore”.

Nella storia della salvezza – ha poi precisato Martino – la Madre di Gesù diventa la Madre di tutti i discepoli. (…) Dalla Croce nasce la Chiesa. In quel natale ecclesiale troviamo Maria, la Madre”.

“In quel Suo esserci nel momento fontale del popolo di Dio troviamo la traccia, teologica e spirituale, del suo perenne essere, ieri come oggi, la nostra speranza, la speranza della Chiesa, la speranza del mondo”.

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace si è così rivolto alla Madonna di Fatima “affinché educhi i nostri cuori alla speranza e le nostre mani ai gesti della carità e ci aiuti a tessere la tela di quelle solidarietà corte e di quelle solidarietà lunghe che danno senso e valore alle nostre relazioni interpersonali e a quelle sociali e politiche”.

Maria è la Madre che ci dona la speranza, “una speranza cristiana, – ha concluso Martino – che non è soltanto nostalgia del cielo, ma quel vivo e operoso desiderio di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi il coraggio e la forza dell’amore”.

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ZENIT Staff

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