In chiesa, una domenica, dovevo rispondere a una domanda: “Qual è il dio in cui credo e in quale non credo?”
Ho cominciato scandendo bene le parole al microfono, davanti alla navata piena di ascoltatori: “Io non credo in dio”. Mi fermo per ripetere più decisamente: “Io non credo in dio”.
Dopo questa stranezza ascoltata dal pulpito, i fedeli, chi prima e chi poi, chi più e chi meno, si sono fatti particolarmente attenti a quello che poi avrei detto per giustificare una simile sparata: “Io non credo in dio perché mi hanno detto che è onnipotente; io ho paura di qualcuno che può fare sempre e comunque ciò che vuole. Non credo in dio perché dai libri che ho studiato ho appreso che lui è creatore del cielo e della terra. Mi da fastidio che la sua forza sia tale da governare, spostare il cielo, il mare, la terra e le montagne.
Ma quando ho esaminato bene la professione di fede che noi recitiamo dopo l’omelia, ho notato con felice sorpresa che non diciamo “credo in Dio onnipotente”, non diciamo “credo in Dio creatore del cielo e della terra”; ma attestiamo di credere in Dio “padre” onnipotente; Dio “padre” creatore del cielo e della terra.
Allora – ho esclamato – ecco il Dio in cui credo e invito anche ciascuno di voi a dargli tutta la fede e la fiducia; ecco perché credo in Dio: perché è padre. Allora sono contento che il mio papà sia onnipotente e creatore del cielo e della terra.
Ciao da p. Andrea
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